La notte che bruciammo le antenne del 5G
La paura delle onde elettromagnetiche ha sempre accompagnato l’umanità, ma con il 5G ha raggiunto un picco inesplorato – e lo ha fatto anche grazie alla pandemia.
Benvenute e benvenuti alla puntata #6 di COMPLOTTI!, la newsletter sulle teorie delle complotto che ti porta dentro la tana del Bianconiglio.
La tecnologia 5G, che ha iniziato a essere implementata nel 2019, è a dir poco controversa. Anche se pensiamo che non ci sia nulla di pericoloso, nel nostro cervello c’è come un sussurrio che ripete: fa male; frigge il cervello; forse c’entra qualcosa con la pandemia. E questo perché, specialmente nel corso del 2020, le teorie del complotto sul 5G sono diventate ubique.
Tutti le abbiamo sentite o viste da qualche parte – in piazza, da un amico/a, oppure nel meme della “zia Carmela”. Ma vediamo come siamo arrivati fino a questo punto.
Prima di partire, segnalo che il 21 gennaio ho fatto una diretta Instagram con Matteo Cavallaro di YouTrend su QAnon e i potenziali sviluppi del movimento dopo la fine della presidenza Trump (è un tema su cui conto di tornare più avanti).
(Questa puntata è stata pubblicata anche su Valigia Blu, che ha lanciato un crowdfunding per sostenere l'edizione 2021. Il link per donare si trova qui. )
Un Natale a Nashville
Qualche ora prima dell’alba del 25 dicembre 2020, i residenti di un quartiere centrale di Nashville (capitale del Tennessee, negli Stati Uniti) sono svegliati dal frastuono di alcuni colpi di arma da fuoco e da una voce computerizzata che proviene dall’altoparlante di un camper, parcheggiato sulla Second Avenue North di fronte all’edificio della compagnia telefonica AT&T.
I poliziotti, giunti tempestivamente sul posto, assistono a una scena surreale. “Tutti gli edifici della zona devono essere evacuati”, ripete la voce. “State lontani da questo veicolo, tra quindici minuti esploderà una bomba”. Gli agenti iniziano ad evacuare l’area mentre l’altoparlante trasmette pezzi della canzone Downtown di Petula Clark.
Alle 6 e 30 in punto il camper salta in aria, devastando tutto ciò che si trova nelle sue vicinanze. “È tremato l’intero quartiere” racconta al New York Times una residente che abita a qualche isolato di distanza. “Non riesco a togliermi quelle immagini dalla testa.” La fornitura di gas nell’area viene staccata e linee dell’AT&T vanno fuori uso, costringendo l’aviazione a fermare i voli dall’aeroporto di Nashville.
L’esplosione ferisce otto persone e causa un morto – l’attentatore stesso. Le forze dell’ordine lo identificano in Anthony Warner, un 63enne di Antioch (una città nel Tennessee). L’uomo era già segnalato dall’ex fidanzata nel 2019, e i vicini l’hanno descritto come un “eremita”. Uno di loro, parlando con la CNN, ricorda che qualche giorno prima di Natale Warner gli aveva confidato che “diventerò così famoso che Nashville non si dimenticherà mai di me”.
Nei momenti iniziali il movente rimane avvolto nel mistero: l’uomo non ha nulla a che fare né con l’AT&T, né con la zona. A gennaio del 2021, alcuni conoscenti ricevono un pacco spedito da Warner che contiene due penne usb e un manoscritto di nove pagine in cui si menzionano – tra varie cose – teorie del complotto sull’11 settembre, il “falso allunaggio” e i rettiliani.
Secondo varie testate, l’Fbi starebbe indagando su possibili legami con un'altra teoria: quella sulla pericolosità della tecnologia 5G. Le autorità locali hanno fatto notare che, nei mesi precedenti, almeno tre ripetitori in Tennessee usati dal dipartimento statale della salute erano stati danneggiati. L’assessore alla sanità Jeff Long, riferendosi proprio a questi episodi, aveva detto che “in questo paese abbiamo un problema con la rete 5G”.
Ma gli Stati Uniti non sono di certo l’unico paese ad avere questo problema. Tra la fine dell’inverno e la primavera del 2020, gli attacchi alle antenne telefoniche si sono verificati in Olanda, Irlanda, Cipro, Belgio, Svezia, Finlandia, Francia e anche Italia; a Maddaloni, provincia di Caserta, migliaia di famiglie sono rimaste senza la connessione Internet per alcuni giorni dopo l’incendio di alcune antenne 3G e 4G.
Nel Regno Unito il fenomeno ha assunto parecchia intensità: solo tra l’11 e il 12 aprile sono state danneggiate circa venti antenne – numero arrivato a cinquanta alla fine del mese. Anche i lavoratori e gli operai delle compagnie telefoniche sono stati minacciati e intimiditi.
A giugno Michael Whitty, un 47enne di Liverpool, è stato condannato a tre anni di reclusione per l’incendio di un ripetitore della Vodafone: era genuinamente convinto che si trattasse di 5G (non lo era) e che fosse nocivo per la sua famiglia. “La sua reazione è stata sbagliata e sproporzionata,” ha dichiarato il suo avvocato Andrew Alty, “ma solo il tempo ci dirà se la sua convinzione sia giusta o sbagliata”.
Dal “raggio della morte” alle “onde letali” del microonde
A proposito di tempo: come ha ricostruito il ricercatore Giovanni Gugg in un paper intitolato “The tower is burning”, la paura delle onde elettromagnetiche e della telefonia senza fili ha accompagnato l’umanità sin dalla comparsa di queste tecnologie.
Già all’inizio del 1900, nell’ambito di un simposio tenutosi a Los Angeles, il dottore Albert Soiland parlava di “radiofobia”. Nel corso degli anni Venti del secolo scorso, numerosi articoli giornalistici attribuivano alla radio disastri naturali come siccità, alluvioni, tifoni e terremoti (anticipando le teorie del complotto più recenti sull’installazione militare Haarp); altri individuavano nelle onde radio la causa dei divorzi, di inspiegabili morie di volatili e addirittura di “strani” comportamenti adolescenziali.
Nel decennio successivo si era diffusa una leggenda metropolitana destinata ad avere un grande successo nella cultura popolare: il “raggio della morte” di Guglielmo Marconi. Secondo le voci, prima di morire l’inventore della radio stava lavorando ad un’arma segreta che Mussolini avrebbe usato per cambiare il corso della guerra – una sorta di versione italiana delle Wunderwaffen, le “armi-meraviglia” dei nazisti.
Nel corso della Guerra Fredda il panico si era poi spostato sulle radiazioni, sui tralicci dell’elettricità e sui primi elettrodomestici di massa – tra cui phon, televisioni e forni microonde. Nei primi anni Duemila è stato invece il turno dei cellulari e del Wi-Fi, le cui onde invisibili sono state associate ad una nuova malattia (non riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità) chiamata “elettrosensibilità”.
Le stesse argomentazioni, sfociate in alcuni casi in azioni dirette di danneggiamento, sono tornate in auge con l’implementazione di ogni nuova generazione di telefonia mobile – e dunque con la rete 3G, 4G e infine 5G, accusate pure di essere strumenti di sorveglianza occulta, o di lavaggio del cervello, in mano a potenti organizzazioni segrete.
Non sorprendentemente, le rassicurazioni delle istituzioni sanitarie e della comunità scientifica sono sempre cadute nel vuoto. Prendiamo l’ultimo arrivato, il 5G: nel marzo del 2020, dopo uno studio durato sette anni, la Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non-Ionizzanti (ICNIRP) ha affermato di non aver trovato prove della sua pericolosità. Anche la Commissaria alla salute dell’Unione Europea ha ribadito che l’esposizione ai campi elettromagnetici è inferiore ai limiti raccomandati dal Consiglio europeo.
Tuttavia, è proprio in quel mese che la teoria del complotto sul 5G è esplosa in tutto il mondo. Per il Guardian si è infatti verificata una “tempesta perfetta”, che ha combinato elementi preesistenti (come i gruppi locali di attivisti anti-5G e un’inadeguata comunicazione pubblica da parte delle compagnie telefoniche) con la nuova, drammatica realtà della pandemia di coronavirus.
Allo scattare dei primi lockdown, quindi, i timori sul 5G si sono saldati con quelli sul virus – amplificandosi a dismisura e dando vita all’ennesimo spin-off di una tecnologia umana che causa, o quanto meno aggrava, le malattie infettive.
La fusione tra il 5G e la pandemia di coronavirus
L’origine della correlazione tra 5G e coronavirus, come spesso accade con le teorie del complotto, è decisamente improbabile. Il primo a parlarne è il sito francese complottista Les moutons enragés (“Le pecore arrabbiate”), che in un articolo pubblicato alla fine di gennaio 2020 parla di un presunto collegamento tra le “onde millimetriche” e la Covid-19.
Nel medesimo periodo, sul quotidiano belga Het Laaste Nieuws compare un’intervista ad uno sconosciuto medico di base dal titolo eloquente: “Il 5G è pericoloso e nessuno lo sa”. Il dottore, rimasticando speculazioni già apparse altrove, afferma che il primo focolaio a Wuhan è scoppiato contestualmente all’installazione delle antenne 5G: non può essere una coincidenza.
L’articolo viene rimosso dal sito, ma resta online il tempo sufficiente per attecchire nei gruppi Facebook degli attivisti anti-5G olandesi – per poi passare nei corrispettivi anglosassoni. A quel punto la crescita diventa esponenziale, alimentata dai video su YouTube che raccolgono centinaia di migliaia di visualizzazioni, i post di svariati influencer e celebrità, e i documentari sul tema (ben sette) di Russia Today.
(Un documentario di VICE sugli attivisti anti-5G nel Regno Unito.)
Più la teoria si diffonde, più emergono varianti. Un’inchiesta di Wired ne ha contate almeno cinque: il 5G indebolisce il sistema immunitario e rende più letale la Covid-19; i ripetitori del 5G provocano direttamente la malattia; i lockdown in realtà sono una copertura per installare i ripetitori del 5G; George Soros e Bill Gates finanziano il 5G e lo inseriscono di nascosto nei vaccini; il 5G fa parte di un piano di sterminio voluto dagli Illuminati e dal Nuovo Ordine Mondiale.
Negli Stati Uniti e in Europa, inoltre, le manifestazioni contro le misure di sanità pubblica vedono una nutrita partecipazione degli aderenti al movimento anti-5G. Nel Regno Unito, ad esempio, associazioni come Stand Up X mettono in piedi decine di presidi insieme ad antivaccinisti, estremisti di destra e seguaci di QAnon.
Una dinamica simile si verifica in Italia – in particolare durante un evento a Roma del 2 giugno del 2020, organizzato dai Gilet Arancioni dell’ex generale dei carabinieri Antonio Pappalardo. In quell’occasione, una manifestante sintetizza l’intera teoria in questo modo:
Quando Conte telefona a Bill Gates, prendendo 140 milioni, decide di iniettare il mercurio nelle nostre vene, collegate ai 5G…e diventeremo dei piccoli robot. Se tu vuoi ammazzarmi, basta alzare la temperatura del mio corpo e io muoio.
La teoria del complotto sul 5G va però oltre le proteste di strada: penetra anche nella politica. Per restare nella Penisola, tra marzo e maggio 2020 vengono approvate ben 209 ordinanze comunali (da Nord a Sud) per bloccare l’installazione delle antenne di ultima generazione, con motivazioni che spesso ricalcano il manifesto dell’Alleanza italiana Stop 5G. Fino a quel momento, secondo i calcoli di Wired Italia, gli atti amministrativi erano appena 53.
Insomma: come dice Josh Smith, ricercatore presso l’istituto demografico britannico Demos, il coronavirus “ha creato le condizioni ambientali ideali” per l’espansione di una teoria che ha la capacità di spalmarsi sull’intero spettro politico - dentro si può scorgere un vago messaggio anticapitalista, oppure una difesa libertaria della proprietà individuale - nonché quella di additare un colpevole per la situazione angosciante in cui siamo piombati da un quasi un anno a questa parte.
Contro il mondo moderno
Al di là della pandemia, il nucleo profondo delle teorie sul 5G riguarda soprattutto il nostro rapporto con la tecnologia.
“Anche se cambiano i dispositivi, le paure rimangono le stesse”, sostiene Kaitlyn Tiffany su The Atlantic, “ossia che le radiazioni degli oggetti che usiamo ci stanno distruggendo e il mondo moderno è un errore madornale”.
Di sicuro, negli ultimi 50 anni siamo stati inondati di prodotti tecnologici che hanno assunto una rilevanza cruciale nelle nostre vite, ma su cui sappiamo ben poco – e quello che si legge in giro è comunque terrificante – e non abbiamo praticamente alcun controllo.
Nel caso del 5G, questo assunto è ancora più evidente: che lo vogliamo o meno, l’installazione delle antenne è già iniziata e sarà completata senza il nostro coinvolgimento. Quasi come se si trattasse di un fenomeno naturale inarrestabile, verso il quale non abbiamo armi efficaci – a parte il fuoco sulle antenne, che secondo Giovanni Gugg ha un valore simbolico e catartico.
Le teorie del complotto sul 5G, alla fine, sono principalmente un tentativo cognitivo di sopperire a questo sentimento di impotenza. Anche perché, come ha scritto l’epidemiologo Geoffrey Kabat, cercare un nesso causale tra le onde elettromagnetiche e le malattie gravi negli esseri umani è quasi una forma di pareidolia; nel senso che ognuno può vederci quello che vuole.
Ed è per questo che, molto probabilmente, sul tema aleggerà sempre un sospetto di fondo che nemmeno la scienza potrà fugare una volta per tutte.
Articoli e cose notevoli che ho visto questa settimana:
Com’è facile nel gorgo di QAnon: la storia della 57enne Valerie Gilbert, la “regina dei meme” del movimento (Kevin Roose, New York Times)
La fine della presidenza Trump sta mettendo alla prova come non mai la fede dei seguaci di QAnon (Ej Dickson, Rolling Stone)
Perché ci piacciono così tanto le teorie del complotto? Perché soddisfano esigenze psicologiche radicate e impossibili da sopprimere (Greg Miller, Knowable Magazine)
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La prossima settimana parlerò della teoria del complotto sui rettiliani. Nonostante sia una teoria abbastanza vecchia e molto screditata, negli ultimi mesi è inaspettatamente rispuntata fuori – insieme al suo inventore, David Icke.