Sotto il segno dello Sciamano
Come un attore fallito dell’Arizona si è conquistato un posto nella storia, diventando il volto dell’assedio al Congresso americano.
Benvenute e benvenuti alla puntata #36 di COMPLOTTI!, la newsletter sulle teorie delle complotto che ti porta dentro la tana del Bianconiglio.
Anzitutto mi scuso per questa prolungata assenza, ma è stato un periodo segnato da un gravissimo lutto familiare e non ho avuto il tempo materiale – né la lucidità mentale – di scrivere di certi argomenti, al di là di quanto dovevo fare per lavoro.
Ho comunque continuato a portare avanti la promozione del libro, e in queste settimane sono uscite molte recensioni e interviste su diversi media. Nelle storie sul mio profilo Instagram c’è una rassegna in continuo aggiornamento, mentre qui sotto potete vedere il breve servizio che la trasmissione di Rai 3 Quante Storie ha dedicato a Complotti!.
Questa puntata, invece, sarà la prima di una mini-serie sull’assalto al Congresso del 6 gennaio del 2021, di cui tra poco ricorre il primo anniversario. Per il resto buon inizio dell’anno, sperando che il 2022 sia migliore del 2021 e del 2020.
Come Gesù, Gandhi e Martin Luther King
“Sei diventato il volto dell’assedio, vero?”
È il 17 novembre del 2021 e il giudice Royce Lamberth del Distretto di Columbia si rivolge così a Jacob Chansley, lo “sciamano di QAnon” che il mondo intero ha conosciuto il 6 gennaio del 2021.
Jake Angeli (uno degli pseudonimi usati dall’ex attore 34enne dell’Arizona) è molto diverso da come l’abbiamo visto quel giorno: non ha volto dipinto con i colori della bandiera Usa, non regge in mano una bandiera americana, né tanto meno indossa il famigerato copricapo di pelliccia con le corna.
Ora ha una tuta verde e siede nel banco degli imputati nella corte distrettuale di Washington D. C., accusato di svariati reati. “Quello che hai fatto è orrendo,” continua Lamberth, “anche se il tuo pensiero è cambiato sotto molti aspetti”.
L’avvocato di Chansley, Albert Watkins, sottolinea nell’arringa difensiva che il suo assistito ha intrapreso “un’evoluzione personale” in prigione. Durante le prime settimane, ad esempio, ha sperato di essere graziato dall’ex presidente Trump – rimanendo deluso dal fatto di non averla ricevuta. Il legale sostiene che Chansley si è dissociato dalle azioni compiute durante l’assedio, e che vuole pagare per quello che ha fatto poiché crede “nella legge e nell’ordine”.
Lo stesso “Sciamano” lo ribadisce nel corso delle sue dichiarazioni spontanee, durate tre quarti d’ora, in cui chiede il patteggiamento. “Gli uomini d’onore ammettono di essersi sbagliati, e io ho sbagliato a entrare nel Campidoglio,” spiega al giudice Lamberth. “Non ci sono scuse di nessun tipo. Ma [non sono un terrorista], sono solo un tizio a posto che ha infranto la legge”.
Per mostrare di essere cambiato Chansley afferma di ispirarsi a Gandhi e Gesù Cristo, esprimendo il desiderio di “voler condurre la loro vita”; una convinzione, dice, maturata durante il periodo dell’isolamento.
L’accusa – guidata dalla procuratrice Kimberly Paschall – non si mostra troppo convinta della conversione dello “Sciamano”, facendo notare che “se l’imputato fosse stato pacifico quel giorno, non saremmo qui”.
Ricordando le azioni di quella giornata, tra cui l’invasione dell’aula del Senato e le minacce rivolte all’allora vicepresidente Mike Pence, Paschall chiede una pena di 51 mesi di reclusione – la più alta chiesta finora nei confronti dei circa 700 assalitori indagati e/o a processo.
Una sanzione del genere, precisa la procuratrice, è necessaria per lanciare un messaggio a chiunque “voglia danneggiare questa città, questo paese e questa democrazia, al di là del suo credo, delle sue opinioni o del suo orientamento politico; e il messaggio è il seguente: non fatelo”.
Al termine dell’udienza il giudice Lambert condanna Chansley a 41 mesi di reclusione, accettando la richiesta di patteggiamento ed elogiando il contegno tenuto al processo. “Credo che il tuo rimorso sia sentito e genuino”, aggiunge, “e che una parte delle tue dichiarazioni spontanee siano accostabili a quello che diceva Martin Luther King”.
Anche l’avvocato Watkins esprime una moderata soddisfazione, dicendo che per lo “Sciamano” è “arrivato il momento di cominciare il suo viaggio verso la libertà. E non la libertà dalla prigione, ma dai problemi psichici che lo affliggono [all’uomo sono state diagnosticate ansia, depressione e il disturbo schizotipico di personalità]”.
Chansley, conclude il legale, “deve iniziare il suo viaggio dentro sé stesso”.
Ma è comunque istruttivo ripercorrere l’altro viaggio dell’uomo – quello che l’ha portato, per l’appunto, a essere il simbolo dell’insurrezione.
Uno Sciamano nella Storia
Come ha scritto il filosofo Jules Evans in un’ottima analisi pubblicata lo scorso anno su Medium, lo “Sciamano” ha incarnato più di ogni altri l’aspetto conspirituale dell’assedio al Congresso.
Della conspiritualità ne ho parlato diverse volte in questa newsletter. Il termine è stato coniato dalla ricercatrice Charlotte Ward e dal ricercatore David Voas nel 2011, in un articolo pubblicato sul Journal of Contemporary Religion: per loro, si tratta di una sovrapposizione tra il pensiero complottista e la spiritualità – soprattutto quella New Age.
Gli aderenti, dicono Ward e Voas, si rifanno a una filosofia radicata principalmente su due convinzioni: “che sia un gruppo occulto che segretamente controlla, o cerca di controllare, l’ordine politico e sociale”; e che “la coscienza collettiva dell’umanità sia prossima a un grande ‘cambiamento di paradigma’”.
Chansley, in base al suo profilo Facebook e al suo libro autopubblicato One Mind at a Time, rientrava appieno in questa corrente. In una specie di autobiografia postata sul social network, si definiva uno “sciamano, un curatore energetico, un oratore, un autore […], un guerriero metafisico e un servo del Divino Creatore” che “ha lavorato nel campo della salute comportamentale per oltre sei anni e intrapreso il percorso sciamanico da più di un decennio”.
Parlando con il podcast New Age Cosmic Gaia, Chansley ha sostenuto di vendere delle “bende” che hanno curato il tumore al fegato del padre e sono ottime per il “detox”, la “circolazione dell’energia” e per “prevenire invecchiamento, emicranie, dolori”.
Inoltre, lo “Sciamano” credeva contemporaneamente a tante cose diverse – tra cui quella di essere un alieno, o come diceva lui “un essere stellare” – e sembrava incapace di distinguere tra finzione e realtà. Buona parte della sua visione del mondo, scrive Evans, era influenzata da film come Matrix, Guerre Stellari e Capitan America.
L’“ottimismo mistico” di Chansley aveva però un lato decisamente oscuro: la tendenza a vedere forze oscure – demoni, streghe e pedofili satanisti – dietro ogni evento politico.
Ed è qui che QAnon si è inserito con estrema facilità, diventando la teoria perfetta per la “mente fragile e indifesa” di Chansley. Per Evans, infatti, il movimento complottista è qualcosa che ha dato alla sua “personalità instabile un significato, un’identità, una comunità e un pubblico”.
Allo stesso tempo QAnon ha rappresentato un percorso di radicalizzazione politica – arrivato fino alle estreme conseguenze, ossia l’assedio al Congresso – che è andato in parallelo con l’aspetto spirituale della, chiamiamola così, dottrina dello “Sciamano”. In un’intervista al Washington Post, ad esempio, Chansley aveva descritto così l’insurrezione a Washington D. C.:
Sotto molti aspetti, quello che abbiamo fatto il 6 gennaio è stata un’evoluzione nelle nostre coscienze, perché abbiamo marciato per strada gridando “USA” o cose come “libertà”. Così facendo siamo riusciti a modificare il regno quantico.
Naturalmente, pur essendo un simbolo di quella giornata, Chansley non è nemmeno lontanamente uno degli attori principali. È piuttosto, come dice Evans, qualcuno che si è trovato a “vagare per gli annali della storia americana”.
E qui arriviamo al punto: anche finora se lo “Sciamano” ha ricevuto la pena più alta, la sua responsabilità è infinitamente inferiore rispetto a quella di chi stava molto più in alto di lui - cioè alla Casa Bianca.
Il colpo di stato su Powerpoint
Dopo la sconfitta alle elezioni del novembre del 2020, Donald Trump si è circondato di avvocati esagitati come Sidney Powell e Lin Wood, cospirazionisti duri e puri (come Mike Lindell, l’amministrato delegato di un’azienda di cuscini) e un manipolo di parlamentari repubblicani disposti a tutto pur di compiacere il capo.
L’obiettivo era chiarissimo: rovesciare con ogni mezzo possibile il risultato elettorale, diffondendo teorie di ogni tipo – dai cinesi che avrebbero hackerato il sistema di conteggio dei voti postali, fino all’interferenza del governo italiano e di Matteo Renzi (!), passando per altre fantasiose cazzate su inesistenti brogli del partito democratici. Com’è emerso da una recente inchiesta del New York Times, il dipartimento di giustizia è stato letteralmente “bombardato” di reclami di questo tipo.
A orchestrare i tentativi trumpiani c’era il capo dello staff della Casa Bianca, Mark Meadows, recentemente messo sotto accusa per oltraggio al Congresso dalla commissione parlamentare sull’assedio al Campidoglio.
Prima che smettesse di collaborare con le indagini, Meadows aveva presentato alla commissione d’inchiesta un Powerpoint di 38 pagine, girato il 5 gennaio – il giorno prima dell’attacco – tra lo staff dell’amministrazione. Intitolato “Election Fraud, Foreign Interference & Options for 6 Jan” (“Brogli elettorali, interferenze straniere e opzioni per il 6 gennaio”), di fatto è un manuale per fare un colpo di stato.
Tra le varie “opzioni”, infatti, c’erano la proclamazione dell’emergenza nazionale, la dichiarazione dell’invalidità del voto elettronico in tutti gli stati e l’ostruzionismo di Pence nel certificare il risultato elettorale.
Insomma: quel PowerPoint, ricorda la politologa Ruth Ben-Ghiat nella sua newsletter Lucid, è a tutti gli effetti la prova di complotto.
Solo pochi cospiratori, incluso l’allora presidente Trump, dovevano esserne a conoscenza; è soltanto grazie ai meccanismi della giustizia democratica e parlamentare, e al lavoro della stampa, se è venuto fuori – di certo non tramite teorie inverificabili di sorta.
Quel documento è importante anche da un punto di vista politico: dimostra in maniera inequivocabile che il 6 gennaio è stato sia “auto-golpe” che una specie di “operazione di salvataggio” di Trump, interamente costruita sul culto della personalità dell’ex presidente.
Lo stesso Meadows ha sempre cercato di difendere Trump, ridimensionando il suo ruolo nell’assalto; peccato però che quel PowerPoint faccia a pezzi ogni suo precedente affermazione.
La verità è che Trump e i suoi scagnozzi sapevano tutto, e hanno fregato lo “Sciamano” e gli altri assalitori che si sono bevuti le loro balle, hanno agito in base a quelle menzogne, e alla fine si sono ritrovati ad affrontare le conseguenze completamente da soli.
Articoli e cose notevoli che ho visto questa settimana:
È scoppiato un focolaio di Covid-19 a un convegno complottista negli Stati Uniti, ma i partecipanti dicono di essere stati colpiti da un attacco di antrace (David Gilbert, VICE)
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