Make Complotti Great Again
Com’era inevitabile, l’attentato a Donald Trump ha scatenato teorie di ogni tipo – e anche di opposto segno politico.
Benvenute e benvenuti alla puntata #77 di COMPLOTTI!, la newsletter sulle teorie del complotto che ti porta dentro la tana del Bianconiglio.
Per ovvi motivi, questa è una puntata speciale: l’attentato a Donald Trump non è soltanto uno degli eventi politici più importanti del 2024; è anche l’innesco di una tempesta complottista di dimensioni davvero inaudite. Oggi l’analizzerò più in dettaglio.
Prima di partire, ricordo che è uscito il mio ultimo saggio Le prime gocce della tempesta. Si può acquistare nelle librerie (quelle indipendenti sono sempre da preferire) e nei negozi online. Sul mio profilo Instagram trovate una rassegna stampa aggiornata e le date delle presentazioni, che aggiorno man mano.
La saga di “Mark Violets”
Provate a immaginare questa scena.
Sono le due di notte di un sabato sera qualunque. State dormendo da un po’, quando all’improvviso lo schermo del cellulare lampeggia all’impazzata.
Le notifiche arrivano a decine, poi a centinaia – è una raffica inarrestabile. Date un’occhiata allo schermo e realizzate con sgomento che mezzo mondo, dagli Stati Uniti all’India, vi sta accusando di aver sparato a Donald Trump.
Ecco: non si tratta dell’incipit di una serie distopica, ma quello che è accaduto veramente al giornalista italiano e tifoso della Roma Marco Violi.
L’incredibile vicenda è iniziata nei momenti successivi all’attentato a Trump, avvenuto sabato 13 luglio durante un comizio a Butler, in Pennsylvania. Mentre ancora si cercava di ricostruire la dinamica dell’attentato (che sotto diversi aspetti è ancora oscura), l’utente @Moussolinho ha pubblicato un post su X con una foto di Violi, descrivendolo in inglese come l’attentatore “Mark Violets, un rabbioso antifa”.
Ovviamente, non era vero: si trattava dell’ennesima trollata ai danni di Violi, che da anni è preso di mira da alcuni utenti del cosiddetto “Twitter Calcio” italiano.
Nonostante fosse del tutto implausibile, il post è stato preso per buono da grossi account filotrumpiani con la spunta blu perché serviva a imbastire una precisa narrazione: sono stati gli “antifa”, cioè gli oppositori di Trump.
A partire da lì, l’inside joke si è trasformato in una gigantesca fake news globale. La falsa notizia di “Mark Violets” è stata ripresa da telegiornali negli Stati Uniti e in Messico; da giornali in Uruguay; da corrispondenti camerunensi negli USA; e pure dalla Pravda russa.
Alla fine, lo stesso Violi ha scritto su Instagram che “le notizie che circolano sul mio conto sono totalmente prive di fondamento e sono organizzate da un gruppo di hater che dal 2018 mi stanno rovinando la vita”.
Tuttavia, il giornalista romanista non è l’unica persona a essere stata scambiata per l’attentatore, che nella realtà è il 20enne Thomas Matthew Crooks. Sempre su X, un utente si è addirittura spacciato per il responsabile del tentato omicidio di Trump, dicendo in un video (poi cancellato) di “odiare Trump e i repubblicani” e che “la polizia ha beccato il tizio sbagliato”.
Anche in questo caso si era trattato di una trollata, che però era stata presa per buona dai soliti account con la spunta blu, dai media italiani di destra e anche dal senatore di Fratelli d’Italia Lucio Malan.
Quelli che ho appena elencato sono soltanto due casi di disinformazione – due piccoli tasselli di un’immane puzzle cospirazionista.
Come ha scritto la rivista The Atlantic, “le teorie del complotto sull’attentato a Trump hanno sorpassato la realtà”; e l’hanno fatto ad una velocità supersonica. Dopotutto non c’è ancora un movente credibile, né una ricostruzione definitiva della sparatoria.
E quando niente è vero, per parafrasare il titolo di un libro del giornalista Peter Pomerantsev, tutto diventa possibile.
È stato Biden!
E infatti, i fisiologici vuoti informativi sono stati riempiti a tempo record da speculazioni di ogni tipo – e pure di segno opposto.
Cominciamo dalla parte repubblicana e conservatrice. La teoria più gettonata tira in ballo il presunto coinvolgimento del presidente Joe Biden e del solito “Deep State” – lo “Stato profondo”, cioè lo spauracchio di QAnon e di altri movimenti complottisti – nel tentato assassinio di Trump, che sarebbe un disperato tentativo di bloccare la sua ascesa alla Casa Bianca.
Questa tesi è stata rilanciata in modo esplicito e implicito da alcuni deputati repubblicani.
Il deputato Greg Steube della Florida, ad esempio, ha scritto su X che “hanno provato a metterlo in galera e ora cercano di farlo fuori”. Mike Collins della Georgia è andato oltre, dicendo che “Joe Biden ha dato l’ordine” perché qualche giorno aveva detto di “mettere Trump nel mirino”. Naturalmente, il presidente aveva usato una metafora da campagna elettorale e non lo intendeva certo in senso letterale; a ogni modo, si è scusato di aver evocato quell’immagine.
Il senatore JD Vance dell’Ohio – appena nominato da Trump come suo vice – ha affermato che “non si tratta di un incidente isolato”, dal momento che “il punto centrale della campagna di Biden è che Trump è un fascista autoritario che va fermato a tutti i costi. Questo tipo di retorica ha portato al tentato omicidio di Trump”.
E per finire, l’immancabile deputata ultratrumpiana Marjorie Taylor Greene ha incolpato “i democratici e i media” che “per anni e anni hanno demonizzato Trump e i suoi sostenitori. Alla fine qualcuno ha provato a uccidere il più grande presidente di tutti i tempi”.
Su Truth Social – il social di Trump dove il complottismo è moneta corrente – oltre a Biden sono stati indebitamente implicati Hillary Clinton, Barack Obama, George Soros, Bill Gates e i soliti sospetti.
Come ha notato il New York Times, dal giorno dell’attentato il tono dell’intera piattaforma è diventato molto più feroce e incattivito. Un utente, giusto per fare un esempio, si è rivolto a Trump con queste parole: “Ci lasci sapere se c’è qualcosa che possono fare per lei 100 MILIONI DI PATRIOTI AMERICANI DAL SANGUE ROSSO [repubblicano]. Dica solo una parola, signore, soltanto una parola”.
Negli ambienti più radicali, ossia quelli complottisti e di estrema destra, le reazioni all’attentato sono state decisamente incendiarie e violente.
Jon Minadeo, leader e fondatore del gruppuscolo antisemita Goyim Defense League, ha lanciato uno Spaces (la piattaforma audio in diretta di X) dal titolo inequivocabile: “GLI EBREI HANNO CERCATO DI ASSASSINARE TRUMP!” Sul forum TheDonald, uno dei principali spazi online in cui si è istigato e coordinato l’assedio al Congresso del 2021, un utente ha scritto che “vogliono proprio la guerra”. Un altro ha aggiunto: “Sono pronto. Questa è la fottuta goccia che fa traboccare il vaso”. E un altro ha esclamato: “LA. FOTTUTA. GUERRA. CIVILE”.
In un canale Telegram dei Proud Boys, un gruppo suprematista e paramilitare che ha svolto un ruolo cruciale nell’assalto al Campidoglio, un membro ha detto che “hanno cercato di far fuori [Trump] sin da quando è diventato presidente: […] ora quelli che ci hanno provato finiranno tutti quanti impiccati in pubblico”.
Da QAnon a BlueAnon
Ma le teorie sull’attentato non sono un’esclusiva di conservatori ed estremisti di destra: parecchie provengono dagli ambienti liberal e democratici.
Come riporta il Washington Post, sono stati avanzati dubbi sul fatto che il sangue di Trump dall’orecchio fosse vero; si è detto che la sparatoria è stata una false flag – ossia un’operazione sotto falsa bandiera – organizzata dal servizio di sicurezza insieme alla campagna di Trump; e infine, si è parlato di una vera e propria “messinscena” a fini elettorali.
In un post visualizzato più di un milione di volte, un utente su X ha scritto che “questa è la cosa più finta degli ultimi tempi. [Trump] sa che perderà le elezioni, così mette in piedi questa roba e urla alla folla di combattere”. Un altro ha avanzato dubbi sul comportamento degli agenti di sicurezza: “perché gli hanno permesso di alzarsi e fare il pugno? Volete davvero mettermi in croce se penso che questa cosa sia falsa?” (In realtà Trump si è potuto alzare perché l’attentatore era stato ucciso, come si sente dalle conversazioni radio in questo video.)
E ancora: il consulente politico democratico Dmitri Mehlhorn ha mandato una mail a diversi giornalisti suggerendo che “la sparatoria potrebbe essere stata una messinscena” orchestrata da “Trump e Putin” per far fare una bella figura al candidato repubblicano. In seguito, dopo che la testata Semafor aveva riportato il contenuto della mail, Mehlhorn è tornato sui suoi passi.
Anche una delle foto scattate subito dopo la sparatoria – quella in cui Trump è accovacciato per terra, protetto dagli agenti – è stata ritenuta fasulla da un influencer democratico. “Il sangue è finto. La bandiera americana è al contrario. Non ci casco. È troppo perfetta”, ha scritto @LakotaMan1 al suo mezzo milione di follower su X.
Questa forma di complottismo liberal è stata definita “BlueAnon” dagli esperti – un gioco di parole tra Blue, il colore ufficiale del Partito Democratico statunitense, e QAnon.
Ed esattamente come succede nel mondo qanonista, puntualizza la reporter Taylor Lorenz, anche nel mondo di “BlueAnon” esistono “forze oscure, inclusi i media mainstream, che tramano nell’ombra per mettere i bastoni tra le ruote alla candidatura di Biden e riportare Trump al potere”.
Come ha spiegato il giornalista Mike Rothschild, “il paradigma manicheo Bene-contro-Male di QAnon si è impadronito del movimento anti-Trump”, spingendo alcuni oppositori a credere che “Trump sia talmente subdolo da essere capace di fingere il suo tentato omicidio per dare una spinta alla sua campagna elettorale”.
Per certi versi, era inevitabile che finisse così. Le teorie del complotto fanno leva su diversi bias cognitivi, tra cui quello di proporzionalità: un evento di tale portata non può che essere il frutto di un’immensa cospirazione.
Inoltre, Trump è la figura più divisiva che la politica statunitense abbia conosciuto negli ultimi decenni; e lui stesso ha sempre infiammato il dibattito pubblico attraverso il ricorso strategico alle teorie del complotto.
Più in generale, poi, gli Stati Uniti stanno attraversando un momento di polarizzazione estrema, in cui il ricorso alla violenza è sempre più accettabile presso fasce sempre più ampie dell’elettorato.
Insomma: l’attentato a Donald Trump è davvero una perfetta tempesta complottista. O come l’ha efficacemente – e prosaicamente – definita la ricercatrice Amanda Rogers, “una spirale di merda che non smette di autoalimentarsi”.
Articoli e cose notevoli che ho visto in giro
Dopo l’attentato a Trump, l’America si è avvicinata ancora di più all’abisso politico (Edward Luce, Financial Times)
La retorica trumpiana si farà ancora più messianica ed evangelica – e dunque ancora più pericolosa (Jeff Sharlet, Scenes from a Slow Civil War)
Se ti è piaciuta questa puntata, puoi iscriverti a COMPLOTTI! e condividerlo dove vuoi e con chi vuoi. Quelle precedenti sono consultabili nell’archivio.
Mi trovate sempre su Instagram, Threads, Twitter, TikTok e Bluesky, oppure rispondendo via mail a questa newsletter.