Il ritorno di Q
Dopo quasi due anni di silenzio, l’utente da cui è partito QAnon ha postato di nuovo su 8kun. Ecco perché l’ha fatto e quali possono essere le implicazioni di questo ritorno.
Benvenute e benvenuti alla puntata #47 di COMPLOTTI!, la newsletter sulle teorie del complotto che ti porta dentro la tana del Bianconiglio.
Come sapete, mi sono occupato molte volte di QAnon perché lo ritengo il fenomeno complottista più importante, rilevante e inquietante dei nostri tempi. Lo scorso venerdì sera c’è stato uno sviluppo decisamente inaspettato: Q è tornato a postare dopo quasi due anni di silenzio, e non potevo proprio non occuparmene (questo è anche il motivo per cui la puntata esce di lunedì e non nel weekend).
Prima di iniziare, una comunicazione di servizio: sabato 2 luglio presenterò Complotti! al festival “Io non l’ho interrotta”, al Castello Volante di Corigliano d’Otranto (Lecce): qui potete trovare i dettagli. Come sempre, nelle storie del mio profilo Instagram c’è la rassegna stampa aggiornata di Complotti!. Il libro si può acquistare dal sito di minimum fax, in libreria e negli store online.
564 giorni di silenzio
Era l’8 dicembre del 2020 quando Q – l’utente anonimo da cui è partita la teoria del supercomplotto di QAnon – pubblicava l’ultimo drop e spariva nel nulla, lasciando i suoi seguaci a brancolare nel buio.
Da allora molte cose sono cambiate all’interno del movimento, e l’abbandono del primo evangelista del verbo qanonista è stato elaborato in vari modi. Una parte ha avuto una pesante crisi di fede, spostandosi verso altri lidi e negando che sia mai esistita una cosa come QAnon; un’altra si è invece divisa in correnti scismatiche, in perenne competizione tra loro.
Di sicuro, come già aveva notato una ricerca del Digital Forensic Research Lab dell’Atlantic Council, il movimento è da tempo entrato in una fase dove le parole d’ordine e gli slogan che avevano caratterizzato la vertiginosa espansione QAnon sono pressoché scomparsi dai principali social network – anche per effetto della cancellazione di migliaia e migliaia di pagine, account e gruppi.
Al suo posto ha preso piede una sorta di “neo-QAnon”, scrivono gli autori del rapporto Jared Holt e Max Rizzuto, ossia “una rete informale di gruppuscoli complottisti che porta avanti le stesse teorie di QAnon, senza però ricorrere al linguaggio e allo stile che ne hanno accompagnato la crescita”.
Dentro questa rete sono comparsi anche diversi influencer qanonisti, tutti impegnati a colmare il vuoto aperto da Q e a contendersi l’autorità di imporre il “canone”.
Tra questi, giusto per fare qualche esempio, si sono distinti GhostEzra (nickname dell’imprenditore evangelico Robert Smart), che sul suo canale Telegram promuove regolarmente contenuti antisemiti e di estrema destra; Romana Didulo, l’improbabile e sedicente “regina del Canada” che ha preso parte alla “carovana della libertà” che all’inizio del 2022 ha paralizzato la capitale Ottawa per settimane; e l’avvocato trumpiano Lin Wood, definito da VICE “il nuovo re di QAnon”.
Eppure, per quanto possano assumere rilevanza e notorietà, questi influencer non sono Q: esiste un solo Q.
E del tutto inaspettatamente, quel Q è tornato il 24 giugno del 2022 – il medesimo giorno in cui la Corte Suprema degli Stati Uniti ha rovesciato la storica sentenza Roe v. Wade del 1973 che garantiva il diritto all’aborto a livello federale.
In un post pubblicato venerdì sera su 8kun – la imageboard gestita da Jim Watkins e dal figlio trentenne Ron Watkins – Q ha scritto: “Torniamo a giocare?” Qualche ora dopo, rispondendo a utente che chiedeva spiegazioni sulla sua lunga assenza, Q ha spiegato che “doveva essere così”. Nel terzo e ultimo post ha detto: “Siete pronti a servire di nuovo il vostro paese? Ricordatevi del giuramento”.
Ma come mai Q è ricomparso dopo ben 564 giorni di silenzio? Perché proprio ora? Che implicazioni ha questo ritorno per il movimento? E chi c’è dietro quell’account, questa volta?
I soliti sospetti
Facciamo un passo indietro, e più precisamente agli albori su 4chan. Come ha ricostruito una dettagliata inchiesta di The Q Origins Project sul sito Bellingcat,
QAnon è il prodotto e un’evoluzione della cultura di /pol/ [la board di 4chan dedicata alla politica]: molte delle affermazioni di Q erano già note su /pol/, e lo stesso Q si appropriato di temi e idee già espresse dai suoi predecessori [e da teorie antecedenti].
Prima di Q, infatti, ci sono stati altri “larper”: FBI Anon, High Level Insider, Mega Anon, White House Insider, CIA Anon, Victory of the Light, Highway Patrolman e Anonymous 5 – sedicenti “talpe” all’interno delle istituzioni americane che condividevano “informazioni segrete” con gli anon (gli utenti di 4chan).
Chi si è occupato della teoria ha sempre ribadito che il Q di 4chan, il primo Q, doveva essere un assiduo frequentatore di quello spazio. I sospetti si sono sempre concentrati su Paul Furber, un complottista sudafricano con la fissa della politica americana – sospetti poi confermati da un’indagine stilometrica che ha comparato i drop di Q con gli scritti di Furber, trovandoli perfettamente sovrapponibili.
Nel gennaio del 2018, tuttavia, Q si è spostato sull’imageboard 8chan e ha cambiato completamente stile. Per lo stesso Furber – e per l’inventore di 8chan Frederick Brennan – si sarebbe trattato di un vero e proprio colpo di mano di Ron Watkins per prendere possesso dell’account.
Significativamente, da quel momento Q è rimasto sulle piattaforme gestite dai Watkins (prima 8chan e poi 8kun, dopo la chiusura del primo). Non è una coincidenza, ovviamente: i post del secondo Q sono farina nel sacco di Ron Watkins.
A dimostrarlo in maniera piuttosto definitiva è stato il giornalista Cullen Hoback, autore dell’ottima docuserie Q: Into the Storm (di cui avevo già parlato lo scorso anno). Verso la fine dell’ultimo episodio si vede una videochiamata tra Hoback e Ron Watkins, in cui quest’ultimo dice: “Negli ultimi tre anni praticamente ho fatto un corso di addestramento di intelligence, per insegnare ai normies [parola in slang per indicare le persone “normali”] come si fa il lavoro d’intelligence,” dice Ron. “L’ho fatto da anonimo, ma mai come Q”.
Dopo aver detto questa frase, Watkins si mette a ridere. In pratica, si tradisce: “Ron sa di essere Q e lo so anche io”, chiosa Hoback.
È fuor di dubbio che anche il terzo Q sia opera di Ron Watkins con la complicità del padre, nonostante entrambi lo neghino. Peccato che alcuni esperti di QAnon abbiano scoperto che il codice identificativo (il cosiddetto tripcode) di Q è stato impostato manualmente dall’amministratore di 8kun che, indovinate un po’?, continua a essere Ron Watkins.
Arriviamo dunque al punto: Watkins ha tutto l’interesse di far tornare Q, e per un motivo ben preciso. Attualmente è infatti candidato al Congresso nel secondo distretto dell’Arizona, ma la sua campagna è un disastro totale tra una raccolta fondi fallimentare e imbarazzanti comparsate televisive.
Watkins ha disperatamente bisogno di un endorsement di peso, e quello di Q sarebbe il più importante – anche se potrebbe non essere abbastanza.
La rivitalizzazione di QAnon
La questione però non si esaurisce di certo qui, perché la riapparizione di Q ha implicazioni collettive.
La comunità qanonista, ha evidenziato Marc-André Argentino in un lungo thread su Twitter, ha già decreto l’autenticità del terzo Q e lo sta usando per validare retroattivamente le loro teorie sballate e le profezie sconfessate.
In secondo luogo, i nuovi drop di Q – e la conseguente rivitalizzazione del movimento – si inseriscono in un momento delicato e convulso della politica americana, di cui il ribaltamento della sentenza Roe v. Wade è uno dei tanti segnali preoccupanti.
A questo si aggiungono le prossime elezioni parlamentari di metà mandato, che sono dietro l’angolo e su cui il movimento sta puntando molto: in base ai calcoli di Media Matters, i candidati e le candidate qanoniste sono oltre sessanta. Non va poi dimenticato che QAnon esprime già due deputate – Marjorie Taylor Greene e Lauren Boebert – ed è ormai pienamente integrato nel sistema valoriale e propagandistico del Partito Repubblicano.
Un sondaggio del 2021, ad esempio, aveva rilevato come l’elettorato repubblicano fosse d’accordo con alcuni dei principi chiave del movimento complottista – in particolare l’esistenza di una “cricca” di pedofili satanisti che controlla segretamente il governo americano.
In più, diversi seguaci qanonisti si stanno candidando alla carica di segretario di stato (un ruolo prevalentemente amministrativo) in vari stati chiave, con l’esplicito obiettivo di ribaltare il risultato delle presidenziali del 2024 nel caso in cui Trump non dovesse vincere, e innescare così una gravissima crisi costituzionale.
C’è infine un ultimo aspetto da considerare: quello della violenza. Secondo Argentino i reati connessi a QAnon dal 2017 al 2021 sono ben 154 e includono omicidi, tentati omicidi, rapimenti e atti terroristici.
Dopotutto, siamo pur sempre di fronte a una teoria profondamente antidemocratica e autoritaria: qualsiasi qanonista, anche il più pacifico e innocuo, sogna un colpo di stato militare e l’eliminazione violenta di “oppositori” e “nemici interni” – un risultato a cui si era arrivati piuttosto vicini il 6 gennaio del 2021.
Una simile energia negativa, unita alla sfrenata voglia di sangue di QAnon, rappresenta un pericolo immenso per la tenuta del sistema politico e sociale di un paese. E come ha twittato l’account del già citato The Q Origins Project, “tutto quello che piace a QAnon è orribile per l’America”.
Articoli e cose notevoli che ho visto questa settimana:
La teoria dei rettiliani, inventata negli anni Novanta da David Icke, sta avendo una nuova vita su TikTok (Mike Rothschild, Daily Dot)
La transfobia sta progressivamente unendo la sfera complottista e quella dell’estrema destra (Io Dodds, Independent)
La commissione parlamentare d’inchiesta sull’assalto al Congresso ha rivelato che Trump diede l’ordine al Pentagono di indagare sull’assurda teoria del complotto dell’Italygate, secondo cui l’Italia avrebbe partecipato agli inesistenti brogli alle presidenziali del 2020 (Paolo Mastrolilli, Repubblica)
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