Certi uomini vogliono solo veder bruciare il mondo
Perché l'estrema destra è così fissata con i complotti? Che legame c’è tra complottismo, radicalizzazione e violenza? Una conversazione con il giornalista americano David Neiwert.
Benvenute e benvenuti alla puntata #5 di COMPLOTTI!, la newsletter sulle teorie delle complotto che ti porta dentro la tana del Bianconiglio.
Credevamo di esserci messi alle spalle il 2020, e invece il 2021 è partito con un botto tale che ci si potrebbe chiedere: ma non è che siamo ancora nel 2020? (Non scherziamo, grazie.) Naturalmente, l’assalto al Congresso americano domina ancora il ciclo delle notizie: per questo, ho pensato che fosse utile continuare ad esplorare il rapporto tra estrema destra e complottismo.
Prima di iniziare, segnalo un paio di interviste che ho dato sul tema a DinamoPress, Radio Popolare e Radio Blackout. Mercoledì ho fatto una diretta Instagram su questa newsletter con Roberto Saviano, che potete recuperare integralmente sul suo profilo.
Pillola rossa, pillola blu
Qualche mese fa, Lilly Wachowski ha confermato la tesi che una parte della critica culturale portava avanti da anni: Matrix è una grandiosa allegoria transgender. In un’intervista la regista ha detto di essere felice che sia venuta fuori “l’intenzione originale,” per la quale però “il mondo non era ancora pronto; o meglio, le case di produzione non lo erano.”
In un libro del 2019, la scrittrice Andrea Long Chu ha suggerito che il protagonista Neo rappresenti la disforia, Matrix il binarismo di genere, gli agenti la transfobia e la famosa pillola rossa – quella che Morpheus offre al protagonista per “risvegliarlo” – un ormone.
Col passare degli anni, però, la scena del film e la stessa “pillola rossa” hanno assunto un significato molto diverso. Nel mondo dell’estrema destra complottista (e non), la “pillola rossa” è uno strumento per convertire qualcuno a una visione del mondo fascista, razzista e antisemita. Chi non la assume rimane sotto l’effetto della “pillola blu”, che il “regime” usa per tenere addomesticata la popolazione.
Questo dualismo tra “pillola rossa” e “pillola blu” è anche al centro dell’ultimo libro del giornalista statunitense David Neiwert, intitolato “Red Pill, Blue Pill: How to Counteract the Conspiracy Theories That Are Killing Us”.
Neiwert è senz’ombra di dubbio uno dei massimi esperti di estrema destra e complottismo, visto che se ne occupa da almeno trent’anni (il suo libro precedente si chiama Alt-America ed è stato tradotto in Italia da minimum fax). L’ho chiamato per parlare del saggio e per farmi spiegare cosa diavolo sta succedendo negli Stati Uniti.
(L’intervista è stata editata per ragioni di spazio. Se volete sentirla tutta trovate l’audio in inglese su Soundcloud oppure cliccando sull’immagine qui sotto.)
Ciao David. La mia prima domanda è proprio sul titolo del libro: cosa si intende per “pillola rossa” e “pillola blu?” E nel gergo complottista, cosa significa “redpillato”?
È una metafora che deriva dal film Matrix e indica un processo di radicalizzazione. Nel corso del tempo il termine è stato adottato anche dai complottisti, che cercano di convincerti di essere in possesso di “informazioni segrete” che nessun’altro ha.
Parte dell’attrattiva delle teorie del complotto sta nel fatto che ci si sente molto più “consapevoli” rispetto alle persone “normali”. In pratica, con questa “pillola rossa”, i complottisti ti invitano a entrare nella loro tana del Bianconiglio dove finalmente si potrà vedere la vera realtà – anche se poi è esattamente l’opposto.
“Redpillare” una persona, infatti, vuol dire farla vivere in una realtà alternativa priva di ogni connessione con i fatti e la logica.
Come scrivi nelle prime pagine, ormai esiste un’intero dispensario di “pillole”.
Sì, ogni percorso di radicalizzazione ha una sua “pillola”. Esiste una “pillola verde” per radicalizzarsi sull’ambiente – non da ambientalisti, ma da eco-fascisti; e una “pillola nera” per i nichilisti che decidono che il mondo fa schifo e va fatto saltare in aria.
Quest’ultima pillola rimanda all’accelerazionismo di destra, ovvero all’idea che bisogna accelerare la distruzione del mondo: prima succede, meglio è. Un po’ come dice il maggiordomo Alfred ne Il Cavaliere Oscuro: “Certi uomini vogliono solo veder bruciare il mondo”.
Sappiamo che il termine “teoria del complotto” ha molte connotazioni negative – ma allo stesso tempo, è un qualcosa di complesso e problematico. Qual è la tua definizione di “teoria del complotto”?
Una teoria del complotto, sostanzialmente, è un’ipotesi che sostiene che un gruppo di individui agisca nell’ombra per raggiungere fini malvagi e illegali.
Ovviamente i complotti reali esistono, ma non sono mai stati scoperti da un complottista: l’hanno fatto giornalisti d’inchiesta, attivisti, whistleblower e più in generale persone che si muovono nel regno della fattualità.
Tra l’altro, le differenze tra un complotto e una teoria del complotto non sono così difficili da riconoscere. Un vero complotto è limitato nel tempo, nel numero di persone coinvolte e negli obiettivi. Una teoria del complotto, invece, è un qualcosa che va avanti da anni (in alcuni casi secoli) e coinvolge migliaia di cospiratori, che vogliono dominare tutto il mondo.
L’estrema destra tra vecchi e nuovi complottismi
Dopo l’11 settembre, gli Stati Uniti – ma direi il mondo occidentale – sembrano essere entrati in una nuova “età dell’oro del complottismo”. Secondo te, ci sono differenze tra il complottismo contemporaneo e quello dei decenni precedenti?
La maggior parte delle teorie del complotto con cui sono cresciuto erano basate su “prove” che, se non altro, un minimo aggancio con la realtà ce l’avevano: prendiamo gli Ufo, oppure l’omicidio di John Fitzgerald Kennedy.
Il complottismo moderno post-11 settembre, e qui mi riferisco soprattutto all’universo in cui sguazzano figure come Alex Jones di InfoWars, si basa su argomentazioni completamente inventate. È quasi solo il frutto dell’immaginazione.
La strage di Las Vegas del 2017 è paradigmatica. A poche ore dal massacro Alex Jones e i suoi scherani avevano già sfornato un sacco di teorie del complotto basate sul nulla - tipo la presenza di più attentatori, oppure i democratici pronti a rinchiudere i conservatori in campi di concentramento per farli fuori (che più altro è un classico caso di proiezione psicologica).
Le ultime elezioni sono un altro esempio eclatante delle differenze tra le varie epoche del complottismo. Sin da subito si è parlato di brogli e frodi che non avevano alcuna corrispondenza con la realtà; nonostante ciò, i seguaci di Trump si sono bevuti queste falsità come se fossero vere.
Quando milioni di persone – anche nell’assenza totale di prove – arrivano a credere che le elezioni siano state truccate, non è sorprendente che ci possano essere reazioni violente. Come quelle che abbiamo visto a Washington D.C. il 6 gennaio.
Tu segui l’estrema destra da tanto tempo. Perché le teorie del complotto attecchiscono così tanto in quell’ambiente politico?
Ci sono vari motivi. In primo luogo, l’autoritarismo – che è una caratteristica portante della destra radicale – presuppone un pensiero compartimentalizzato pieno di contraddizioni interne, che a sua volta rende una persona più predisposta verso le teorie del complotto. In sostanza, si ignorano queste contraddizioni affidandosi a grandi narrazioni semplificate (“i liberal sono cattivi e vogliono rubarci le elezioni”).
Poi c’è un altro aspetto cruciale legato alla radicalizzazione. Le teorie del complotto degli ultimi anni sono davvero estreme e addebitano ai presunti cospiratori azioni davvero orribili. QAnon ad esempio sostiene che ci sia una rete di pedofili che rapisce bambini, li nasconde in tunnel sotterranei e succhia il loro sangue per ottenere l’adrenocromo. Insomma: se arrivi a credere a queste cose, qualsiasi violenza è legittima per combattere un male assoluto.
Prima hai citato la strage di Las Vegas, e il tuo libro inizia con una citazione dello stragista Stephen Paddock. Com’è possibile che un uomo di 64 anni sia diventato uno degli attentatori più letali nella storia degli Stati Uniti? Qual è il suo percorso di radicalizzazione?
Paddock era un giocatore d’azzardo compulsivo, ma è stato anche un imprenditore immobiliare – professione con cui ha fatto parecchi soldi. Tra gli anni ’70 e ’80 ha anche lavorato all’Internal Revenue Service (Irs, l’equivalente americano dell’Agenzie delle Entrate) per imparare a evadere le tasse.
In quel periodo si è avvicinato alle teorie del complotto anti-governative e anti-tasse; poi negli anni ’90 è passato a quelle sul Nuovo Ordine Mondiale, diventando un fanatico delle armi da fuoco. Sopra ogni cosa, era un sociopatico narcisista che odiava altri esseri umani.
A un certo punto si è convinto che qualcuno dovesse “risvegliare” gli Stati Uniti, perché il governo stava per confiscare tutte le armi e violare il Secondo Emendamento. Secondo lui, il modo migliore di farlo era commettere una strage: e così, il primo ottobre del 2017 si è messo a sparare sugli spettatori di un concerto da una suite al diciottesimo piano del Mandalay Bay Hotel.
Paddock ha ucciso 58 persone e ne ha ferite centinaia, ma i danni che ha inflitto vanno ben oltre il bilancio ufficiale: in quel luogo c’erano circa 22mila persone, e ciascuna è stata traumatizzata in una maniera non del tutto recuperabile.
Nel libro racconto la storia di mia nipote, che si trovava in mezzo alla folla e ha visto con i suoi occhi gente abbattuta a colpi di AR-15. Fortunatamente è sopravvissuta, ma non sarà mai più la stessa. Credeva davvero che sarebbe morta: quella sera ha chiamato la madre e le ha chiesto di prendersi cura del suo bambino.
Ci sono migliaia di storie così: quell’attentato non ha colpito solo chi era al concerto – anche le loro famiglie ne soffrono le conseguenze. Quella di Las Vegas è una sparatoria di massa, quindi un evento piuttosto grosso; ma ci sono tanti altri casi in cui le teorie del complotto distruggono famiglie, comunità e relazioni. Dobbiamo prendere sul serio gli effetti del complottismo, perché riguardano tutti.
Per restare su questo attentato, lo scorso settembre è uscito un articolo su The Intercept intitolato: “L’FBI ha sottovalutato l’orientamento politico di estrema destra di Stephen Paddock?” Ti rigiro la stesa domanda: secondo te è così?
Sì, soprattutto la polizia locale di Las Vegas che era incaricata dell’inchiesta. In effetti, la cosa più impressionante è proprio l’invisibilità dell’estremismo di Paddock.
Quando abbiamo compilato il database sul terrorismo di estrema destra per Reveal News, abbiamo notato che il fascicolo d’indagine sull’attentato era pieno di prove e testimonianze sull’orientamento politico dello stragista, che però sono state totalmente ignorate – o comunque non sono state prese in considerazione nella ricostruzione del movente.
Anzi, non si è nemmeno indagato per terrorismo – nonostante ci fossero tutte le caratteristiche per considerarlo tale – poiché Paddock non faceva parte di un’organizzazione. Un assunto che poteva essere vero vent’anni fa, ma ora sicuramente non lo è. Abbiamo visto decine di atti terroristici (tra cui Christchurch, El Paso, Pittsburgh) commessi da persone di estrema destra radicalizzate online e senza alcuna affiliazione con gruppi organizzati.
Gli investigatori hanno perso tempo ed energie dietro a presunti moventi “di sinistra” o “islamici”, che ovviamente non sono mai esistiti. Alla fine, nel loro rapporto, hanno scritto di non sapere il motivo preciso che ha spinto Paddock a sparare sulla folla. Anche l’Fbi non deve aver preso troppo sul serio il caso, dato che è arrivata alle stesse conclusioni.
Il grosso problema è che negli ultimi vent’anni, specialmente negli Stati Uniti, la crescente polarizzazione politica si è riversata anche nelle forze dell’ordine – e questo le ha rese cieche nei confronti del terrorismo di estrema destra.
Radicalizzazione di massa e attacchi alla democrazia: l’eredità di Donald Trump
Nel libro parli anche di un sottogruppo di teorie del complotto che si chiamano “false flag” [in gergo militare, un’operazione per depistare il nemico]. In questi giorni ne è spuntata una a dir poco incredibile: Ashli Babbitt, la seguace di QAnon uccisa dentro il Congresso, sarebbe in realtà “un’attrice” o addirittura un antifascista. Insomma: come funzionano queste false flag?
Questa è la dimostrazione che queste persone, oltre a mentire a tutto spiano, non hanno alcun problema a infangare una di loro. È grottesco che una parte dei seguaci di Trump dicano che l’invasione del Congresso è stata compiuta dagli antifascisti, e non dai loro simili.
Sappiamo però che Trump era a quella manifestazione e ha promesso di marciare con loro fino al Congresso [cosa che poi non ha fatto, preferendo tornare nella Casa Bianca a guardare la televisione]; che i manifestanti avevano le bandiere di Trump; e che i primi a sfondare il perimetro di sicurezza sono stati i membri di una milizia chiamata Oath Keepers.
Insomma, l’idea che si tratti di antifascisti mascherati da estremisti di destra fa ridere e non ha senso. È un modo come un altro di intorbidire le acque, far circolare stronzate e confondere la gente.
A proposito di Trump: il presidente uscente è il politico che più di ogni altro ha contribuito a normalizzare il complottismo. Da questo punto di vista, quale pensi che sarà la sua eredità?
Molto dipende da cosa succederà nei prossimi mesi. Di sicuro, Trump ha sdoganato un segmento altamente tossico della società e danneggiato la democrazia americana ad un punto tale che non so se riuscirà a sopravvivere.
E non so davvero come possa farlo in una situazione in cui l’82 per cento degli elettori di Trump è convinto che Biden abbia vinto grazie a brogli inesistenti, il 45 per cento guarda con favore all’insurrezione nel Campidoglio, e il 68 per cento non pensa che l’assalto sia una minaccia per la democrazia.
Quando si parla di mettere dei paletti ad emittenti come Fox News o disinformatori professionisti come Alex Jones, inoltre, si invoca sempre e comunque la “sacralità” della libertà d’espressione. Che sicuramente è un pilastro democratico, ma non puoi avere un dibattito sano quando ci sono fascisti a piede libero che incitano alla violenza – ossia il punto d’approdo di ogni complottismo di estrema destra.
La parte finale del tuo libro è tutta dedicata alle strategie per affrontare il complottismo. Come ci si confronta con chi crede in una teoria del complotto?
Devo confessare che non sono molto incline a perdonare o provare empatia per quelli che mettono in giro certe stronzate. Ma nello scrivere questo libro ho dovuto fare un esame di coscienza: tutti gli esperti con cui ho parlato mi hanno detto che la prima cosa da fare è provare empatia.
Bisogna ascoltare le persone, senza necessariamente prendere per buono tutto quello che dicono o seguirle nella loro tana del Bianconiglio. Per farlo bisogna essere preparati, condurre ricerche e conoscere i meccanismi delle teorie del complotto che, come detto, sono impermeabili a fatti e logica.
Più che i fatti contano le relazioni interpersonali, che permettono di capire le cause profonde che portano le persone ad abbracciare le teorie del complotto. La maggior parte di chi ci crede ha bisogni e preoccupazioni legittime, che però trovano una risposta nel posto sbagliato.
È un processo molto complicato che non si può fare in maniera approssimativa, né solamente online, e che non offre alcuna garanzia di successo. Non penso inoltre che esistano soluzioni praticabili su larga scala, anzi: gli esperti mi hanno detto che la de-radicalizzazione funziona soprattutto quando si è di persona, faccia a faccia.
Non è che, in una società democratica, le teorie del complotto sono endemiche ed è semplicemente impossibile eradicarle?
Le persone faranno sempre ipotesi e fantasticheranno su qualsiasi cosa. Ma le teorie del complotto tendono a creare dei capri espiatori, e dunque delle vittime; arginarle è soprattutto un modo di proteggere le vittime.
Ma non è per niente facile: mi piacerebbe che ci fosse una bacchetta magica per risolvere tutto, oppure proprio una pillola da prescrivere - anche se, per forza di cose, si tratterebbe di una medicina molto amara.
Articoli e cose notevoli che ho visto questa settimana:
Una guida ai simboli di estrema destra comparsi durante l’assalto al Congresso americano (Matthew Rosenberg e Ainara Tiefenthäler, New York Times)
Il ruolo delle milizie e degli ex militari nell’assedio al Campidoglio (Ronan Farrow, New Yorker)
Il tentato colpo di stato negli Stati Uniti è già diventato un modello per gli estremisti di destra in tutto il mondo (Christopher Miller, BuzzFeed)
I colleghi di VICE USA stanno per lanciare un documentario-bomba su QAnon (VICE TV)
Se ti è piaciuta questa puntata, puoi iscriverti a COMPLOTTI! e condividerlo dove vuoi e con chi vuoi. Quelle precedenti sono consultabili nell’archivio.
Mi trovate sempre su Instagram, Twitter e Facebook, oppure rispondendo via mail a questa newsletter.
La prossima settimana, salvo che l’attualità non tiri fuori dal cilindro altri eventi clamorosi, dovrebbe essere la volta buona per parlare delle teorie del complotto sul 5G.
Caro Leonardo, il complottismo è una vera e propria malattia che divide in maniera estrema, anche tra amici e cari. Mi chiedo se le conseguenze di questa divisione raggiungeranno un giorno livelli estremi e lasceranno ferite in passato causate da guerre. Da mamma mi chiedo che razza di mondo lasceremo ai nostri figli. Vivo da 20 in California e non ho mai vissuto una divisione politica e razziale così intensa come quella testimoniata nell’ultimo anno.