Premere il pulsante della pandemia per resettare il mondo
Secondo la teoria del “Grande Reset”, l'attuale crisi è stata pianificata per distruggere il capitalismo e la civiltà occidentale. Vediamo cosa c’è di falso, e se c’è qualcosa di vero.
Benvenute e benvenuti alla puntata #2 di COMPLOTTI!, la newsletter sulle teorie delle complotto che ti porta dentro la tana del Bianconiglio.
Spero che abbiate passato bene questo strano Natale; di sicuro, non è stato il giorno a cui eravamo abituati. Del resto, la pandemia ci ha costretto a ripensare a fondo al concetto di “normalità”: le cose che davamo per scontate sembrano fantascienza; quelle che pensavamo impossibili, ora sono la realtà quotidiana.
E chissà cosa ci riserverà il 2021. Nessuno può saperlo. O forse sì: qualcuno lo sa. Perché fin dall’inizio il piano era preparato fino ai minimi dettagli – e il coronavirus era semplicemente un pulsante da premere per far partire il “Grande Reset”.
Karl Marx a Davos
La comunità scientifica lo diceva da anni: una pandemia era questione di quando, non di se. Nel 2018 un gruppo di ricerca dell’Organizzazione Mondiale della Sanità aveva coniato il termine “malattia X”, avvertendo che “una grave epidemia internazionale potrebbe essere causata da un patogeno che attualmente non è noto per causare malattie negli esseri umani”. I coronavirus erano tra i principali candidati.
Avendo in mente questa eventualità, nell’autunno del 2019 a New York si è tenuta l’esercitazione virtuale Event 201: patrocinata dal Johns Hopkins Center for Health Security, dal World Economic Forum (Wef, che ogni anno organizza il forum di Davos) e dalla Bill & Melinda Gates Foundation, la simulazione riguardava proprio una pandemia di coronavirus, per valutarne gli effetti e le possibili contromisure.
Poco dopo, come sappiamo, la “malattia X” è arrivata per davvero: la Covid-19. E così Event 201, che all’epoca non si era filato nessuno, all’improvviso si è trasformata nella prova regina della pianificazione della pandemia. Da parte di chi? Naturalmente da Bill Gates e tutti gli altri complici, bramosi di rilasciare il flagello e decimare l’umanità.
C’è di più: il World Economic Forum l’ha addirittura rivendicato. Tra la fine di maggio e l’inizio di giugno - nel periodo dell’allentamento dei primi lockdown - è stata lanciata un’iniziativa chiamata “The Great Reset”, incentrata sul “ripristino” del capitalismo nel mondo post-Covid.
Oltre al sito e una serie di video promozionali, il Wef ha pubblicato anche un libro omonimo scritto dal fondatore Klaus Schwab e dall’economista Thierry Malleret, che consisteva in un panegirico nei confronti del cosiddetto “stakeholder capitalism”: in soldoni, le multinazionali dovrebbero capire che non sono in Cyberpunk 2077 e iniziare a pensare alle ripercussioni sociali delle loro attività.
Nulla di originale, sia chiaro: secondo Naomi Klein è soltanto l’ennesimo tentativo di rebranding del Wef. Tra l’altro nemmeno lo slogan è nuovo, visto che The Great Reset è il nome di un saggio del 2010 di Richard Florida (l’inventore del concetto di “classe creativa”) sulla crisi finanziaria del 2008. Eppure, come ha scritto Ben Sixsmith su The Spectator, il “Grande Reset” si è diffuso negli ambienti della destra radicale anglosassone (e non solo) come una sorta di “manuale per instaurare una tirannia globale”.
Uno dei primi a suonare la carica è stato Justin Haskins - direttore editoriale dell’Heartland Institute (un think tank conservatore, libertario e negazionista climatico) - che su Fox Business e svariate trasmissioni di destra ha spiegato che “il piano [di Schwab e del Wef] è chiarissimo: distruggere l’economia capitalista e riformare il mondo occidentale”.
Argomentazioni simili sono apparse su Russia Today e alcuni canali di YouTube, in cui si è ipotizzato un “piano per cancellare Trump” o addirittura per “imporre il marxismo”. Per altri, invece, il “Grande Reset” è soltanto l’ultimo aggiornamento di una cospirazione ben più consolidata e pericolosa: quella del Nuovo Ordine Mondiale (o New World Order, Nwo).
Ed è proprio da qui che bisogna partire per capire come mai, per citare ancora Sixsmith, il “Grande Reset” si sia diffuso in certi circuiti “con la stessa velocità con cui un virus si diffonde in un karaoke bar”.
Novus ordo seclorum
Facciamo un salto indietro di qualche decennio. Nel dopoguerra, la paranoia anticomunista negli Stati Uniti ha assunto varie forme: la più nota è sicuramente quella del “maccartismo”, dal nome del senatore repubblicano Joseph McCarthy; un’altra, persino più violenta, è quella della John Birch Society - un’associazione di estrema destra nata nel 1958.
Il fondatore di quest’ultima, il magnate Robert Welch, era convinto che il governo degli Stati Uniti e quello sovietico fossero controllati “dalla stessa cricca di internazionalisti, banchieri avidi e politici corrotti”. Questi “traditori” volevano “togliere la sovranità agli USA per farli confluire nelle Nazioni Unite”, arrivando così ad “un ‘Nuovo Ordine Mondiale’ collettivista, a sua volta gestito da un ‘governo unico socialista’”.
Gli stessi timori – caratterizzati da un antisemitismo di fondo – sono stati espressi da evangelici e altri fondamentalisti cristiani legati alla destra americana, in chiave ovviamente religiosa: il fantomatico “governo unico” sarebbe un segno dell’imminente venuta dell’Anticristo, e quindi della “fine dei tempi” annunciata nel Vangelo.
Questa convinzione ha accompagnato l’estrema destra americana per tutta la Guerra fredda, rimanendo però confinata in quel recinto ideologico. L’esplosione definitiva è avvenuta solo negli anni Novanta, specialmente dopo il discorso del presidente repubblicano George H. W. Bush dell’11 settembre del 1990 in cui si parlava di un “Nuovo Ordine Mondiale” dopo il collasso dell’Unione Sovietica.
Il riferimento di Bush al Nwo ha galvanizzato come non mai la destra cristiana e secolare; dopotutto, da decenni usavano quell’espressione. La teoria sul Nuovo Ordine Mondiale ha preso definitivamente quota durante il primo mandato di Bill Clinton, grazie anche al “movimento dei Patrioti”, e da lì è entrato stabilmente nel pantheon del complottismo contemporaneo.
Sotto diversi aspetti, pertanto, il “Grande Reset” è una versione aggiornata del “Nuovo Ordine Mondiale”. Entrambi prendono spunto da dichiarazioni ufficiali; denunciano una vasta cospirazione ordita da una cricca oscura; esprimono visioni apocalittiche su “governi unici” manovrati da occulti poteri “globalisti”; ed entrambi hanno avuto una diffusione, chiamiamola così, a ondate esponenziali.
La seconda ondata autunnale
Quella di maggio-giugno 2020 è stata soltanto la prima ondata della teoria sul “Grande Reset”. La seconda, ben più corposa, si è verificata a novembre: anche in questo caso si è partiti dalle frasi di un politico, Justin Trudeau.
Nell’ambito di una conferenza all’Onu, il primo ministro canadese ha dichiarato che la pandemia “è un’opportunità per fare un reset” e utilizzato la frase “ricostruire meglio” (“build back better”), uno dei principali slogan della campagna presidenziale di Joe Biden – che di lì a poco avrebbe vinto le elezioni statunitensi.
La circostanza non è sfuggita ad alcuni influencer di estrema destra, su tutti gli youtuber Paul Joseph Watson e Steven Crowder, che hanno subito collegato Trudeau e Biden al “Grande Reset”. Il primo si è anche inventato di sana pianta su Twitter che Schwab avrebbe suggerito “una serie di misure crudeli per controllare la popolazione”, tra cui “tac preventive al cervello” e “microchip per leggere la mente”.
La popolarità della teoria ha raggiunto il picco quando se n’è occupata in televisione una host di Fox News, Laura Ingraham, secondo la quale “un gruppo di potenti [inclusi Biden e i suoi ‘sgherri’] sta usando la pandemia per imporre un radicale cambiamento socio-economico in tutto il mondo”. Le ha fatto eco l’opinionista conservatrice Candace Owens, convinta che “la Covid è la scusa per distruggere l’economia occidentale e implementare politiche comuniste”.
L’ingresso della teoria nei canali mainstream ha rinnovato a sua volta l’interesse sui social, facendo schizzare le ricerche sul termine “The Great Reset” e portando l’hashtag #TheGreatReset nei trending topic di Twitter. I tempi si sono così rivelati maturi per la sua espansione globale (Italia inclusa) e lo sbarco nella realtà fisica, avvenuto in diverse manifestazioni anti-lockdown. In una - tenutasi a Londra alla fine di novembre - sono comparsi diversi cartelli con la scritta “The Great Reset”, mentre un manifestante ha spiegato alle telecamere che “pensavano di farla franca con questo ‘Grande Reset’, ma non potevano sapere che li avremmo scoperti!”
ll “Grande Reset” e il “capitalismo dei disastri”
Chiaramente c’è ben poco da scoprire, visto che i primi a pubblicizzare il “Grande Reset” sono gli esecutori del fantomatico piano. Ed è davvero assurdo credere che il World Economic Forum si sia convertito al comunismo; è pur sempre l’ente ogni anno imbastisce l’equivalente della Fashion Week per il capitalismo.
Così come sono ridicoli gli host di Fox News – e altri/e influencer di estrema destra – che si scagliano con così tanto vigore contro le “élite”, quando per anni hanno sostenuto un presidente che, tra le varie cose, ha regalato sconti fiscali mostruosi alle multinazionali e ai suoi amici miliardari.
Ma come dice Mark Fenster, autore di Conspiracy Theories: Secrecy and Power in American Culture,
anche se le teorie del complotto sono sbagliate, non vuol dire che non siano sulla pista giusta. A volte sono un modo di affrontare ideologicamente le disuguaglianze strutturali, o cercare una risposta al declino della società civile e alla concentrazione dei mezzi di produzione.
Se da un lato è facile smontare il “Grande Reset” – perché nessuno ha pianificato una pandemia per fare profitti, iniettare veleno nelle braccia di miliardi di persone per sterminarle e al contempo applicare i precetti di Karl Marx – dall’altro è impossibile negare che la crisi causata dalla pandemia sia stata un’opportunità per chi aveva già un certo potere economico. È sufficiente citare un dato: negli ultimi nove mesi, stando a un rapporto della ong Americans for Tax Fairness, le dieci persone più ricche degli USA hanno visto crescere i loro patrimoni di oltre 400 miliardi di dollari.
Pur offrendo dei bersagli facili a chi ha legittime preoccupazioni e sofferenze, la più grande fallacia della teoria sta nell’atto di immaginare che un cambiamento radicale possa venire dal World Economic Forum – e per estensione da chi partecipa a Davos, un luogo in cui la parola “tasse” provoca gravi reazioni avverse e costa l’esilio per chi la pronuncia (com’è successo allo scrittore e storico olandese Rutger Bregman).
D’altro canto, ha osservato lo storico Quinn Slobodian, “per modificare le condizioni materiali delle persone ci vorrà molto più di una réclame patinata del Wef. Sono i movimenti come Black Lives Matter e gli scioperi contro il cambiamento climatico a insegnarci come si conquista il supporto dell’opinione pubblica, non i consigli d’amministrazione”.
I quali, dopotutto, non se la passano affatto male. Il “capitalismo dei disastri” descritto da Naomi Klein, e capovolto da destra proprio dal “Grande Reset”, si nutre infatti di privatizzazioni, deregulation, lobbismo ed evasione fiscale - non ha certo bisogno di impiantare dei chip nel cervello per realizzare i propri obiettivi.
Articoli e cose notevoli che ho visto questa settimana:
Facts are an insufficient response to falsehoods (Whitney Phillips, NiemanLab)
Anti-vaxxers Think This Is Their Moment (Renée DiResta, The Atlantic)
Come discutere con una persona che crede alle cospirazioni e dirottarla su problemi reali (Matteo Lupetti, VICE)
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La prossima settimana parlerò di un format che ha vissuto una specie di rinascimento nel 2020: il “documentario complottista”.