Flash Gordon all'Avana
Da qualche anno circola tra gli agenti segreti americani la “sindrome dell’Avana”, una strana malattia causata da armi speciali in mano ai russi. Ma esiste davvero?
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Da qualche tempo a questa parte, una strana malattia si è diffusa tra diplomatici e agenti segreti statunitensi: la cosiddetta “sindrome dell’Avana”. C’è chi sostiene che sia causata da armi futuristiche in mano ai russi (o da altri nemici degli Usa); e chi invece che si tratti di una mezza teoria del complotto. Siccome negli ultimi giorni è tornata d’attualità, non potevo non occuparmene.
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Unità 29155
C’è un agente russo appostato fuori dall’abitazione di un funzionario che lavora in un’ambasciata o un consolato statunitense. Il russo sa che quel funzionario non è veramente un diplomatico; è pure lui una spia. E in quanto tale, è un suo bersaglio.
Il russo estrae un’arma particolare – una specie di pistola di Flash Gordon. È un apparecchio che funziona a energia diretta, o a microonde pulsate, oppure con l’energia sonora. Non lo sa con precisione. Gli hanno soltanto affidato una missione da eseguire.
L’agente preme il grilletto – o quello che è. Un fascio di energia invisibile raggiunge l’obiettivo. La persona in questione sente un ronzio lancinante e una pressione insostenibile sul cranio. La testa sembra sul punto di esplodere.
Nei giorni successi i sintomi peggiorano, e in alcuni casi diventano permanenti. Nemmeno i medici riescono a spiegarsi quale possa essere la causa del malessere.
La stessa scena di ripete centinaia di volte in tutto il mondo; la cospirazione è globale. Ed è resa possibile dal fatto che i russi hanno finalmente inventato la Wunderwaffe – l’arma miracolosa che funziona senza che il nemico se ne accorga.
Quella che ho appena descritto non è la trama di una spy story ambientata durante la Guerra Fredda, o di un romanzo di John le Carré; è la tesi principale di una recente inchiesta giornalistica di 60 Minutes, The Insider e Der Spiegel sulla cosiddetta “sindrome dell’Avana”, una presunta malattia che dal 2016 a oggi avrebbe colpito un migliaio tra funzionari, diplomatici e agenti segreti americani.
Il nome deriva, come si può facilmente intuire, dal luogo in cui sarebbero stati registrati i primi casi: l’ambasciata nella capitale di Cuba.
Chi dice di soffrirne ha riportato i sintomi più disparati: vertigini, emicranie, acufene, danni all’udito, nausea, vomito, nebbia cognitiva, riduzione della vista, insonnia e addirittura disfunzioni cognitive permanenti.
Il governo statunitense li cataloga come Anomalous Health Incidents, ossia “eventi sanitari anomali”. Alle vittime sono stati anche accordati risarcimenti – che oscillano tra i 100mila e i 200mila euro – in base all’HAVANA Act approvato nel 2021.
Secondo l’inchiesta uscita in questi giorni, dietro a questa “sindrome” ci sarebbe il Gru – il servizio segreto militare russo. Più precisamente, gli attacchi sarebbero opera dell’Unità 29155 del GRU – una divisione clandestina a cui è stato attribuito l’avvelenamento nel Regno Unito della spia russa Sergej Skripal e della figlia, oltre a svariati omicidi e sabotaggi.
Analizzando gli spostamenti degli agenti russi, i giornalisti hanno individuato la loro presenza nei pressi dei luoghi in cui si sarebbero verificati alcuni episodi. Un membro dell’Unità 29155, inoltre, ha condotto delle ricerche sulle “potenzialità delle armi acustiche non letali nel contesto di combattimenti urbani”.
Insomma: per le tre testate, “l’intera vicenda ha tutti i segni di un’operazione bellica ibrida russa”.
Una sindrome immaginaria
Tuttavia, come ammettono gli stessi autori dell’inchiesta, manca la proverbiale “pistola fumante”; nel senso che non si quale arma sarebbe stata usata dai russi.
E non solo: la teoria è in netto contrasto con quanto hanno stabilito finora la comunità scientifica e la stessa intelligence statunitense.
È uno dei tanti paradossi di questa vicenda. Le vittime – tutte impiegate dal governo federale – accusano l’esecutivo e i servizi segreti statunitensi di nascondere la verità per motivi indicibili, tra cui quello di non scatenare una possibile guerra contro la Russia.
Nel 2022, ad esempio, la CIA ha messo nero su bianco che la maggior parte dei casi segnalati dal proprio personale è dovuto a malattie non diagnosticate e allo stress. Non esiste alcuna prova che dimostri l’esistenza di armi ad energia diretta di quel tipo – cioè portatili e già utilizzabili sul campo – né tanto meno che un paese ostile agli Stati Uniti ne possegga una.
L’anno successivo, nel 2023, un rapporto dell’Office of the Director of National Intelligence – o ODNI, l’Ufficio del direttore dell’intelligence nazionale, un ente governativo che coordina e supervisiona l’intelligence statunitense – ha stabilito che è “altamente improbabile” che una “potenza nemica” sia la responsabile degli “eventi sanitari anomali”.
Nella valutazione, firmata da sette agenti federali, si specifica inoltre che “i sintomi riportati dal personale statunitense sono con ogni probabilità il risultato di fattori che non implicano un paese nemico, ma piuttosto di condizioni mediche preesistenti, malattie convenzionali e cause ambientali”. Anche per l’ODNI, insomma, “non ci sono prove credibili che un avversario estero abbia un’arma o un insieme di dispositivi”.
Alla stessa conclusione sono arrivati anche i National Institutes for Health (NIH), l’equivalente del nostro del nostro Istituto superiore della sanità. Qualche settimana fa, poco prima dell’uscita dell’inchiesta congiunta delle tre testate, sono stati infatti pubblicati due studi condotti per cinque anni su più di ottanta pazienti che dicono di soffrire della “sindrome dell’Avana”.
Contrariamente a quanto avevano sostenuto due studi del 2018 e del 2019 (a dir la verità molto criticati), questa volta le risonanze magnetiche e altri esami non hanno riscontrato nei pazienti alcuna “lesione al cervello” o “anormalità biologica”.
A livello clinico non c’è dunque alcuna traccia di contusioni o ferite causate da armi ad energia diretta.
Dagli studi sono però emerse altre patologie. Al 28 per cento del gruppo esaminato è stata diagnosticata l’instabilità posturale-percettiva persistente (o PPPD, acronimo di Persistent Postural-Perceptual Dizziness), un disturbo vestibolare che può causare vertigini, emicranie e perdita di equilibrio. Altri invece hanno mostrato sintomi compatibili con la spossatezza, lo stress post-traumatico e la depressione.
In altre parole, la cosiddetta “sindrome dell’Avana” potrebbe essere causata da armi molto più potenti della pistola di Flash Gordon: la mente umana e il sistema nervoso.
Contagio psicologico
Ma ripartiamo dal primissimo caso.
Nel dicembre del 2016, un dipendente dell’ambasciata americana di Cuba – da poco riaperta dopo decenni di ostilità diplomatica tra i due paesi – sostiene di essere stato colpito da un “potente raggio sonoro acuto” mentre si trova nella sua abitazione.
L’uomo ne parla a un collega, che qualche giorno dopo sente strani “rumori metallici” dentro e fuori casa e inizia a sentirsi male. Nell’arco di qualche settimana, altri ventidue dipendenti sentono quei rumori e lamentano gli stessi malesseri.
Come si scoprirà in seguito, quei suoni sono in realtà il frinio dei grilli.
Da allora, però, altre centinaia di funzionari affermano di essere stati colpiti dalla “sindrome dell’Avana”. Si tratta di persone che passano gran parte del proprio tempo in ambienti chiusi e ristretti; che sono lontane da casa, in territori percepiti come ostili; e che fanno un lavoro estremamente ansiogeno e stressante.
Per alcuni esperti che hanno studiato la questione, ci sono pochi dubbi: la “sindrome dell’Avana” è la manifestazione di disturbi psicosomatici, tra cui il disturbo di conversione (o disturbo funzionale da sintomi neurologici) e la malattia psicogenica di massa – più comunemente nota come “isteria di massa”.
Per il sociologo medico Robert Bartholomew, autore di un libro e diversi articoli scientifici sul tema insieme al professore emerito di neurologia Robert Baloh, saremmo infatti di fronte a un “disturbo nervoso caratterizzato da un rapido diffondersi di sintomi di malattia all’interno di un gruppo sociale coeso, e per il quale non viene riscontrata una causa organica”.
È una specie di “effetto placebo al contrario”, ha precisato in un’intervista a Vanity Fair. “A volte puoi credere di sentirti bene prendendo del semplice zucchero. Altre volte puoi sentirti male se inizia a pensare di stare male. La malattia psicogena di massa colpisce il sistema nervoso e può imitare diverse patologie”.
La malattia, ha spiegato Baloh, di solito inizia in un “ambiente stressante” quando un “un individuo con una malattia non collegata crede che i sintomi siano causati da qualcosa di misterioso”. A quel punto la persona “diffonde l’idea a chi gli sta intorno” e si verifica così una sorta di “contagio psicologico”.
La storia dell’umanità è piena di casi del genere – come la “piaga del ballo” del 1518 a Strasburgo, l’epidemia di risate in Tanzania nel 1962, il “panico satanico” degli anni Ottanta e Novanta negli Stati Uniti e in Europa, e così via.
Il “contagio” è anche causato da fobie intrecciate – come quella del “nemico alle porte”, o quella nei confronti delle nuove tecnologie. In questo senso, hanno scritto i due in un articolo pubblicato sull’International Journal of Social Psychiatry, la “sindrome di Havana” è del “vino vecchio in una botte nuova”.
Ma ciò non vuol dire che i suoi effetti non siano reali. Ed è proprio questo il punto: le persone soffrono sul serio; e più in generale, le conseguenze a livello sociale – e addirittura geopolitico – sono assolutamente tangibili.
L’avrete sicuramente sentita da qualche parte: Annibale è riuscito ad attraversare le Alpi perché all’epoca faceva caldo come adesso. Ecco, si tratta di un falso mito del negazionismo climatico (Antonio Scalari, Facta)
Presente il concetto di “cigno nero” inventato nel 2001 da Nassim Nicholas Taleb? Ora è diventata una specie di parola in codice complottista per indicare presunti piani di distruzione di massa organizzati dal governo statunitense (Tess Owen, The Guardian)
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