Sognando Gilead
Gli estremisti cristiani che sostengono Trump vogliono trasformare gli Stati Uniti in una teocrazia distopica.
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L’ultima puntata della serie The Handmaid’s Tale (in italiano Il racconto dell’ancella) è andata in onda alla fine di maggio, ma la distopia di Margaret Atwood continua nella vita di tutti i giorni. Soprattutto negli Stati Uniti, dove l’amministrazione Trump è piena di estremisti cristiani che sembrano sbucati dalle pagine del romanzo del 1985. Oggi parlerò di questo.
Prima di partire, ricordo che il mio ultimo saggio Le prime gocce della tempesta è acquistabile nelle librerie (quelle indipendenti sono sempre da preferire) e nei negozi online. Sul mio profilo Instagram trovate una rassegna stampa aggiornata e le date delle presentazioni.
L’Ufficio della Fede
Lo scorso 23 giugno, dopo che “l’uomo di pace” Donald Trump aveva annunciato il bombardamento dell’Iran e i social si erano riempiti di meme sulla Terza Guerra Mondiale, su X è cominciato a girare un video che sembrava uscito da una puntata de Il racconto dell’ancella.
Nella clip di 45 secondi si vede un gruppo di persone disposto in cerchio e intento a pregare al di fuori dalla Casa Bianca.
“Ti ringraziamo, Signore, perché scuoterai l’America con il tuo potere e la tua gloria e cancellerai i nostri nemici”, declama una donna con gran trasporto, alternando l’inglese a lingue sconosciute (in gergo si chiama glossolalia).
“Dichiariamo proprio adesso, dalla capitale della nostra nazione, che l’America tornerà a Dio”, continua. “Niente fermerà questa nazione! Ci hai detto di portare il paradiso in terra e lo stiamo facendo!”
La donna che ha condotto la preghiera si chiama Sharon Bolan, una pastora evangelica del Texas che sul proprio sito (tra le varie cose) vende coperte con i nomi di Dio a 95 dollari.
Si trovava lì, insieme agli altri pastori e predicatori, perché era stata invitata a una riunione dell’Ufficio della Fede della Casa Bianca, istituito all’inizio di febbraio e guidato da Paula White-Cain – la televangelista personale di Donald Trump.
Per quanto scene del genere possano sembrarci bizzarre dall’Italia, nel secondo mandato trumpiano sono diventate la normalità.
A marzo, ad esempio, decine di leader evangelici erano stati convocati nello Studio Ovale per pregare fisicamente con e sul presidente.
In quell’occasione, il reverendo Samuel Rodriguez – capo della megachiesa New Season in California – aveva detto che Trump è il presidente “più pro-fede che abbia incontrato in vita”, nonché colui che ha realizzato “il sogno di Ronald Reagan”.
Oltre a essere un evangelico “rinato”, il 40esimo presidente aveva inaugurato un’epoca di forte attivismo cristiano conservatore – specialmente su temi quali aborto, l’opposizione ai diritti delle persone LGBTQIA+ e l’insegnamento dei precetti biblici nelle scuole pubbliche.
Trump però non è Reagan; e soprattutto, è l’antitesi del buon cristiano.
Parliamo di uomo che si è sposato tre volte, è stato accusato di abusi sessuali da decine di donne, è stato condannato per reati fiscali (non esattamente un certificato di moralità), e non sa nulla della Bibbia o della dottrina cristiana.
Nonostante ciò, per tre elezioni consecutive ha raccolto oltre l’80 per cento dei voti presso il segmento dei bianchi evangelici.
Come ha scritto il ricercatore Matthew D. Taylor nel saggio The violent take it by force,
mai prima d'ora gli americani hanno avuto un leader politico nazionale che è stato oggetto di così tante profezie, ha generato così tanti paragoni religiosi e ha ispirato una così fervente adorazione.
Il Regno di Dio sulla Terra
L’evangelismo è dunque uno dei pilastri cruciali del potere trumpiano.
Ma è un tipo di evangelismo molto diverso da quello che aveva sostenuto Reagan: è ancora più politicizzato, social-mediatico e contrassegnato da evidenti pulsioni autoritarie.
Nel suo saggio, Taylor lo colloca nel quadrante “carismatico e non denominazionale”: quello che crede nei “carismi” (i doni) dello Spirito Santo e non si riconosce nelle classiche denominazioni protestanti (tipo i battisti).
Per intenderci, ne fanno parte neopentecostali, predicatori individuali, televangelisti, influencer della fede e fondatori di megachiese.
Il ricercatore lo descrive come il “selvaggio West” dell’evangelismo contemporaneo, quello più osteggiato dalle altre denominazioni ma più in espansione e più vicino al trumpismo.
L’artefice di questa alleanza è proprio Paula White-Cain, che predica il cosiddetto “vangelo della prosperità” – una dottrina molto contestata all’interno del mondo cristiano poiché troppo incentrata sul benessere economico e materiale – e ha accompagnato l’ascesa politica di Trump sin dai primi anni Duemila.
La donna, sottolinea Taylor, ha innescato una “vera e propria rivoluzione nella configurazione del potere nella leadership della destra religiosa”.
A beneficiarne è stata soprattutto la Nuova Riforma Apostolica (NAR), una potente rete evangelica che il Southern Poverty Law Center ha definito “la più grande minaccia alla democrazia di cui non avete mai sentito parlare”.
Il movimento è stato fondato nel 1996 da Peter Wagner, un ex missionario e scritto convinto che il movimento carismatico indipendente fosse l’unico in grado di invertire il declino della chiesa moderna.
La NAR è stata costruita su tre precisi pilastri ideologici e teologici.
Il primo è quello della “guerra spirituale”. Aderendo a questa pratica – ispirata da alcuni brani della Lettera agli Efesini – i cristiani devono resistere agli attacchi dei demoni attraverso la preghiera e altre discipline spirituali.
Il secondo pilastro è quello dei “cinque ministeri”. Anch’esso deriva da un brano della Lettera agli Efesini, in cui Paolo spiega che la comunità dei credenti deve fondarsi su “apostoli, profeti, evangelisti, pastori e maestri”. Di fatto, esprime il rifiuto dell’autorità centrale di una chiesa.
Il terzo pilastro è senza dubbio quello più preoccupante: il cosiddetto “dominionismo”.
Questa dottrina si basa su una particolare interpretazione della Genesi secondo cui Dio avrebbe dato all’uomo il “dominio” sulla Terra; di conseguenza, il compito dei cristiani è quello di costruire il regno di Dio qui e ora, senza aspettare oltre.
In pratica, è una corrente fondamentalista che nega la separazione tra Stato e Chiesa e punta all’instaurazione di una teocrazia.
Wagner auspicava proprio questo esito in Dominion!, un libro uscito nel 2008. Alla fine della sua vita si era convinto che la candidatura di Donald Trump fosse uno dei modi migliori per realizzare quel progetto; per questo l’aveva appoggiato pubblicamente poco prima di morire nell’ottobre del 2016.
Trumpismo cristiano
Il testimone di Wagner è stato raccolto da alcuni adepti della NAR, che sono andati a formare la prima linea del “trumpismo cristiano”.
Uno dei più in vista è Lance Wallnau, un televangelista texano noto per le sue idee ultranazionaliste e per i suoi “meme profetici” – tra cui quello di Donald Trump come il re Ciro, il messia pagano di Persia scelto da Dio per permettere agli ebrei di tornare a Gerusalemme dopo l’esilio a Babilonia.
L’“unzione di Ciro” è considerato l’esempio teologico per eccellenza di come Dio possa utilizzare persone non credenti per realizzare i suoi scopi.
In altre parole: Trump potrà pure essere imperfetto come cristiano, oppure in generale come essere umano, ma è un messia unto dal Signore e va sostenuto in ogni modo – specialmente quando è in difficoltà.
Non a caso, i carismatici indipendenti hanno diffuso le teorie del complotto sulle elezioni presidenziali del 2020 ed erano presenti in forze durante l’assedio al Congresso del 6 gennaio del 2021.
Il movimento è rimasto fedele a Trump anche dopo la momentanea caduta in disgrazia – quando il Partito Repubblicano è stato sul punto di sbarazzarsi di lui – e ha sospinto entusiasticamente la sua terza candidatura presidenziale.
Wallnau e altri leader della NAR hanno scomodato altri paragoni biblici: oltre a essere Ciro, Trump è diventato pure Jehu – il re vendicativo che restaurò il regno di Israele attraverso una spietata purga contro la casa di Acab e il culto di Baal.
Il vero punto di svolta è arrivato con il fallito attentato di Butler, subito interpretato come un segno inequivocabile della volontà divina: Trump è stato salvato perché deve andare fino in fondo, liberare il paese e instaurare il regno di Dio negli Stati Uniti.
Dopo il tentato omicidio, anche le denominazioni e i segmenti evangelici più recalcitranti si sono convertiti al trumpismo. La candidatura di JD Vance ha completato il quadro: il senatore dell’Ohio ha infatti portato in dote i cosiddetti “Theo Bros”.
L’espressione designa un gruppo eterogeneo di pastori e predicatori generalmente sotto i quarant’anni, che aderiscono all’evangelismo riformato e al nazionalismo cristiano (da cui Theo, abbreviazione di teocratico e teologico), sono fortemente misogini e hanno diversi podcast su YouTube (da cui “bro”, una subcultura ipermaschilista).
La loro guida spirituale è il pastore ultrasettantenne Douglas Wilson, fondatore della Christ Church di Moscow (in Idaho), finita al centro di diversi casi di abuso sessuale.
In un libro del 1999, del resto, Wilson scriveva che “l'atto sessuale non è egualitario: l'uomo penetra, conquista, colonizza, semina; la donna riceve, si arrende e subisce”.
Le idee dei “Theo Bros” sono decisamente estreme: vogliono abolire il 19esimo emendamento, che ha riconosciuto il diritto di voto alle donne; reintrodurre la fustigazione pubblica; e rimpiazzare la Costituzione con i Dieci Comandamenti.
Se questi punti venissero realizzati, insomma, gli Stati Uniti diventerebbero davvero una specie di Gilead – la teocrazia fascista immaginata da Margaret Atwood.
Il punto è che le loro idee, così come quelle dei carismatici e della NAR, non sono affatto marginali.
Al contrario: ormai sono letteralmente dentro la Casa Bianca.
Articoli e cose notevoli che ho visto in giro
Donald Trump e il mondo MAGA hanno scatenato un’ondata di disinformazione sull’Iran, trasformando la guerra in pace e mentendo sull’effettiva efficacia dell’operazione militare (David Gilbert, Wired)
L’intelligenza artificiale generativa sta già avendo un impatto notevole sulle elezioni in giro per il mondo (Steven Lee Myers e Stuart A. Thompson, New York Times)
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