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Golpe de Estado
Anche il Brasile ha avuto il suo 6 gennaio. Ecco come si è arrivati all’assalto al congresso dell’8 gennaio 2023.
Benvenute e benvenuti alla puntata #54 di COMPLOTTI!, la newsletter sulle teorie del complotto che ti porta dentro la tana del Bianconiglio.
Anzitutto, buon anno! E che inizio d’anno: anche il 2023, come il 2021, è iniziato con il botto – ossia con l’assedio a un parlamento nazionale, questa volta in Brasile. Come prima puntata del 2023 non posso che analizzare l’episodio e metterlo in un contesto più ampio, anche perché non si tratta affatto di un caso isolato.
Prima di partire, ricordo sempre che nelle storie del mio profilo Instagram c’è la rassegna stampa aggiornata di Complotti!. Il libro si può acquistare dal sito di minimum fax, in libreria e negli store online.
Festa da Selma
Esattamente come l’assedio al Campidoglio negli Stati Uniti, anche l’attacco al Congresso in Brasile è stato prevedibilissimo e al tempo stesso sconvolgente.
Proprio perché una cosa del genere era già successa due anni fa. E pur in presenza di significative differenze, le analogie tra gli eventi sono davvero tante.
Anche in questo caso c’è un ex presidente, Jair Bolsonaro, che non accetta la sconfitta elettorale, sparge menzogne e fomenta i suoi sostenitori (da lontano, ovviamente, mentre si ingozza di pollo fritto da KFC in Florida); ci sono un sacco di teorie del complotto su inesistenti brogli elettorali, spinte soprattutto online; e c’è una certosina preparazione dell’assedio, nonché una sua anticipazione sui social media.
Come hanno ricostruito il Washington Post e la BBC, dopo le elezioni dell’ottobre 2022 i bolsonaristi (ossia i sostenitori di Bolsonaro) si sono messi a organizzare varie iniziative di protesta – tra cui i blocchi di strade e autostrade, gli assalti a stazioni di polizia e l’allestimento dei “campi patriottici” fuori dal quartier generale dell’esercito nella capitale Brasilia.
Alla vigilia di Natale un imprenditore di 54 anni, George Washington de Oliveira Sousa, aveva addirittura tentato di far saltare in aria l’aeroporto di Brasilia. L’ordigno era stato piazzato in un’autocisterna piena di cherosene, ma non è scoppiata per un difetto nel telecomando a distanza. Soltanto questa coincidenza ha evitato “una tragedia mai vista”, per usare le parole del capo della polizia della capitale.
L’uomo ha poi dichiarato alle forze dell’ordine che voleva scatenare il caos nel paese e spingere Bolsonaro a decretare lo stato d’emergenza, per poi “provocare l’intervento delle forze armate e impedire l’instaurazione del comunismo”.
A seguito dell’inaugurazione di Lula il primo gennaio, la retorica dei bolsonaristi si è fatta – se possibile – ancora più infervorata e violenta. Sulle piattaforme sono comparsi vari gruppi che incitavano i “patrioti” a recarsi a Brasilia e molti post con un hashtag piuttosto criptico: “Festa da Selma”.
In realtà, “Selma” si riferisce alla parola selva, che in portoghese vuol dire “giungla” ma è anche un grido di battaglia utilizzato nell’esercito.
Secondo l’analisi dell’esperto di comunicazione Arcelino Neto dell’Università di San Paolo, #FestadaSelma è comparso per la prima volta su Twitter il 5 gennaio, sospinto da oltre 10mila account. Uno di questi ha postato un video di una manifestazione – ripreso a sua volta su Telegram e altri spazi online – con una didascalia che recitava così: “appena arriveranno tutti [a Brasilia] taglieremo la torta”.
E l’8 gennaio, come sappiamo, la “torta” è stata effettivamente tagliata.
Con la compiacenza – se non l’esplicita complicità – delle forze dell’ordine, migliaia di manifestanti hanno invaso il palazzo del Congresso, quello della Corte Suprema e quello della presidenza.
Sebbene gli edifici fossero vuoti in quel momento, le scene che si sono viste ricordano molto da vicino quelle dell’assalto al Campidoglio. Il campionario, del resto, è più o meno lo stesso: danneggiamenti assortiti; l’esibizione di “souvenir” (tra cui toghe dei giudici o porte divelte); momenti di dileggio a favore di smartphone (come defecare su un mobiletto); e l’occupazione degli scranni del Senato.
La “festa” è però finita in fretta, e Lula ha promesso che i “vandali” e i “fascisti” saranno puniti. Finora più di mille persone sono state arrestate e dovranno affrontare un processo, mentre decine di militari sono stati rimossi dai loro incarichi – incluso il comandante dell’esercito, il generale Julio Cesar de Arruda.
Dal canto suo, Bolsonaro ha timidamente condannato l’assalto – nonostante il governo brasiliano lo ritenga responsabile dal punto di vista morale e operativo.
I suoi fan però non solo non hanno mostrato alcun ripensamento sull’8 gennaio, ma hanno iniziato ad accusare Lula di aver organizzato il tutto per screditare l’ex presidente. In sostanza, gli assalitori non sarebbero bolsonaristi ma agenti provocatori “di sinistra” travestiti da bolsonaristi per screditare l’intero movimento.
Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un’altra analogia con il 6 gennaio 2021: subito dopo l’assedio era comparsa la teoria del complotto degli “infiltrati antifa”, che ormai è del tutto sdoganata negli ambienti trumpiani e repubblicani.
L’anticomunismo complottista bolsonarista
Nulla di cui stupirsi, sia chiaro: il bolsonarismo – come il trumpismo – è un movimento politico a saldissima trazione complottista, che mescola elementi interni ed esterni.
I primi affondano le loro radici nella lunga e violenta tradizione del complottismo anticomunista. Come ha sottolineato lo storico Rodrigo Patto Sá Motta, “in Brasile le teorie del complotto hanno sempre aiutato i dittatori”.
Ecco qualche esempio. Nel 1935, ricorda il giornalista Vincent Bevins su The Atlantic, un giornale di destra affermò che i comunisti stavano pianificando una rivolta contro l’allora presidente Getúlio Vargas.
La notizia non era vera, ma i militanti di sinistra erano preoccupati che Vargas volesse imprimere una svolta autoritaria sulla base di quelle falsità e scesero effettivamente in piazza. Le forze dell’ordine repressero le manifestazioni e Vargas consolidò il suo potere.
Due anni dopo il generale fascista Olímpio Mourão Filho si inventò di sana pianta un falso complotto giudaico-bolscevico (chiamato Plano Cohen, “Piano Cohen”) che avrebbe dovuto rovesciare il governo.
Il piano fu presentato come qualcosa di reale, e pure la stampa lo trattò come tale. Il risultato? Vargas lo sfruttò per dare un’ulteriore stretta repressiva ed instaurare una dittatura vera e propria.

E ancora: nel 1981, durante la fase finale del regime dei militari (iniziato nel 1964 con il sostegno degli Stati Uniti), un gruppo di ufficiali pianificò un attentato al centro congressi di Rio de Janeiro. La bomba sarebbe dovuta esplodere al concerto del primo maggio, ma non lo fece per un caso fortuito. L’obiettivo era bloccare il processo di “ri-democratizzazione” e far ricadere la colpa sulla sinistra.
Alla fine dello stesso decennio, poi, circolò la voce di un altro possibile attentato: un giovane capitano dell’esercito voleva piazzare un ordigno in un’accademia militare di Rio per protestare contro i bassi salari dei soldati. Secondo la rivista Veja, quel capitano era proprio Jair Bolsonaro (che ha sempre smentito il proprio coinvolgimento).
Di lì a poco Bolsonaro sarebbe entrato in politica, ponendo al centro della sua propaganda la glorificazione della dittatura militare, della tortura e dell’eliminazione degli oppositori politici, il tutto condito da un ferocissimo anticomunismo.
Intorno a lui si è poi creato un movimento che ha attratto settori delle forze armate, piccoli e medi imprenditori, cristiani evangelici, nuovi influencer di destra come il tiktoker Nikolas Ferreira e seguaci di Olavo de Carvalho, considerato il padre spirituale dell’estrema destra complottista brasiliana.
Giusto per dare un’idea del personaggio, Olavo ha affermato che la Pepsi usa feti abortiti per rendere più dolce la propria bevanda.
L’era delle insurrezioni antidemocratiche
Arriviamo dunque agli elementi esterni: a partire da Bolsonaro stesso e dai suoi figli, che hanno stretti legami con Trump e l’entourage trumpiano, il bolsonarismo guarda moltissimo a quanto succede negli Stati Uniti.
Non è affatto un caso che, sia sui media tradizionali che sui social brasiliani, vengano rilanciate di continuo teorie del complotto americane che mescolano cospirazioni massoniche, satanismo, pedofilia, cannibalismo, zoofilia, omolesbobitransfobia e negazionismo del Covid (chiamato “Comunavirus”).
I bolsonaristi, poi, hanno sempre visto il 6 gennaio del 2021 come una fonte di ispirazione – e dunque come un modello da replicare.
Anche perché, fatalmente, il portato finale di questi movimenti e di queste ideologie è l’insurrezionalismo antidemocratico.
E il problema non è limitato al Brasile o agli Stati Uniti; è pienamente globale.
Negli ultimi due anni, infatti, sono stati ben sette gli assalti (tentati o parzialmente riusciti) a parlamenti o sedi delle istituzioni democratiche.
Molti di questi sono maturati all’interno di proteste contro le restrizioni sanitarie, e in questo senso l’assalto al Reichstag tedesco dell’agosto del 2020 ha fatto da apripista.
L’unione letale tra complottismo ed estremismo politico ha definito lo scenario politico degli ultimi tempi, e l’inizio del 2023 non ha fatto altro che ribadire con forza che nessuno – davvero nessuno – può dirsi al riparo da questo pericolo.
Articoli e cose notevoli che ho visto questa settimana:
Anche quest’anno si è svolto a Davos il World Economic Forum, e anche quest’anno sono circolate le solite teorie su “Grande Reset” e piani di dominazione globale (Oliver Darcy, CNN)
Se vedete in giro l’espressione “nessuna correlazione” siete di fronte all’ennesima teoria antivaccinista sul Covid-19 (Andrea Zitelli, Facta)