Biglietti di sola andata
Una campagna razzista di AfD rievoca le pagine più buie della storia tedesca, mentre la “remigrazione” sbarca anche in Italia.
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Se fino al 2024 la “sostituzione etnica” è stata la teoria del complotto unificante dell’estrema destra globale e dei terroristi suprematisti, con ogni probabilità il 2025 vedrà la consacrazione della “remigrazione”. Oggi parlerò di come questo concetto si è imposto nel linguaggio politico della Germania e dell’Italia.
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Abschiebeticket
A Karlsruhe, una città nel land tedesco di Baden-Württemberg, nei giorni scorsi diverse persone hanno trovato nella propria cassetta delle lettere uno strano volantino a forma di biglietto aereo.
Come luogo di partenza c’è la Germania, mentre la destinazione è un “paese sicuro di origine”. La data del “volo” è il 23 febbraio, il giorno in cui si svolgeranno le prossime elezioni anticipate; l’orario è alle 8, quello di apertura delle urne.
In basso campeggia la scritta “solo la remigrazione può salvare la Germania”.
In alto a sinistra c’è infine il logo di Alternative für Deutschland – il partito di estrema destra che i sondaggi danno in grande ascesa, intorno al 22 per cento.
Com’era prevedibile, quei falsi biglietti di espulsione hanno sollevato parecchie polemiche.
Il partito di sinistra Die Linke ha minacciato di denunciare la sezione locale di AfD per istigazione all’odio, visto che i volantini sarebbero stati distribuiti di proposito a persone con cognomi “stranieri”.
Il sindaco socialdemocratico di Karlsruhe Frank Mentrup ha detto che “con questa iniziativa AfD ha davvero oltrepassato ogni limite” e che “così si rischia di far crollare la coesione sociale”.
Dal canto suo, AfD ha ribadito che i volantini – di cui sono state stampate 30 mila copie – sono rivolti a tutto l’elettorato, senza distinzioni di sorta. La polizia di Karlsruhe ha comunque aperto un’indagine per sospetto incitamento all’odio.
Il sito t-online ha evidenziato che la mossa propagandistica di AfD è praticamente una copia di quanto aveva fatto nel 2011 il Partito Nazionaldemocratico di Germania (NPD), un partito neonazista che ora si chiama Die Heimat.
La sezione berlinese distribuì infatti dei falsi biglietti aereo di sola andata rivolti alle “persone che vogliono tornare a casa”, cioè i migranti. Nel volantino era inoltre scritto che bisognava fermare la “bastardizzazione” della Germania.
Due anni dopo, nel 2013, i biglietti vennero recapitati a “tutti i migranti a Berlino che si sono candidati alle elezioni federali”, con tanto di invito a lasciare il Paese “volontariamente”. All’epoca il responsabile locale di NPD, Sebastian Schmidtke, annunciò che i volantini sarebbero stati distribuiti anche ai candidati di AfD con origini straniere.
NPD si era a sua volta ispirato a una campagna antisemita nazista degli anni Trenta, che consisteva nel distribuire alle stazioni ferroviarie dei falsi biglietti di sola andata per Gerusalemme a persone di religione ebraica.
Dopo l’ascesa al potere di Adolf Hitler i biglietti vennero recapitati anche ai giocatori della squadra di calcio di Norimberga, accompagnati da una lettera in cui si intimava loro di lasciare la Germania.
La nuova parola d’ordine dell’estrema destra globale
La vicenda dei falsi biglietti aerei di AfD testimonia che il partito ha ormai adottato il termine “remigrazione”, che nel gergo estremista significa deportazione forzata di migranti (regolari o irregolari) e privazione dei diritti civili per i cittadini “non integrati” – cioè quelli non bianchi e non cristiani.
Durante il congresso del partito, tenutosi a Riesa l’11 gennaio 2025, la leader e candidata cancelliera Alice Weidel l’ha apertamente rivendicato parlando del suo piano di espulsioni di massa. “Se remigrazione si deve chiamare”, ha detto dal palco, “allora si chiamerà remigrazione”.
Si tratta di un netto cambiamento di rotta rispetto all’anno scorso, quando sia Weidel che il partito facevano finta di non sapere cosa fosse.
Nel gennaio del 2024, infatti, la testata tedesca Correctiv aveva rivelato che alcuni esponenti di AfD si erano incontrati con membri di movimenti neonazisti e identitari – tra cui l’austriaco Martin Sellner, che ora sta organizzando un “summit per la remigrazione” – nonché con alcuni finanziatori del partito.
Al raduno segreto si era discusso di un piano di “remigrazione” per espellere milioni di richiedenti asilo, persone immigrate e cittadini tedeschi “non assimilati” (quelli di seconda o terza generazione) presso un Paese africano ancora da individuare.
L’inchiesta aveva destato un enorme scandalo politico e generato proteste di massa sia per il contenuto in sé, sia per gli inquietanti rimandi storici: nel 1940 i dirigenti nazisti misero a punto il cosiddetto “piano Madagascar”, che prevedeva il trasferimento forzoso di quattro milioni di ebrei europei in Madagascar.
Subito dopo la pubblicazione dell’inchiesta, per l’appunto, Weidel aveva preso le distanze dai suoi colleghi di partito.
Ma era chiaramente una mossa di facciata, visto che il termine ha continuato a essere tranquillamente utilizzato da singoli esponenti e soprattutto dall’organizzazione giovanile Junge Alternative (con cui AfD ha tagliato da poco i rapporti perché considerata troppo estremista).
E non solo: sui poster di Thomas Rosspacher, candidato di AfD alle comunali di Stoccarda tenutesi nel maggio del 2024, era presente la frase “una rapida remigrazione crea lo spazio vitale” – un chiaro ammiccamento al Lebensraum nazista.
Nel settembre dello stesso anno, durante la campagna per le elezioni statali in Turingia, il partito aveva tappezzato le città di manifesti elettorali in cui compariva un aereo di linea sopra lo slogan “estate, sole, remigrazione”.
A ogni modo, come avevo già scritto nella puntata #84, la Germania non è l’unico paese in cui la “remigrazione” è diventata la nuova parola d’ordine preferita dall’estrema destra.
In Francia, il luogo d’origine del concetto di “remigrazione”, se ne parla ormai da dieci anni. Nel 2022 è stata una delle parole chiave della campagna presidenziale del polemista Eric Zemmour, che aveva promesso di istituire un “ministero per la remigrazione”.
In Austria la “remigrazione” fa parte della piattaforma politica ufficiale del Partito della Libertà d’Austria (FPÖ), mentre il suo leader Herbert Kickl è arrivato a chiedere l’istituzione di un “commissario europeo per la remigrazione”.
Anche Donald Trump l’ha menzionata durante la campagna elettorale per le presidenziali statunitensi. “Da presidente farò immediatamente cessare l’invasione dell’America da parte dei migranti”, aveva scritto il 23 settembre del 2024 su Truth Social, “e farò tornare a casa loro i clandestini di Kamala [Harris], un’operazione conosciuta anche come remigrazione”.
La “remigrazione” arriva anche in Italia
Ovviamente, in tutto ciò non poteva mancare l’Italia.
Il primo ad aver introdotto la “remigrazione” nel linguaggio politico italiano è stato Alessandro Corbetta, capogruppo leghista al consiglio regionale della Lombardia.
Commentando un video virale dei festeggiamenti di Capodanno in piazza Duomo a Milano – in cui alcuni giovani di seconda generazione hanno rivolto insulti all’Italia e alla polizia – Corbetta ha scritto il 2 gennaio 2025 su Facebook che “è fondamentale iniziare a discutere seriamente di remigrazione, ovvero il rimpatrio dei clandestini e dei criminali nei Paesi di origine, ma anche di quegli stranieri che scelgono deliberatamente di non volersi integrare”.
Il leghista ha poi ribadito che “è ora di rivedere il concetto di cittadinanza e di rafforzare le politiche di rimpatrio per chi non rispetta le leggi e la cultura del nostro Paese”, perché “le immagini di Capodanno a Milano fanno ben capire in che direzione stiamo andando”.
Dopo di lui è stato il turno di Andrea Delmastro, sottosegretario alla giustizia di Fratelli d’Italia, che ha ripreso un editoriale del giornale La Verità in cui si elogiava la “remigrazione”.
Poi è toccato al consigliere leghista lombardo Riccardo Pase, che in una card sui propri profili social ha invitato a cacciare “chi non vuole integrarsi”. Al coro si sono uniti anche i giovani della sezione milanese della Lega, che in un video hanno chiesto la “remigrazione” per “tutti coloro che decidono di non sposare i valori italiani, identitari e culturali del nostro paese civile”.
Qualche giorno più tardi, il deputato leghista Rossano Sasso ha detto alla Camera che “bisogna aumentare i rimpatri, bisogna sostenere le forze dell’ordine e bisogna dire a certi delinquenti che per loro l’unica soluzione è la re-mi-gra-zio-ne”.
Il 15 gennaio la trasmissione di Rete 4 Fuori dal Coro ha dedicato alla “remigrazione” una parte consistente della puntata.
Come ha annotato Jacopo Di Miceli, curatore di Osservatorio sul complottismo, la discussione è arrivata “dopo 45 minuti sui crimini degli immigrati e sui fatti di Capodanno a Milano […], cioè al culmine di un climax di indignazione e senso di perdita del controllo”.
Il conduttore Mario Giordano ha fatto spiegare il concetto a Aurelio Scaramella, sindaco leghista 22enne di Samolaco (in provincia di Sondria). “Remigrazione, remigrazione, remigrazione”, ha scandito Scaramella, “è una parola che sempre di più deve entrare nel nostro lessico quotidiano” poiché risponde all’esigenza che “nel nostro Paese arrivino persone che abbiano intenzione di lavorare e di integrarsi nel nostro tessuto sociale”.
Terminato il monologo, Giordano ha chiesto a Roberto Vannacci – presente in studio – cosa ne pensasse. “Io penso che [la remigrazione] sia necessaria in alcuni casi”, ha risposto l’ex generale ed europarlamentare eletto nelle file della Lega, diventando così il primo politico di peso ad appoggiarla.
Nell’arco di due settimane, insomma, un concetto che fino a poco fa era sconosciuto è stato completamente sdoganato in Italia. Solo che, a differenza di quello che vogliono far credere i leghisti – e gli altri partiti di destra che lo normalizzano – non si tratta di un concetto di “buon senso”.
La “remigrazione” è infatti strettamente collegata alla teoria razzista della “grande sostituzione”, che sostiene falsamente che l’immigrazione sia un complotto per sostituire “etnicamente” le popolazioni bianche.
Come ha sottolineato la ricercatrice Eviane Leidig, per l’estrema destra “la ‘grande sostituzione’ è la diagnosi della società, mentre la ‘remigrazione’ è la cura”.
E questa è un’evoluzione decisamente preoccupante: i bersagli non sono più soltanto i migranti, ma pure chi è nato qui e non è considerato abbastanza “italiano”, “tedesco” o “europeo”.
Articoli e cose notevoli che ho visto in giro
Uno studio dimostra che la disinformazione non è un fenomeno spontaneo o disorganizzato, ma una precisa strategia politica impiegata dalla destra radicale (Petter Törnberg e Juliana Chueri, The International Journal of Press/Politics)
Una ricostruzione dell’assurdo, folle e inquietante bromance tra il prossimo segretario alla salute Robert Kennedy Jr. e Alex Jones, il complottista più seguito al mondo (Dan Friedman e David Corn, Mother Jones)
La nuova politica di non-moderazione di Facebook colpirà soprattutto le donne e le persone della comunità LGBTQIA+ (Anna Toniolo, Facta)
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Comunque il fatto che ci siano giovani nati in Italia, di seconda o terza generazione, da genitori stranieri e che manifestano avversione e odio nei confronti del Paese e delle sue istituzioni, soprattutto verso le Forze dell'ordine, è una cosa inaccettabile, non è affatto un fenomeno da prendere sotto gamba così come pare stiano facendo il PD e altri partiti di sinistra così spinti da un buonismo irresponsabile, c'è troppa leggerezza e superficialità al riguardo. Avanti così e rischiamo di ritrovarci con un futuro pieno di tensioni sociali che potrebbero facilmente diventare incontrollabili. Accoglienza si ma mai senza controlli e soprattutto mai senza una buona dose di buon senso, ciò che invece pare stia decisamente mancando...