C’è un giudice a Norimberga
Come lo storico processo di Norimberga ai gerarchi nazisti è diventato un feticcio per gli antivaccinisti e gli scettici della pandemia.
Benvenute e benvenuti alla puntata #31 di COMPLOTTI!, la newsletter sulle teorie delle complotto che ti porta dentro la tana del Bianconiglio.
Eccezionalmente questa puntata esce domenica, perché tra una cosa e l’altra ieri non sono riuscito a finirla: ero al primo festival di Iconografie XXI, un progetto curato da Mattia Salvia (seguitelo su Instagram e comprate le riviste). Il mio intervento si può vedere qui.
A ogni modo, oggi affronterò il mito di una “nuova Norimberga” che da un anno e mezzo a questa parte viene invocato in diverse piazze del mondo.
Tutti appesi
Nell’autunno del 2020, nel pieno della seconda ondata pandemica che ha colpito il Regno Unito, lo studente 21enne Sebastian Shemirani riceve una chiamata dal fratello. “Sebastian, penso che abbiamo un grosso problema,” dice. “La mamma ha 40mila follower su YouTube.”
A quel punto, ha raccontato alla BBC, “mi è cascata la mascella, perché avevo capito subito cosa stava succedendo.”
La madre, l’ex infermiera Kate Shemirani, è sempre stata attirata dalle teorie del complotto. Il figlio ricorda che, già dall’età di dieci anni, doveva sorbirsi video su YouTube su presunte cospirazioni globali o leggere libri sui rettiliani.
Con l’esplosione dell’epidemia di Covid-19, la fissa per queste teorie l’ha trasformata in una stella del movimento anti-lockdown e antivaccinista britannico. Attraverso i video del suo canale YouTube e i comizi a Trafalgar Square, Shemirani ha sostenuto – tra le varie cose – che il coronavirus non esiste e che il governo sta pianificando un “genocidio di massa” in combutta con la Cia.
Il 24 luglio del 2021, sempre durante una manifestazione a Londra, si è spinta decisamente oltre paragonando i medici e il personale sanitario del National Health Service (NHS) ai gerarchi e agli scienziati nazisti, tirando in ballo il processo di Norimberga.
In quest’ultimo, ha declamato Shemirani dal palco, “i dottori e gli infermieri che erano alla sbarra sono finiti impiccati.”
Comprensibilmente, frasi del genere hanno sollevato non poche polemiche. Il sindaco di Londra Sadiq Khan ha definito “terrificanti” le dichiarazioni dell’ex infermiera, dicendo che i dipendenti del NHS sono “gli eroi di questa pandemia”. Pat Cullen, segretario generale del Royal College of Nursing, ha sottolineato che durante l’emergenza “il personale si è dovuto confrontare con comportamenti aberranti” e che “commenti del genere possono mettere a rischio gli operatori”.
Tuttavia, quelle di Shemirani non sono dichiarazioni isolate. In Europa, negli Stati Uniti e anche in Australia l’equiparazione tra i medici in prima linea contro la pandemia e quelli nazisti è stata una costante nelle manifestazioni anti-restrizioni, e il processo di Norimberga è stato evocato più e più volte.
In uno dei tanti presidi organizzati dalla galassia antivaccinista e “No Green Pass” a Roma, ed esempio, si è invocata “una Norimberga” per “i virologi come Ilaria Capua, Roberto Burioni e Matteo Bassetti,” accusati a vario titolo di “alimentare un clima d’odio contro i non vaccinati”.
A Treviso, la presidente dell’ordine degli infermieri Samanta Grossi è stata raggiunta da messaggi registrati di minacce in cui si diceva che “Norimberga ci sarà anche per te: ci vorranno mesi, anni, ma avremo la nostra vendetta. Tanti auguri”.
Anche i vaccini sono accostati alle atrocità del Terzo Reich: in particolare, violerebbero il Codice di Norimberga. Tale Codice è menzionato in una recente “lettera dei sopravvissuti Shoah all’Ema” (l’Agenzia europea per i medicinali), circolata sui social e ripresa da vari siti di “controinformazione”, in cui si chiede l’interruzione della somministrazione dei vaccini anti-Covid. Il testo esordisce così:
noi, i sopravvissuti delle atrocità commesse contro l’umanità durante la Seconda Guerra Mondiale, sentiamo il dovere di seguire la nostra coscienza e scrivere questa lettera. È per noi ovvio che un nuovo Olocausto di maggiore entità sta avvenendo di fronte ai nostri occhi. La maggior parte della popolazione mondiale non si rende ancora conto di cosa stia succedendo.
Naturalmente, si tratta di un falso plateale. “I reduci della Shoah non costituiscono una rete e non firmano collettivamente appelli,” ha specificato l’Osservatorio Antisemitismo della Fondazione CDEC, “appelli che poi banalizzano fortemente la Shoah.”
Ma come mai il riferimento a Norimberga è diventato così pervasivo negli ultimi tempi, aumentando ancora di più d’intensità dopo l’inizio della vaccinazione di massa? Per capirlo, è utile ripercorrere brevemente la storia.
Il processo del secolo
Che alla fine della Seconda Guerra Mondiale si sarebbe tenuto un processo contro i nazisti era piuttosto pacifico; il problema era su quali basi giuridiche farlo. Il nodo venne sciolto l’8 agosto del 1945 a Londra, quando le potenze alleate siglarono la nascita del Tribunale militare contro i crimini di guerra.
Accanto a capi d’accusa già esistenti come “crimini contro la pace” e “crimini di guerra”, si aggiunsero i “crimini contro l’umanità” e la “cospirazione contro la pace” con i quali condannare il piano del Terzo Reich nel suo insieme – non solo i singoli crimini.
Per la storica Vanessa Roghi su Internazionale, era infatti necessario mostrare all’opinione pubblica che il conflitto aveva avuto un “senso profondo”: quello della “battaglia del bene contro il male assoluto”.
Il primo processo iniziò il 20 novembre del 1945 e fu quello più noto, perché alla sbarra c’erano figure di primo piano del regime hitleriano. In tutto se ne tennero complessivamente 12, e le persone imputate furono 185.
Uno dei procedimenti secondari più significativi fu quello contro Karl Brandt – l’inventore del programma nazista sull’eugenetica – e altri 19 medici dei Reich (più altri 3 imputati). I resoconti, i documenti e le testimonianze raccolte dall’accusa sono orribili, e mettono in fila i terrificanti esperimenti inflitti ai prigionieri dei lager.
Per testare i limiti dell’ipossia da altitudine, ad esempio, duecento prigionieri di Dachau furono richiusi in camere che simulavano le condizioni atmosferiche a più di 20mila metri; morirono in 80, mentre gli altri furono colti da convulsioni.
E ancora: migliaia di prigionieri vennero invece infettati con malattie infettive per sperimentare ipotetici vaccini. Si sperimentavano inoltre veleni e armi chimiche. Ferdinand Holl, kapò del lager di Neuengamme, raccontò in aula che
I prigionieri venivano spogliati completamente ed entravano nel laboratorio uno dopo l'altro. Io dovevo tenergli ferme le braccia, mentre un medico ci strofinava sopra qualche goccia di iprite, il cosiddetto gas mostarda, che provoca terribili ustioni. Poi dovevano aspettare in piedi con le braccia aperte anche dieci ore, forse più, finché le ferite da bruciatura non iniziavano a ricoprire tutto il corpo, progressivamente raggiunto dai fumi del gas. Alcune persone divennero cieche. I dolori e i lamenti erano così tremendi che non era possibile stare vicino alle vittime. Le aree bruciate venivano fotografate. Il quinto o sesto giorno ci fu il primo morto. Fu dissezionato: i suoi organi interni erano stati completamente erosi.
Il procedimento terminò il 20 agosto del 1947: le assoluzioni furono sette, mentre il resto degli imputati venne condannato. Sette medici, tra cui Brandt, vennero giustiziati.
Dal cosiddetto “processo ai dottori” nacque poi il Codice di Norimberga, articolato in dieci punti. Il primo sancisce che “il consenso volontario è assolutamente essenziale”; altri stabiliscono che l’esperimento scientifico deve essere condotto in modo tale da “evitare ogni sofferenza o lesione fisica o mentale” non necessaria, e che dovrà fornire “risultati utili al bene della società”.
In sostanza, il Codice di Norimberga traccia una netta linea di demarcazione tra la sperimentazione medico-scientifica e la tortura, affermando che la medicina non può essere usata per annientare le persone.
Ma torniamo ai giorni nostri. Da quando è iniziata la campagna di vaccinazione anti-Covid la propaganda antivaccinista ha martellato sul fatto che i vaccini, in quanto “terapia sperimentale” (no, non lo è), violerebbero i principi del consenso informato e della sperimentazione contenuti nel Codice.
Chiaramente, come ha notato la giornalista Pippa Allen-Kinross sul sito Full Fact, esistono altre linee guida sulle sperimentazioni umana; nessuna però è associata alle atrocità naziste, e dunque non è in grado di provocare la stessa “reazione emotiva”.
Il messaggio – nemmeno troppo implicito – è che la vaccinazione anti-Covid è quanto meno accostabile agli orrori dei lager, e che il personale sanitario che inietta il preparato non è troppo diverso da Brandt e dai medici del Terzo Reich.
La Rosa Bianca antivaccinista
L’ovvio corollario è che chiunque si opponga alla vaccinazione – o ai lasciapassare sanitari – diventa automaticamente un partigiano antifascista.
Non a caso, negli ultimi mesi sono comparsi in varie parti del mondo degli adesivi in bianco nero che hanno slogan del genere: “I nazisti avevano una frase per coprire i loro abusi: ‘è per il tuo bene’”; “anche la gente in Germania negli anni ‘40 non si era accorta di essere stata manipolata dai media e dal governo”; “Pensa che per non prenderti un raffreddore rischi una trombosi”.
Questi adesivi sono realizzati da un gruppo di antivaccinisti britannici che si fa chiamare “The White Rose” (la Rosa Bianca), e ha spudoratamente adottato il nome del gruppo antinazista cristiano guidato da Hans e Sophie Scholl – entrambi uccisi dal regime.
Gli antivaccinisti della “Rosa Bianca” si vedono come delle moderne incarnazioni di Sophie Scholl, e – si legge nel sito – “come la Rosa Bianca tedesca, invitiamo le persone a opporsi alla tirannia del Covid”.
In realtà, anche se professano di essere degli “attivisti indipendenti” interessanti soltanto alla “libertà di scelta” e a “disseminare una contronarrazione al costante bombardamento sul Covid”, gruppi come la “Rosa Bianca” finiscono inevitabilmente nell’antisemitismo.
La giornalista Mira Fox ha notato su Forward che il loro canale Telegram (che conta quasi 46mila iscritti) contiene subdoli riferimenti ai classici stereotipi antisemiti – dall’esistenza di una “Cabala” planetaria fino alla cospirazioni finanziarie dei “globalisti”. Inoltre, sul canale vengono promosse pseudoscienze come la “Nuova Medicina Germanica” di Geerd Hamer, che tra le varie cose sostiene che la medicina “ufficiale” sia un complotto degli ebrei per decimare il resto della popolazione.
Come nel caso delle stelle di David e le appropriazioni della simbologia dell’Olocausto, di cui avevo già parlato tempo fa, anche nel mito di una “nuova Norimberga” c’è una clamorosa inversione di senso della storia.
Sempre per Vanessa Roghi, il procedimento ha un valore storico e morale così importante perché è stata la prima volta in cui delle vittime hanno “puntato l’indice contro i propri carnefici”.
Ovviamente, qui le “vittime” sono soltanto immaginarie; e il grande paradosso è che a chiedere una “nuova Norimberga” ci sono pure gli eredi politici di quelli che, all’epoca, sedevano sul banco degli imputati.
Articoli e cose notevoli che ho visto questa settimana:
Un lungo approfondimento sul movimento antivaccinista in Serbia e la sua stretta relazione con l’estrema destra (Marija Vucic, Balkan Insight)
Dei ricercatori hanno parlato con QAnon in persona, ossia un software di intelligenza artificiale (Twitter)
In Francia, due monaci sono stati arrestati mentre cercavano di danneggiare un ripetitore 5G (BFMTV)
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