Qualcuno pensi ai bambini
Dall’“ideologia gender” al “grooming”, passando per Vannacci, le teorie del complotto omolesbobitransfobiche sono in terribile ascesa.
Benvenute e benvenuti alla puntata #72 di COMPLOTTI!, la newsletter sulle teorie del complotto che ti porta dentro la tana del Bianconiglio.
Finora ero riuscito a resistere: non avevo mai nominato il cognome con la V in questo spazio. Tuttavia, ora che il famigerato generale si è candidato con la Lega, non posso fare a meno di occuparmene. Ma come vedrete, partendo da lui arriveremo subito a una teoria ben più seria - e pericolosa - del personaggio in sé.
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Non pensare al Vannacci
Non bisogna aver letto George Lakoff per capire che il manifesto del Partito Democratico in cui si intima di ignorare il generale Roberto Vannacci – con tanto di scritta a caratteri cubitali “IGNORALO” – è comunicativamente una catastrofe.
Lo è perché un candidato di punta della Lega non si può davvero ignorare; non è che una cosa che scompare a comando. E lo è anche, e soprattutto, per un altro motivo: Vannacci i suoi nemici non li ignora affatto – a partire da quelli del Partito Democratico.
All’inizio di maggio, nel corso di una trasmissione televisiva, il candidato ha detto in faccia al deputato del PD Alessandro Zan che “lei come omosessuale non rappresenta la normalità”. Poco dopo ha calato il carico, esclamando che “non è vero che omossessuale si nasca, non è assolutamente vero” (e invece sì, è assolutamente vero).
Quella dell’“anormalità” delle persone omosessuali è un’ossessione bruciante per Vannacci: sono mesi – e mesi, e mesi, e mesi – che ripete questa tesi a reti praticamente unificate.
Per il militare, infatti, sono le persone a scegliere di essere gay. È questa scelta, pertanto, a porle al di fuori della “normalità”. Come ha fatto notare il giornalista Simone Alliva sull’Espresso, il ragionamento del candidato leghista può essere riassunto così:
Chi non vuole essere discriminato in quanto gay può sempre smetterla di esserlo. Ma se sceglie di esserlo […] non può venire a lamentarsi perché lo discriminano dato che sapeva benissimo in cosa si stava cacciando quando "l'ha scelto". Per fare in modo che la discriminazione nei suoi confronti finisca - cioè se vuole sposarsi o tenersi il lavoro o avere dei figli - può sempre smettere di essere gay.
In altri interventi Vannacci ha specificato che questa scelta non è mai realmente volontaria, e che comunque – se proprio lo si vuole – può essere invertita con apposite cure, ossia le atroci “terapie di conversione” (che sono illegali in diversi paesi).
Al Corriere della Sera, ad esempio, ha spiegato che imprecisate “lobby” e “gruppi di pressione sui vari temi, dai gay all’ideologia green” vogliono “destrutturare la società, perché una società destrutturata è più facile da guidare”; vogliono pure “sfasciare la famiglia”, così “i singoli individui consumano di più”; e vogliono influenzare i bambini con la “massiccia esposizione di modelli omosessuali”.
Secondo Vannacci, dunque, sarebbe in atto una subdola e gigantesca operazione di indottrinamento. Ovviamente, non è l’unico a pensarlo; è in ottima compagnia.
Diversi esponenti dell’attuale maggioranza – come Lorenzo Fontana della Lega, Lucio Malan e Federico Mollicone di Fratelli d’Italia – si sono scagliati contro il fantomatico “indottrinamento dei bambini” portato avanti attraverso il ddl Zan, la Barbie, i film della Disney e addirittura Peppa Pig (sì, Peppa Pig). Anche Giorgia Meloni, prima di diventare presidente del consiglio, si era lamentata così durante un comizio: “Dire che Babbo Natale è gay, la fatina di Cenerentola è gay, Superman è gay, Batman è gay non è modernità. È indottrinamento”.
Come si vede, Vannacci è uno dei tanti terminali attraverso cui passa l’assalto ai diritti delle persone LGBTQIA+.
E non si tratta di un assalto episodico; è un qualcosa di radicato e profondo, che negli ultimi anni si è coagulato – sia in Italia che altrove – attorno a uno spauracchio ben preciso: quello dell’“ideologia gender”.
La creazione di una nuova crociata
Sebbene l’espressione sia ormai pervasiva e data per acquisita, la sua origine è relativamente recente.
Come hanno ricostruito vari saggi – ne cito tre su tutti: L’ideologia gender è pericolosa di Laura Schettini; La crociata “anti-gender” di Sara Garbagnoli e Massimo Prearo; e L’ipotesi neocattolica di Prearo – “l’ideologia gender” è stata letteralmente costruita a tavolino dal Vaticano intorno alla metà degli anni Novanta.
La categoria del “gender”, infatti, comincia a essere criticata in due convegni Onu: la Conferenza Internazionale sulla Popolazione e lo Sviluppo, tenutasi al Cairo nel 1994; e la Conferenza mondiale sulle donne, svoltasi a Pechino del 1995.
In entrambe le conferenze sono presenti delegati vaticani e attivisti antiabortisti. Tra questi figura Dale O’Leary, una militante ultracattolica vicina all’Opus Dei nonché esponente di alcune associazioni che promuovono le “terapie riparative” (si torna sempre lì, in un modo o nell’altro).
O’Leary è l’autrice di un pamphlet di 30 pagine intitolato Gender: The Deconstruction of Woman, che fa circolare a Pechino. Il testo è un attacco serrato a quelle che la militante chiama “femministe del genere”, che a suo avviso vorrebbero “abolire la natura umana” negando le differenze biologiche tra uomo e donna.
Il pamphlet arriva all’attenzione dell’allora cardinale Joseph Ratzinger, che si mostra molto recettivo sul tema. E così, nel 2003 il Vaticano pubblica il Lexicon – un dizionario enciclopedico in cui per la prima volta si disegnano i contorni dell’“ideologia gender”.
Il risultato, scrive la studiosa Sara Garbagnoli, è un “discorso sessista, anti-femminista e omotransfobo” che sfregia e demonizza le teorie femministe e queer che studiano le “forme di naturalizzazione delle norme sessuali”, e mira altresì a screditare le “rivendicazioni giuridiche e politiche portate avanti dai movimenti femministi e LGBTQIA+”.
Il Vaticano non si limita però a delegittimare i propri avversari: costruisce da zero una vera e propria crociata morale.
“L’ideologia gender”, infatti, diventa immediatamente una “categoria di mobilitazione politica”. Su impulso delle gerarchie cattoliche – dal Papa in giù, per intenderci – nasce così un composito movimento “anti-gender” transnazionale, che raccoglie al suo interno vecchi gruppi antiabortisti e nuove formazioni neocattoliche, nonché leader ed esponenti dei partiti della destra radicale populista.
Sul campo, la crociata contro “l’ideologia gender” assume forme prevalentemente paranoiche e cospirative.
Il pericolo “gender” è dappertutto, si annida in ogni pertugio della società.
Per gli “anti-gender”, infatti, le istituzioni nazionali e internazionali sono in mano a una potentissima “lobby gay” (chiamata anche “Gaystapo”) che trama nell’ombra per scardinare la famiglia “naturale”, sdoganare pratiche sessuali estreme, legalizzare la pedofilia e, sopra ogni cosa, plagiare bambini e bambine per renderli gay – o, peggio ancora, transgender.
Vecchi stereotipi per un nuovo panico morale
Nel mondo anglosassone, specialmente negli Stati Uniti, l’opposizione all“ideologia gender” assume tinte particolarmente radicali, fondendosi – tra le varie cose – con la teoria del complotto di QAnon.
Negli ultimi anni l’estrema destra, i seguaci qanonisti e pezzi rilevanti del Partito repubblicano hanno lanciato un’ossessiva campagna contro il grooming, ossia l’adescamento di minori. In sostanza, l’intera comunità LGBTQIA+ sarebbe segretamente impegnata a plagiare minori per soddisfare i loro perversi istinti sessuali.
E lo farebbe tutto il tempo, in ogni luogo: nelle scuole; negli asili; nelle biblioteche; nelle libreria; a Disneyland; negli ospedali pubblici; nelle cliniche private; nelle pizzerie; e persino nel Congresso. Letteralmente ovunque.
In tutto ciò, i groomer sarebbero coperti – o addirittura coadiuvati – dalle alte sfere del Partito democratico. Come ha scritto la deputata trumpiana Marjorie Taylor Greene, saremmo di fronte a una formazione politica che “uccide bambini, adesca e transiziona bambini, e promuove politiche pro-pedofilia”.
Sempre restando negli Stati Uniti, il massimo dell’ostilità è riversato sulle persone queer e transgender.
Nonostante siano meno dell’1 percento della popolazione, ricorda la scrittrice Julia Serano in questo ottimo pezzo, vengono descritte come “una cricca onnipotente che ha preso possesso dei media, della sanità, della scienza e dell’istruzione”.
Questo potere occulto verrebbe naturalmente esercitato a fini malevoli, sia per “contaminare bambini puri e vulnerabili” (guarda caso sempre bianchi e cristiani) che per “insidiare le donne negli spogliatoi o in altri spazi sessuali segregati” - due fobie che non trovano alcun riscontro nella realtà.
E ancora: il percorso di affermazione di genere (che la Lega in Italia vuole sostanzialmente vietare) sarebbe una truffa di Big Pharma; la lobby dei medici vorrebbe rimpiazzare le “donne biologiche” con “donne costruite a tavolino”, cioè uomini con le sembianze di donne; e ricchi finanzieri, guarda caso ebrei, starebbero segretamente creando un “futuro transumanista”.
Serano associa “l’ideologia gender” alla mentalità complottista anche per un’altra ragione: chi ci crede è alla perenne ricerca di “pistole fumanti” in grado di provare la cospirazione.
Questo succede soprattutto sui social media, dove esistono account seguiti da milioni di persone (come Libs of TikTok) dediti a smascherare la presunta influenza nefasta delle persone transgender sulla vita pubblica; oppure interi filoni cospirazionisti come quello delle “transvestigazioni”, secondo cui politici e celebrità cisgender sarebbero in realtà transgender.
Sebbene questo panico morale sia provocato da una minaccia fantasmatica – quella dell’“ideologia gender”, per l’appunto – le ricadute sono assolutamente reali e si traducono in leggi discriminatorie, manifestazioni estremiste, molestie, minacce e aggressioni fisiche.
Per tornare alla questione iniziale: è evidente che non si possono sottovalutare queste teorie, né tanto meno ignorare i suoi proponenti. Anche se vorremmo far finta che non esistano, con loro purtroppo bisogna farci i conti.
Articoli e cose notevoli che ho visto in giro
“Catastrofisti”, “gretini”, “ecofollie”: un glossario minimo del negazionismo climatico (Antonio Scalari, Facta)
Un’inchiesta congiunta tra varie testate su RadioGenoa, l’account su X che ormai è diventato il megafono dell’estrema destra globale (Luc Van Bakel e Daan Nicolay, VRT NWS)
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ma tra il vannacci e quelli del gender non c’è una via dj mezzo?
Serano non é certamente imparziale e comunque ha una visione molto americana. Della Cass review ne hanno parlato tutti i giornali e tv. La BBC ha una spiegazione chiara, e come testata giornalistica non é solita a cedere a complottismi (per stare nel tema della newsletter 😉)