Da Pepe The Frog a Gigi D'Agostino
Come l’estrema destra tedesca si è presa i giovani a colpi di meme e remix razzisti su TikTok.
Benvenute e benvenuti alla puntata #82 di COMPLOTTI!, la newsletter sulle teorie del complotto che ti porta dentro la tana del Bianconiglio.
L’idea che un partito tedesco di estrema destra usi a fini propagandistici una canzone dance con un titolo francese composta da un italiano sembra controintuitiva, giusto? Be’, nient’affatto: questa è la sorte toccata ad alcuni brani di Gigi D’Agostino. Oggi pertanto mi occuperò di questa apparente anomalia, che in realtà nasconde una strategia ipercontemporanea e pure piuttosto raffinata.
Prima di partire, segnalo una mia intervista su Controra di Stefania Pecere che parla di questa newsletter: si può leggere qui.
Come sempre, ricordo che è uscito il mio ultimo saggio Le prime gocce della tempesta. Si può acquistare nelle librerie (quelle indipendenti sono sempre da preferire) e nei negozi online. Sul mio profilo Instagram trovate una rassegna stampa aggiornata e le date delle presentazioni, che aggiorno man mano.
Bla Bla Bla
Fino a qualche mese fa, L’amour toujours e Bla Bla Bla erano due celebri canzoni del dj italiano Gigi D’Agostino – due hit suonate nei club di tutto il mondo e ballate da generazioni intere.
Ora, per un crudele scherzo del destino, sono diventate altro. Ma altro per davvero: ossia due inni dell’estrema destra tedesca (e non solo tedesca).
È iniziato tutto lo scorso maggio, quando sui social è iniziato a circolare un video girato nel locale Pony a Sylt, un’isola tedesca nel mare del Nord. Nella clip in questione si vedono diversi giovani ballare sulle note de L’amour toujours e intonare l’espressione “Deutschland den Deutschen, Ausländer raus” (“la Germania ai tedeschi, fuori gli stranieri”) – uno slogan utilizzato dai neonazisti tedeschi negli anni Ottanta e Novanta.
Nelle riprese spunta anche un ragazzo che alza il braccio a mo’ di saluto nazista e tiene due dita sotto il naso, facendo un chiaro riferimento ai baffetti di un famigerato pittore austriaco.
Come aveva sottolineato il giornalista Matern von Boeselager su Der Spiegel, il caso non era affatto isolato. La versione razzista de L’amour toujours rimbalzava già da tempo tra “le feste in spiaggia nello [stato dello] Schleswig-Holstein, le parate di carnevale in Baviera e i festival di paese in Sassonia”, nonché in diversi video su TikTok e altre piattaforme.
Il meme era poi diventato talmente popolare da non necessitare di spiegazioni e nemmeno dello slogan neonazista associato: bastavano le note. Tant’è che, dopo Sylt, L’amour toujours è stato messo alle feste di partito di Alternative für Deutschland, degli Svedesi Democratici e di Reform UK.
Di fronte a questa appropriazione lo stesso Gigi D’Agostino ha espresso il suo sconcerto, avvertendo però che “anche se la vietano le persone possono comunque cantare cose orribili” e “scegliere un’altra canzone e un’altra ancora”.
E purtroppo, è andata esattamente così con Bla Bla Bla.
Nelle ultime settimane è circolato moltissimo un remix con un ritornello storpiato a supporto di Alternative für Deutschland, che recita: “AfD Deutschland braucht die AfD, Nur die AfD” (“La Germania ha bisogno di AfD, solo di AfD”).
Su TikTok, in particolare, è partito un trend virale a cui hanno partecipato centinaia di utenti – in larga parte giovani donne – che consiste nel ballare sopra le note del brano remixato.
Alcuni di questi video hanno raggiunto decine di migliaia di like e centinaia di migliaia di visualizzazioni, a riprova del fatto che il dirottamento “post-ironico” della cultura pop paga sia a livello comunicativo che – come vedremo in seguito – politico-elettorale.
Nazismo non ironico mascherato da nazismo ironico
Partiamo dal primo livello comunicativo: in un certo senso, la parabola delle canzoni di Gigi d’Agostino ricalca quella di Pepe the Frog, la rana antropomorfa che per diversi anni è stata la mascotte dell’estrema destra statunitense.
La storia è nota, ma vale la pena ripercorrerla velocemente.
Pepe è apparso per la prima volta nel 2005 nel fumetto “Boy’s Club” di Matt Furie, diventando poi la base di molti meme di 4chan. Quest’ultimi sono rimasti a lungo innocui e hanno riscontrano un grande successo su Internet, finendo per essere ripresi anche da alcune celebrità (su tutte Katy Perry e Nicki Minaj).
Il meme si era dunque normieficato, perdendo la sua originalità. E così, intorno alla fine del 2015, su 4chan si è provato a “recuperare” il meme rendendolo il più tossico possibile. È a quel punto che si è creata l’associazione con il nazismo: Pepe è apparso in divisa delle SS, mentre sfoggia simboli nazisti o pronuncia slogan negazionisti dell’Olocausto.
Nello stesso periodo ha iniziato a prendere quota l’alt-right, un movimento principalmente online che racchiudeva al suo interno molte anime: paleoconservatori, misogini, estremisti di destra, suprematisti bianchi, neonazisti complottisti, islamofobi, antisemiti e persone contrarie al “politicamente corretto”, troll e sostenitori di Donald Trump.
Pepe è stato adottato come simbolo dell’alt-right, e di conseguenza è stato inglobato dalla campagna di Trump. L’ex presidente ha retwittato dal suo profilo Twitter un meme di lui stesso con le fattezze della rana antropomorfa, dando legittimazione politica al tutto.
Nel settembre del 2016 il cerchio si è chiuso: sia la campagna di Hillary Clinton che la Anti-Defamation League hanno descritto Pepe come un “simbolo d’odio”. A nulla sono serviti i tentativi di Matt Furie di uccidere figurativamente il suo personaggio: ormai era sfuggito totalmente al suo controllo.
Proprio come le canzoni di Gigi D’Agostino.
Ecco: la trasformazione di Pepe è indicativa di una più ampia strategia riassumibile con la formula del just joking (“stavo solo scherzando”), che l’alt-right ha sempre impiegato a piene mani per invocare il cosiddetto “diniego plausibile”: si promuovono discorsi xenofobi ed estremisti, lasciandosi però aperta la possibilità di negare di averlo fatto.
Il metodo è stato rivendicato e caldeggiato da uno dei principali animatori del movimento: Andrew Anglin, un neonazista statunitense che nel 2013 ha fondato il sito The Daily Stormer (il titolo è un omaggio al settimanale nazista Der Stürmer).
In una guida all’alt-right scritta e pubblicata da lui nel 2016, Anglin ha messo nero su bianco che
quando si usano insulti razzisti, lo si dovrebbe fare con aria semischerzosa, come quando si fa una battuta razzista di cui tutti ridono perché è vera. […] Il tono dovrebbe essere leggero. Il lettore profano non dovrebbe essere in grado di dire se stiamo scherzando o no.
L’obiettivo finale, chiosa Anglin, è quello di promuovere una forma di “nazismo non ironico mascherato da nazismo ironico”.
E in effetti, come ha scritto la semiologa Valentina Pisanty nel saggio I guardiani della memoria, questo tipo di ironia è “un formidabile cavallo di Troia con cui riportare in circolo contenuti ferocemente razzisti fino a poco fa ritenuti impronunciabili in pubblico”.
Il “partito TikTok”
E qui arriviamo al secondo piano, quello politico-elettorale.
La popolarità dei remix razzisti di Gigi D’Agostino è anche e soprattutto la riprova della crescente attrattività di Alternative für Deutschland per le fasce più giovani della popolazione tedesca.
I sondaggi lo testimoniano elezione dopo elezione. Alle europee dello scorso giugno, il 16 per cento degli under 25 ha votato AfD – un incremento di ben 11 punti percentuali rispetto alle europee del 2019, dove si era fermato al 5 per cento. Alle consultazioni statali in Turingia, Sassonia e Brandeburgo il partito è risultato di gran lunga il preferito tra gli under 30.
Stando a diverse analisi e reportage, questi risultati sarebbero anche il frutto dell’investimento massiccio del partito su TikTok – una piattaforma utilizzata da più del 50 per cento della fascia d’età tra i 14 e i 29 anni, che da lì ricava le informazioni sull’attualità e sulla politica.
E i contenuti politici su TikTok, come ha rilevato un recente studio dell’Università di Potsdam, sono dominati da AfD.
I loro video sono visualizzati ben nove volte di più rispetto agli altri partiti, anche grazie alla struttura decentralizzata del partito sulla piattaforma: non c’è un singolo profilo centrale ma diversi profili ufficiali, quelli dei singoli politici e una vasta rete di account (anche falsi) che amplifica la propaganda.
Un altro studio, condotto da ricercatori dell’Università di Lipsia, ha sottolineato che l’AfD funziona su TikTok perché è riuscita a creare una sorta di “universo parallelo”, in cui la società tedesca è messa in pericolo da determinate minacce.
Le principali sono quattro: l’insicurezza finanziaria, la politica estera (su tutte la guerra in Ucraina), il restringimento delle libertà personali e l’immigrazione. Per ciascuna di queste, chiaramente, il principale responsabile è l’attuale coalizione di governo formata dal Partito Socialdemocratico, i Verdi e il Partito Liberale Democratico.
L’AfD, prosegue lo studio, “utilizza strategicamente TikTok per minare la fiducia nelle istituzioni e rafforzare la propria credibilità, convogliando la frustrazione e l’insoddisfazione [nei confronti del governo federale] e offrendo ai giovani un’alternativa semplice”.
Così facendo alimenta “un senso di comunità” che al contempo intercetta un bisogno profondo di stabilità. Secondo lo psicologo Rüdiger Maas, infatti, “molti giovani [tedeschi] sono preoccupati dal futuro e credono che le loro vite peggioreranno sul lungo termine. Per questo stanno cercando un partito che possa fungere da perno della società, e che per loro possa essere una scelta sicura e credibile”.
Sempre su TikTok, inoltre, il partito è anche riuscito anche in un’altra impresa: ribaltare completamente la sua immagine pubblica.
Agli occhi dell’utente medio non appaiono come estremisti antidemocratici – designati come tali dall’Ufficio federale per la protezione della Costituzione – che si incontrano di nascosto con esponenti neonazisti per discutere piani di “remigrazione” di migranti e cittadini tedeschi “non assimilati”; né tanto meno come politici che riabilitano le SS naziste sostenendo che è sbagliato “generalizzare”.
Tutt’altro: video dopo video, i membri del partito si presentano come persone comuni, alla mano e genuinamente interessate ai problemi dei giovani – che ovviamente promettono di risolvere una volta al potere.
E spesso e volentieri, per l’appunto, questi video hanno come colonna sonora le canzoni di Gigi D’Agostino.
Articoli e cose notevoli che ho visto in giro
Come l’intelligenza artificiale, QAnon e le notizie false stanno plasmando la campagna elettorale statunitense (Stuart A. Thompson, New York Times)
I post di Elon Musk pieni di falsità sulle prossime presidenziali statunitensi hanno raggiunto più di un miliardo di visualizzazioni (Center for Countering Digital Hate)
Ma i complottisti credono nelle teorie del complotto che diffondono? Una ricerca sostiene che non sempre lo fanno (H. Colleen Sinclair, The Conversation)
Se ti è piaciuta questa puntata, puoi iscriverti a COMPLOTTI! e condividerlo dove vuoi e con chi vuoi. Quelle precedenti sono consultabili nell’archivio.
Mi trovate sempre su Instagram, Threads, Twitter, TikTok e Bluesky, oppure rispondendo via mail a questa newsletter.
E' spaventosa questa deriva, credo ormai incontrollabile. Non voglio riferirmi allo schieramento politico, perchè è un'arma già in mano a ogni fazione, però è davvero micidiale l'effetto a tappeto che può avere, simile a quello che unisce i complottisti, etc etc..