Sommergere la stanza di merda
Le falsità e le provocazioni di Trump sono talmente tante che è impossibile stargli dietro – ed è proprio questo il punto.
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Se due settimane di Trump sembravano due decenni, come avevo scritto qui, un mese è tipo un secolo. E in effetti, in questi primi trenta giorni si è chiuso quasi un secolo di politica estera statunitense improntata all’atlantismo. Siamo oggettivamente entrati in un’epoca diversa, anche a livello di percezione della realtà: oggi mi occuperò proprio di questo.
Prima di partire, ricordo che il mio ultimo saggio Le prime gocce della tempesta è acquistabile nelle librerie (quelle indipendenti sono sempre da preferire) e nei negozi online. Sul mio profilo Instagram trovate una rassegna stampa aggiornata e le date delle presentazioni.
Lunga vita al Re
Da dove cominciare?
Solo nelle ultime ore, Donald Trump ha minacciato di tagliare i fondi federali allo Stato del Maine, che al momento non ha implementato l’ordine esecutivo che proibisce alle atlete transgender di partecipare alle competizioni femminili.
L’ha detto in faccia alla governatrice Janet Mills, che ha risposto “ci vedremo in tribunale” – una frase che ha scatenato una reazione ancora più furiosa del presidente, che in pure stile Il Padrino le ha augurato la morte politica.
Nella stessa conferenza stampa Trump ha detto c’è “qualcosa che non va” con le diagnosi di autismo nel paese, e che potrebbe c’entrare “qualcosa che abbiamo spruzzato dappertutto e che altri paesi non hanno fatto”. È un esplicito ammiccamento alla teoria del complotto delle scie chimiche, a cui tra l’altro crede il suo nuovo segretario alla salute Robert Kennedy Jr.
Su Truth Social, invece, Trump si è autoproclamato re – “LUNGA VITA AL RE”, ha scritto in caratteri cubitali – per aver revocato l’autorizzazione federale al progetto pilota di un pedaggio (congestion charge) per i veicoli che entrano a Manhattan. La misura, voluta dalla governatrice di New York Kathy Hochul, puntava a ridurre il traffico e l’inquinamento, oltre che potenziare la rete del trasporto pubblico.
Passando alla politica internazionale, Trump ha detto – sempre su Truth Social – che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky è un “dittatore non eletto” e un “comico mediocre” che “farebbe meglio a muoversi in fretta, o non avrà più un paese”. Questi attacchi arrivano dopo che il 47esimo presidente, ricalcando la propaganda russa, ha affermato che l’invasione dell’Ucraina è stata causata dallo stesso Zelensky.
A proposito di post allucinanti, l’account ufficiale della Casa Bianca ha pubblicato su X il video ASMR della deportazione di alcuni migranti. Esatto: sono quei video sussurrati fatti per rilassare, o attizzare, chi li vede; solo che questa volta il “piacere” deriva dal rumore delle catene che si stringono attorno ai polsi e alle caviglie delle persone.
È un chiaro esempio di - non saprei come definirla altrimenti - pornografia fascista della crudeltà.
E ancora: il vicepresidente JD Vance – dopo aver falsamente accusato le democrazie europee di essere antidemocratiche perché “censurano” le opinioni delle destre – ha detto che la “cultura woke” impedisce agli uomini di essere “veri uomini” e li “svirilizza” se fanno cose da uomini, tipo “fare battute” o “prendersi una birra con gli amici”.
Poco dopo, ha fatto intendere che l’amministrazione potrebbe iniziare a lavorare sul divieto nazionale di aborto – una misura contenuta nel famigerato “Progetto 2025”.
Dal canto suo, Elon Musk ha brandito una motosega regalatagli dal presidente argentino Javier Milei sul palco del CPAC di Washington D. C. (il più importante convegno conservatore degli Stati Uniti), dicendo poi di “essere diventato un meme” e che la “sinistra ha messo al bando la comicità”.
Sempre dal palco del CPAC, l’ideologo MAGA Steve Bannon ha fatto un bel saluto nazifascista – esattamente come aveva fatto Musk qualche settimana fa – al termine di un discorso incendiario ed eversivo.
A ciò si aggiungono gli ordini esecutivi (in larga parte illegali), la banda di tech bro razzisti di Elon Musk che sta compiendo un golpe amministrativo, le continue provocazioni sull’annessione del Canada e gli attivisti MAGA che lanciano una campagna per il terzo mandato (incostituzionale) di Donald Trump, raffigurandolo come un Cesare americano.
Flooding the zone
Insomma: è difficile stare dietro a questa montagna di provvedimenti e dichiarazioni, ed è ancor più difficile capire per cosa essere indignati e per cosa battersi.
Anche perché è tutto fatto di proposito, e tutto è studiato nei minimi dettagli.
In un’intervista al New York Times, il deputato democratico Jamie Raskin ha parlato di “sovraccarico sensoriale”:
Un momento sono al telefono con una persona che si occupa di sperimentazioni cliniche di farmaci antitumorali per il governo e che è appena stata licenziata perché una piccola parte del suo lavoro riguarda le minoranze. Il momento dopo sto parlando con degli avvocati del Dipartimento di giustizia che sono stati cacciati all’improvviso. Non c’è mai fine.
Questa strategia ha molti architetti. Uno è il nazionalista cristiano Russell Vought, una figura chiave del “Progetto 2025” che da poco è stato nominato direttore dell'Ufficio per la gestione e il bilancio.
“Vogliamo colpire duro i funzionari pubblici”, aveva detto durante un convegno organizzato dal think tank conservatore Center for Renewing America. “Vogliamo che si sveglino la mattina e non vadano a lavorare perché sanno di essere il nemico. Vogliamo bloccare i loro fondi. Vogliamo traumatizzarli”.
Un altro è il suprematista bianco Stephen Miller, l’attuale vicecapo di gabinetto dell’amministrazione Trump nonché il principale artefice della valanga di ordini esecutivi emessi in questo primo mese – tutti preparati in anticipo e in gran segreto, stando al New York Times.
L’obiettivo è esplicito: sopraffare i democratici e non dar loro un attimo di respiro.
Miller è stato apertamente elogiato da Steve Bannon nel suo podcast War Room. “A tutto gas, a tavoletta. Andare avanti, avanti e avanti”, ha esclamato. “Quando hai questo tipo di slancio non ci ferma, non si pensa. Si va dritti e basta”.
Bannon è un altro importante architetto della strategia trumpiana, e lo è da tempi non sospetti. Nel 2018 aveva detto che la vera opposizione erano i media, e che per sconfiggerli bisognava “sommergerli di merda” (“flooding the zone with shit”).
In sostanza, spiegava Bannon, si deve “mandare in cortocircuito” l’ecosistema mediatico incatenandolo a un rullo continuo di notizie false, mezze verità, provocazioni, slogan, teorie del complotto e chi più ne ha, ne metta.
In questo modo non solo si compromette la capacità di intermediazione della stampa, indebolendo così un tuo avversario; si intacca in profondità uno dei pilastri su cui poggia la democrazia liberale: la fiducia.
La propaganda bannoniana non punta soltanto a promuovere un certo tipo di narrazione: lo fa, ovviamente, ma non è quello il punto. “Sommergere la stanza di merda” significa soprattutto confondere le acque e disorientare l’opinione pubblica con un’inondazione – per l’appunto – di notizie e storie contrastanti tra loro.
Così facendo nessuno riesce più a distinguere il vero dal falso, e questo a sua volta genera disinteresse e pure un certo grado di nichilismo. Se è impossibile capire cos’è vero, tutto a quel punto diventa plausibile e possibile.
La frammentazione degli spazi informativi, la svolta destrorsa dei proprietari delle piattaforme e l’ascesa dei news influencer (in buona parte conservatori) hanno dato una spinta decisiva a questo piano, culminato nella campagna elettorale e in questo primo mese di secondo mandato.
Per intenderci: i migranti haitiani di Springfield non mangiano cani e gatti domestici, ma se lo dice Trump forse lo fanno per davvero – chi può dirlo?
L’annessione del Canada è contemporaneamente una provocazione irrealizzabile e un progetto politico serio. Il saluto di Musk è sia un ammiccamento ai neonazisti, sia una trollata nei confronti dei democratici.
Il terzo mandato è una prospettiva incostituzionale, d’accordo, ma anche la logica conclusione della carriera politica di Trump.
Niente è vero, tutto è possibile
In un certo senso, Bannon non si è inventato nulla: ha applicato al contesto statunitense un modello messo a punto nella Russia post-sovietica da Vladislav Surkov.
Dopo aver studiato teatro e aver lavorato come addetto alla pubblicità e alle pubbliche relazioni della banca Menatep dell’oligarca anti-Putin Mikhail Khodorkovsky, Surkov nel 1999 è stato nominato vicecapo dell’amministrazione presidenziale della Federazione russa.
In quella veste ha plasmato la prima fase del putinismo, elaborando il concetto di “democrazia sovrana” e supervisionando la metodica distruzione della fragile democrazia russa.
Secondo il giornalista Joshua Yaffa, Surkov è stato il vero artefice della “politica post-moderna”: basandosi sugli scritti di Jean Baudrillard e dei filosofi postmodernisti europei, è riuscito abilmente a “coltivare apparenze in contrasto con la realtà, mescolare elementi incompatibili tra loro e moltiplicare i colpi di scena”.
Questo metodo è stato spiegato in dettaglio anche nell’ottimo saggio Niente è vero, tutto è possibile (pubblicato in Italia da minimum fax) del giornalista Peter Pomerantsev.
Surkov e i suoi “tecnologi politici” – ossia la schiera di consulenti formatisi a cavallo tra l’era di Mikhail Gorbachev e il crollo dell’URSS – non si sono limitati a costruire una moderna autocrazia poliziesca e militarista, ma sono andati oltre: hanno “privato i discorsi e le azioni del loro significato”, atomizzando la società russa e gettandola in uno stato di confusione perenne.
“Hanno trasformato la politica in uno strano teatro”, ha sintetizzato il documentarista Adam Curtis in HyperNormalization, “dove nessuno era più in grado di capire cosa fosse vero e cosa fosse falso”, e dove le parole non riuscivano più a catturare l’essenza di una realtà “mutaforme, indefinita e indefinibile”.
All’apice del suo esperimento, Surkov controllava i media governativi e diceva loro chi attaccare e quando farlo; al tempo stesso, sovvenzionava una parte della stampa indipendente. E non solo: finanziava i movimenti giovanili pro-Putin e quelli anti-Putin, i partiti nazionalisti filo-putiniani e quelli liberali filo-occidentali, i gruppi antifascisti e addirittura quelli neonazisti.
L’aspetto chiave di questa strategia, all’apparenza insensata e controproducente, è che Surkov lo faceva pubblicamente. Chiunque sapeva che a tirare i fili c’era lui. In questo modo, evidenzia Curtis, “nessuno poteva dire cos’era genuino e cosa invece organizzato” dal potere putiniano.
Nella confusione pianificata da Surkov, il Cremlino era dunque in grado di “produrre tutti i tipi di discorsi politici” – anche quelli d’opposizione. Era la “post-verità” nella sua forma primigenia.
Alla fine, però, Surkov è rimasto vittima del suo successo: Putin non aveva più bisogno di lui per completare la svolta totalitaria del regime. E così, nel febbraio del 2020 l’ha licenziato in tronco senza dare alcuna spiegazione ufficiale.
Solo un anno prima, in un discusso editoriale pubblicato sulla Nezavisimaya Gazeta, Surkov rivendicava la bontà della sua creatura. Il “nostro sistema politico” autoctono e prodotto in Russia, scriveva,
non va bene solo per il nostro futuro, ma ha un evidente potenziale per essere esportato altrove. Alcune sue caratteristiche, del resto, sono già molto richieste in giro. La nostra esperienza viene studiata, sostenuta e applicata in diversi paesi, sia dai partiti di governo che dai gruppi di opposizione.
Ecco: ora gli Stati Uniti sono diventati il principale importatore del modello di Surkov. E l’ideologia che ha guidato l’assalto alla democrazia del Cremlino adesso ha preso il controllo della Casa Bianca.
Articoli e cose notevoli che ho visto in giro
Com’era ampiamente prevedibile, Robert Kennedy Jr. sta decimando i comitati della sanità pubblica statunitense che si occupano di supervisionare e approvare i vaccini (Wall Street Journal)
Nonostante siamo ormai al quinto anniversario della pandemia, l’ipotesi della fuga dal laboratorio continua a non spiegare l’origine del Covid-19 (Antonio Scalari, Facta)
Secondo uno studio, gli algoritmi di TikTok e X hanno amplificato contenuti di destra e pro-AfD in vista delle elezioni politiche del 23 febbraio (Natasha Lomas, TechCruch)
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Comunque, alla fine, crollerà loro tutto addosso e pagheranno ogni singola ridicola e pericolosa bugia.
Goebbels costruiva bugie per alterare la percezione della realtà ma, personalmente, trovo nello spirito di negazione di alcuni nazisti, messi di fronte agli assassini compiuti, il seme dell'era della post verità. Il passo successivo è stato creare chiasso, intasare, produrre confusione per permettere ai colpevoli di urlare e dichiararsi sia colpevoli sia innocenti!