Lo spettro della “remigrazione”
L’estrema destra tedesca vuole deportare milioni di persone dalla Germania, inclusi i cittadini “non assimilati”.
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Quando un gruppo di tedeschi di estrema destra si riunisce privatamente in un hotel, ecco, di solito non ne viene mai fuori nulla di buono. È una regola che valeva negli anni Quaranta del Ventesimo secolo, e che – come vedremo – vale ancora adesso nel Ventunesimo secolo.
Prima di partire, ricordo sempre che nelle storie del mio profilo Instagram c’è la rassegna stampa aggiornata di Complotti!. Il libro si può acquistare dal sito di minimum fax, in libreria e negli store online.
Piano Madagascar 2.0
Il 10 gennaio del 2024 la testata Correctiv ha rivelato che alcuni membri del partito di destra radicale Alternative fur Deutschland (AfD) si sono riuniti con degli esponenti di movimenti neonazisti e di estrema destra, nonché con alcuni finanziatori.
L’incontro è avvenuto il 25 novembre del 2023 a Potsdam, vicino Berlino. Secondo l’inchiesta, i circa trenta partecipanti hanno discusso un piano di deportazione di massa di richiedenti asilo, persone immigrate e addirittura cittadini tedeschi “non assimilati” – cioè quelli di seconda o terza generazione; cioè, per dirla brutalmente, quelli non bianchi.
Questo piano è stato presentato da Martin Sellner, un attivista di 35 anni che ha fondato la sezione austriaca di Generazione Identitaria, un movimento nato in Francia nel 2012 e sciolto nel 2021.
Sellner è uno dei volti moderni dell’estrema destra globale: è molto abile sui social network, ha una certa appetibilità mediatica ed è legato a figure influenti del suprematismo bianco anglosassone.
Nel 2019 è emerso che Brenton Tarrant, l’attentatore di Christchurch, aveva fatto diverse donazioni a lui e sezioni locali di Generazione Identitaria.
Il suo nome ha fatto capolino anche nelle cronache italiane. Nel 2017 era il capitano della missione navale “Defend Europe” che doveva ostacolare le operazioni di soccorso delle Ong nel Mediterraneo centrale.
Nonostante il gran battage mediatico e le dichiarazioni altisonanti, l’epopea della C-Star (questo il nome della nave noleggiata dagli identitari) si è conclusa in modo tragicomico: l’Ong Sea-Eye ha dovuto dare assistenza all’imbarcazione, che era rimasta bloccata in alto mare per un’avaria.
Ma torniamo al piano discusso da Sellner e dai leader dell’AfD.
Secondo l’identitario, le deportazioni dovrebbero andare avanti per anni e coinvolgere almeno due milioni di persone, che sarebbero poi trasferite in qualche imprecisato “stato modello” dell’Africa.
Questo preciso riferimento geografico ha echi storici inquietanti. Come hanno notato i giornalisti di Correctiv il progetto ricorda in maniera sinistra il cosiddetto “piano Madagascar” del 1940, che contemplava il trasferimento forzoso di quattro milioni di ebrei in Madagascar.
Tuttavia, e qui entriamo nel cuore contemporaneo della proposta, Sellner e i partecipanti della riunione di Potsdam non hanno mai usato i termini “deportazione” o “espulsione” – termini duri e sgradevoli che rimandano a pratiche violente.
Hanno usato un’altra parola, apparentemente neutra e sconosciuta ai più: remigrazione.
Quando arriveremo, loro partiranno
L’espressione indica il ritorno – forzato o meno – delle persone “non europee” ai loro paesi d’origine.
Il concetto non l’ha però inventato l’estrema destra tedesca, ma quella francese. All’inizio degli anni Novanta, sui manifesti elettorali del Front National campeggiava infatti lo slogan “Quand nous arriverons, ils partiront!” (“quando arriveremo, loro partiranno”).
A partire dagli anni Dieci del Duemila è stato poi adottato e sistematizzato dagli identitari. Uno dei primi a utilizzarlo è stato il militante Laurent Ozon – che nel 2013 ha lanciato il “Movimento per la remigrazione” – seguito a ruota dai membri del Bloc Identitaire e di Generazione Identitaria.
Come ha spiegato il politologo Jean-Yves Camus, la “remigrazione” è strettamente collegata alla teoria del complotto razzista della “sostituzione etnica”, secondo la quale l’immigrazione sarebbe in realtà una forma mascherata di genocidio delle popolazioni “autoctone” (ossia bianche e cristiane).
La “remigrazione”, secondo il ragionamento degli identitari, sarebbe dunque una soluzione pacifica per invertire il flusso migratorio e salvare l’Europa e i suoi valori, evitando – tra le varie cose – di far sprofondare il vecchio continente in una sanguinosa guerra civile.
Il problema è che in questa “inversione migratoria” ci finirebbero anche persone che sono nate e cresciute in Europa, la cui unica colpa è quella di avere la pelle (o la religione) sbagliata.
Insomma: dietro a un neologismo a prima vista innocuo c’è un intento razzista e velatamente genocidario, perché l’obiettivo finale della “remigrazione” è quello di avere un “etno-stato” bianco ripulito dalle impurità.
Lungi dal rimanere confinato all’interno del recinto identitario, il concetto si è esteso anche ad altre parti dell’estrema destra e della destra radicale – oltrepassando quel rigido steccato ideologico nel corso di due tornate elettorali.
Nel 2019, ad esempio, la lista Ligne Claire ha inserito la “remigrazione” nel loro programma. Nonostante i risultati deludenti, ha scritto la ricercatrice Marion Jacquet-Vaillant, la copertura mediatica di quella formazione ha comunque portato il termine all’attenzione dell’opinione pubblica.
Durante la campagna per le presidenziali del 2022, il candidato Eric Zemmour – uno dei maggiori propagandisti della “sostituzione etnica” – ne ha parlato estensivamente, arrivando addirittura a proporre la creazione di un “ministero per la remigrazione”.
Alla fine del quinquennio, annunciava trionfante il polemista, sarebbero stati espulsi milioni di “clandestini”, “delinquenti”, “criminali”, “fiché S” (le persone schedate come potenziale minaccia per la sicurezza dello stato) e “tutta la gente che non vogliamo più tra i piedi”.
Dov’è che abbiamo già sentito frasi del genere?
Remigrazionisti di tutta Europa, unitevi!
Esatto: eccoci di nuovo al progetto discusso da AfD, Sellner e altri estremisti.
Com’era prevedibile, la pubblicazione dell’inchiesta ha sollevato un grosso putiferio politico – vuoi per i rimandi al passato, vuoi per l’ampiezza della platea delle persone da espellere.
Il cancelliere Olaf Scholz ha parlato di “grave minaccia per la democrazia”, mentre il vice-cancelliere Robert Habeck ha detto che AfD vuole “trasformare la Germania in uno stato autoritario”.
Dal canto loro, i vertici del partito di destra hanno preso le distanze dall’incontro a Potsdam; e pure quelli che hanno partecipato si sono affrettati a dire che l’avevano fatto a titolo personale (una circostanza messa in dubbio dalla stampa tedesca).
Al tempo stesso c’è chi, all’interno della formazione politica, ha esplicitamente rivendicato il piano. Il deputato René Springer ha scritto su X che “spediremo a casa loro milioni di stranieri. Non è un piano segreto, è una promessa”.
Negli ultimi giorni, intanto, decine di migliaia di persone sono scese nelle piazze di varie città tedesche per protestare contro AfD e l’estrema destra. Si è poi tornati a parlare della possibilità di bandire il partito – una misura astrattamente possibile, ma difficile da implementare e dalle conseguenze politiche e sociali del tutto imprevedibili.
Stando ai sondaggi, infatti, AfD è il secondo partito tedesco dietro la CDU con il 24 per cento dei consensi. In alcune parti del paese, soprattutto nell’est, la percentuale sale addirittura al 36 per cento.
Al di là della polemica interna alla Germania, una cosa è certa: il concetto di “remigrazione” è stato definitivamente sdoganato a livello europeo. Non è più qualcosa di indicibile o marginale.
Al contrario: sempre più governi europei di destra – e non – stanno provando a implementare soluzioni di questo tipo.
Nel Regno Unito è stata approvata la legge per trasferire i richiedenti asilo in Ruanda mentre viene esaminata la loro domanda d’asilo. In Italia si è cercato di fare una cosa simile con la proposta di costruire centri di detenzione per i migranti in Albania. In Francia è stata recentemente approvata una legge sull’immigrazione talmente sbilanciata a destra che Marine Le Pen l’ha definita una “vittoria ideologica”.
Non è finita qui: lo stesso Scholz, lo scorso ottobre, ha promesso di “deportare su larga scala chi non ha il diritto di rimanere in Germania”.
Come si vede, insomma, la proposta di Potsdam è molto meno isolata ed estrema di quanto possa apparire a prima vista. E per parafrasare un famoso detto, si può dire che uno spettro si aggira per l’Europa – lo spettro della remigrazione.
Articoli e cose notevoli che ho visto in giro
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