Non ci siamo mai andati
Sulla Luna, ovviamente, come ha detto Rose Villain e come sostengono da decenni i complottisti lunari.
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Questa settimana mi prendo un’altra pausa dall’amministrazione Trump (tanto ci torniamo, tranquilli) per fare un passo indietro nel tempo e parlare di una delle più famose e persistenti teorie cospirazioniste degli ultimi decenni: quella del falso allunaggio.
Prima di partire, ricordo che il mio ultimo saggio Le prime gocce della tempesta è acquistabile nelle librerie (quelle indipendenti sono sempre da preferire) e nei negozi online. Sul mio profilo Instagram trovate una rassegna stampa aggiornata e le date delle presentazioni.
L’ho visto su TikTok
Quando ho aperto questa newsletter non avrei mai pensato di iniziare una puntata con Rose Villain, ma siccome viviamo nella miglior tempolinea possibile, eccoci qui.
A pochi giorni dall’inizio di Sanremo, la cantante è stata intervistata dal content creator Giovanni Brugnoli nell’ambito del format Sa(n)remo Sinceri su TikTok, in cui le celebrità si sottopongono al test della macchina della verità (uno strumento notoriamente inaffidabile).
A un certo punto Brugnoli ha chiesto “siamo mai andati sulla Luna davvero?” La cantante prima ha risposto con un secco “no”, salvo poi dire di essere “incerta” perché “di recente ho visto un’intervista su TikTok di uno dei tre [astronauti], che ora non mi ricordo come si chiami, che dice di non esserci mai andato”.
L’astronauta in questione è Buzz Aldrin, uno dei tre componenti dell’equipaggio della missione Apollo 11, che tuttavia non ha mai “rivelato” di non essere stato sulla Luna.
La presunta confessione è infatti il frutto di distorsioni e manipolazioni di reali interviste e dichiarazioni rilasciate da Aldrin nel corso degli anni.
In una conferenza del 2015, ad esempio, una ragazza chiese all’astronauta quale fosse stato “il momento più spaventoso” della missione; Aldrin rispose che non c’era mai stato un “momento spaventoso” utilizzando l’espressione “it didn’t happen” (“non è mai successo”), poi trasformata dai complottisti in un’ammissione.
La stessa dinamica – ha ricostruito Francesca Capoccia su Facta – ha riguardato anche un altro intervento di Aldrin dello stesso anno, quando al National Book Fest di Washington D. C venne intervistato da diversi bambini e bambine.
Una di queste gli aveva chiesto: “perché nessuno è tornato sulla Luna per così tanto tempo?” Al che Aldrin rispose che “non ci siamo andati lì” (“we didn’t go there”).
Nella versione tagliata dai complottisti lunari l’astronauta sembra confermare, ancora una volta, che l’allunaggio è stato falsificato; in realtà, se si ascolta l’intervento completo, Aldrin spiega che non ci siamo più tornati per motivazioni squisitamente economiche.
In effetti, l’ultimo allunaggio con equipaggio umano c’è stato nel 1972 con la missione Apollo 17. La NASA aveva in programma altre tre missioni, che vennero tutte cancellate perché ormai era mutato il contesto internazionale e interno.
Da un lato la “corsa allo spazio” contro i sovietici era stata vinta; dall’altro, ha annotato Paolo Attivissimo sul sito del Cicap, “la crescente attenzione verso i diritti civili e l’opposizione alla guerra in Vietnam spinsero i politici a ridurre gli stanziamenti per lo spazio”.
La NASA finì inoltre nel mirino delle critiche degli attivisti pacifisti e della New Left per il suo coinvolgimento nel conflitto in Vietnam, e cercò “di rifarsi un’immagine proponendo ben più modeste missioni di ricognizione della Terra tramite satelliti, che potevano dare benefici più diretti alla popolazione”.
Ma torniamo a Rose Villain: sebbene abbia detto al podcast Tintoria che stava scherzando e che non crede veramente che l’allunaggio sia falso, di sicuro c’è che ancora adesso circolano parecchie teorie del complotto lunari – un filone che persiste da oltre quarant’anni, e che ha contribuito a plasmare buona parte del complottismo contemporaneo.
Le origini del mito, tra Kubrick e 007
Come ha scritto Richard Godwin sul Guardian, “ci sono volute 400mila persone per mandare Neil Armstrong e Buzz Aldrin sulla Luna, ma soltanto una per diffondere l’idea che fosse tutto falso”.
La persona in questione si chiama Bill Kaysing, che tra il 1956 e il 1963 ha lavorato per la Rocketdyne – un’azienda fornitrice della NASA che ha contribuito alla costruzione del razzo lunare Saturn V.
Nel 1976 Kaysing, che era un laureato in lettere e non aveva alcuna competenza scientifica in materia, autopubblicò il libro We Never Went to the Moon: America’s Thirty Billion Dollar Swindle (“Non siamo mai stati sulla Luna. Una truffa da 30 miliardi di dollari”).
Riprendendo e sistematizzando voci che giravano in maniera più o meno sotterranea sin dal primo allunaggio, Kaysing sosteneva che la NASA non aveva le competenze per raggiungere la Luna; di conseguenza, le sei missioni lunari non sarebbero mai avvenute.
Utilizzando le stesse foto ufficiali diffuse dalla NASA, Kaysing concentrò la sua attenzione su presunte “anomalie” (come l’assenza di stelle sullo sfondo e la traiettoria delle ombre) e arrivò a dire che l’allunaggio era stato filmato in uno studio cinematografico da Stanley Kubrick, scelto appositamente dal governo in quanto regista di 2001: Odissea nello spazio.
La messinscena aveva il duplice obiettivo di far incassare decine di miliardi di dollari all’agenzia spaziale e al contempo di ingannare i sovietici per attestare lo strapotere tecnologico statunitense.
L’agenzia rispose prontamente alle obiezioni, mentre l’Unione Sovietica – il soggetto che più di ogni altro aveva interesse nel dimostrare eventuali falsificazioni degli statunitensi – non eccepì mai nulla.
Ma come spesso accade, la teoria cominciò a vivere di vita propria e generare varianti di ogni tipo.
Anche la cultura pop, più o meno consapevolmente, alimentò il complottismo lunare.
Nel film del 1971 Agente 007 – Una cascata di diamanti, ad esempio, James Bond finisce dentro il set di un falso allunaggio e scappa a bordo del “Moon Buggy”. Capricorn One, una pellicola uscita nel 1978 che rientra nel filone del thriller politico paranoico statunitense, narra invece di una cospirazione governativa per simulare lo sbarco su Marte.
Non è un caso che il complottismo lunare abbia preso piede nella seconda metà degli anni Settanta, ossia dopo lo scandalo del Watergate e la pubblicazione dei Pentagon Papers – una serie di documenti segreti diffusi dal whistleblower Daniel Ellsberg che svelavano in modo inequivocabile le menzogne di quattro diverse amministrazioni sul reale andamento della guerra in Vietnam.
Proprio nel 1976, inoltre, la commissione parlamentare sugli omicidi di JFK e di Martin Luther King stabilì che dietro all’omicidio del 35esimo presidente c’era un complotto più esteso, contraddicendo i risultati ufficiali della commissione Warren.
Il successo delle tesi di Kaysing non è dovuto alla loro (inesistente) plausibilità, ha sottolineato il professore Peter Knight in un articolo su The Conversation, quanto piuttosto alla grande “crisi di fiducia che si viveva nel paese a quei tempi”.
Le teorie lunari sono inoltre la spia di un cambiamento più profondo nel pensiero cospirazionista.
“Dalla fine degli sessanta”, prosegue il docente dell’università di Manchester, si è passati “dalla convinzione che esistessero nemici esterni, come i comunisti, al sospetto che lo stesso Stato americano cospirasse contro i propri cittadini”.
La persistenza del complottismo lunare
Il mito del falso allunaggio ha anche contribuito a far evolvere le tecniche narrative e d’indagine del complottismo.
I teorici lunari, argomenta Knight, “hanno dato forma a nuove teorie” attraverso “le prove accessibili al pubblico, andando a individuare le incongruenze all’interno dei documenti ufficiali piuttosto che svelare notizie tenute segrete”.
Così facendo “chiunque può essere un detective” e scoprire le macchinazioni del potere. Questa convinzione avrà vita lunghissima, e culminerà nello slogan qanonista “do your own research” – fai le tue ricerche.
Il complottismo lunare, insieme a quello sull’omicidio di JFK, ha inoltre creato un nuovo punto di vista: “gli avvenimenti di grande importanza spesso non sono ciò che sembrano”, continua Knight, “ma sono realizzati ad arte come parte di una campagna di disinformazione” orchestrata dall’alto.
Ed è proprio per questi motivi che le teorie sull’allunaggio si sono adattate all’era dell’informazione digitale con incredibile facilità.
Il merito – o la colpa – va soprattutto a Fox News, che nel 2001 trasmise in prima serata (e per ben due volte) lo pseudo-documentario Did We Land on the Moon?, narrato dall’attore di X-Files Mitch Pileggi.
La scelta dal network di Murdoch ha avuto svariati effetti: anzitutto, ha costretto la NASA a intervenire nuovamente sul tema; poi ha diffuso le tesi di Kaysing (morto nel 2005) presso un nuovo pubblico, che negli anni Settanta era troppo piccolo o non era ancora nato; e infine ha energizzato i complottisti lunari più radicali come Bart Sibrel, che nel 2002 si è preso un cazzotto in faccia da Buzz Aldrin dopo averlo tormentato per strada.
Per tutti gli anni Zero e gli anni Dieci, il falso allunaggio è diventato un fatto e un fattore unificante per diverse comunità complottiste – dai truther sull’11 settembre fino agli antivaccinisti, passando per i negazionisti delle stragi scolastiche.
In tempi più recenti c’è stata una terza ondata di popolarità delle teorie lunari, sospinta da youtuber, tiktoker e podcaster come Joe Rogan (che nella puntata #2141 ha dato spazio a Bart Sibrel).
La persistenza di questi miti emerge anche da alcuni sondaggi condotti in vari paesi negli scorsi anni. Negli Stati Uniti, circa il cinque per cento della popolazione è convinto che l’uomo non sia mai andato sulla Luna; nel Regno Unito la percentuale sale al 16 per cento; in Italia il 20 per cento (incluso l’ex deputato del Movimento Cinque Stelle Carlo Sibilia); in Russia addirittura il 49 per cento.
Più l’evento storico si allontana, insomma, più si cementa il mito complottista.
Del resto, una delle caratteristiche delle teorie del complotto è proprio quella di agire retroattivamente, seminando dubbi e distorcendo la memoria collettiva.
Tra l’altro, chiosa Godwin sul Guardian, “abbiamo molto meno fiducia in noi stessi” rispetto agli anni Sessanta. Crediamo molto meno a quello che vediamo, e l’idea che in passato siamo riusciti a compiere una tale impresa ora ci sembra quasi impossibile.
C’è infine un ultimo elemento che indirettamente incide sulla circolazione delle teorie lunari: il mutamento dell’immaginario collettivo sullo spazio, e più in generale sul futuro.
L’esplorazione spaziale è sempre più un affare privato e dipendente dal volere di ultraricchi e tecno-oligarchi.
I Bezos, i Branson e i Musk parlano di “civiltà multiplanetaria” e ammiccano alla letteratura fantascientifica, ma in realtà fanno soltanto i loro interessi: ossia trasformare la Luna in una destinazione turistica di lusso, oppure prepararsi a scappare su Marte e abbandonare la Terra – e tutti noi – al proprio destino.
Articoli e cose notevoli che ho visto in giro
Il nuovo segretario alla salute Robert Kennedy Jr. vuole spedire le persone che soffrono di dipendenza in “fattorie del benessere” dove potranno curarsi coltivando “cibo organico” (Kiera Butler, Mother Jones)
Donald Trump e Elon Musk hanno rispolverato la teoria del complotto del “genocidio” ai danni degli afriker in Sudafrica, allineandosi con i gruppi più estremi che difendono l’apartheid (Chris McGreal, Guardian)
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Notizia poco credibile.
Nonna: lo ha detto il TG 1/4/ latelevisione
Rose Villain e i Gen X: l'ho visto sui social.
Cambia generazione, rimane boccalone
Rose chi? 🤣