Gli alieni del Pentagono
Per svariati decenni il governo e l’esercito degli Stati Uniti hanno diffuso e alimentato le teorie del complotto sugli Ufo.
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Gli Ufo non sono un mistero da risolvere: sono uno dei campi di battaglia privilegiati della disinformazione. Questo è ciò che emerge da una recente inchiesta del Wall Street Journal, che rivela come la mitologia su alieni e dischi volanti sia stata alimentata dal potere politico e militare. Oggi parlerò di questo.
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Un colonnello entra in un bar
Negli anni Ottanta, le pareti di un bar vicino all’Area 51 – la famigerata base militare in Nevada al centro della mitologia ufologica – erano tappezzate di foto di Ufo.
Non si trattava di ritagli di giornale o illustrazioni, ma di immagini reali di dischi volanti reali.
Il proprietario e gli avventori del locale ci credevano fermamente. Dopotutto, quelle foto provenivano da una fonte davvero qualificata – un colonnello dell’aeronautica che lavorava nella base.
La voce si era poi sparsa in zona, confermando quanto andavano dicendo gli ufologi da decenni: l’esercito statunitense era in possesso di tecnologia aliena e la stava testando segretamente.
Peccato però che non fosse proprio così. Anzi: le foto erano ritoccate, e il racconto del militare era deliberatamente falso.
La sua missione consisteva infatti nell’alimentare teorie infondate sugli extraterrestri per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica sui veri segreti dell’Area 51 – ossia lo sviluppo dei caccia stealth F-117, che all’epoca erano ritenuti cruciali per mantenere un vantaggio militare nei confronti dell’Unione Sovietica.
L’ha svelato il militare stesso quarant’anni dopo aver varcato la soglia di quel bar, parlando con gli investigatori dell’All-domain Anomaly Resolution Office (AARO), un ufficio del Pentagono creato nel 2022 per indagare sui fenomeni aerei non identificati (UAP) e sui programmi segreti di Washington.
Il lavoro dell’AARO è poi confluito in un rapporto pubblicato nel 2024. Dopo aver vagliato oltre 1600 segnalazioni di presunti avvistamenti arrivati negli anni, l’ufficio ha escluso il coinvolgimento degli alieni.
La quasi totalità degli UAP era riconducibile a uccelli, illusioni ottiche, glitch delle telecamere installate sugli aerei, droni, palloni sonda e il sole riflesso sui satelliti di Elon Musk che orbitano intorno alla Terra.
Non è un qualcosa di sorprendente: come avevo scritto nella puntata #56, i cieli sono diventati il campo di battaglia della rivalità commerciale e tecnologica tra Cina e Stati Uniti, e per questo sono sempre più ingombri di oggetti.
Detto ciò, il rapporto dell’AARO è più interessante per ciò che omette piuttosto che per il suo contenuto.
Secondo una recente inchiesta del Wall Street Journal, è il Pentagono stesso ad aver alimentato miti complottisti e speculazioni sugli Ufo, contribuendo così a far insorgere “l’ossessione culturale americana” per alieni e dischi volanti.
In altre parole, annota il giornalista Joel Schectman e la collega Aruna Viswanatha, “il governo statunitense ha preso di mira i propri cittadini con la disinformazione”.
Nonnismo ufologico
L’AARO, guidato fino alla fine del 2023 dallo scienziato Sean Kirkpatrick, ha scoperto che il Pentagono ha diffuso teorie sugli Ufo a partire dagli anni Cinquanta – praticamente in parallelo ai vari progetti segreti per studiare il fenomeno.
Non è ancora chiaro se la campagna sia portata avanti in autonomia da singoli militari, o se sia il frutto di un programma più centralizzato.
Di sicuro, come riassume il Wall Street Journal, c’è che
A volte gli ufficiali hanno diffuso documenti falsi per creare una cortina fumogena che coprisse veri programmi di armi segrete. In altri casi, i funzionari hanno lasciato che i miti sugli Ufo prendessero piede nell’interesse della sicurezza nazionale, ad esempio per impedire all’Unione Sovietica di rilevare vulnerabilità nei sistemi di protezione degli impianti nucleari.
Kirkpatrick e i suoi colleghi si sono accorti anche di un’altra circostanza piuttosto incredibile: le teorie sugli Ufo venivano fatte circolare deliberatamente anche all’interno dei vari corpi militari.
Un ex ufficiale dell’aeronautica, ad esempio, ha raccontato agli investigatori dell’AARO di essere a conoscenza di un programma segreto sugli alieni ma di non poter riferire nulla – altrimenti sarebbe finito in carcere o addirittura assassinato.
Tale programma, menzionato anche da altre persone sentite dall’ufficio di Kirkpatrick, si chiamava “Yankee Blue” e serviva a decodificare la tecnologia di un disco volante. Agli ufficiali in questione veniva presentato nel corso dei briefing di insediamento, come se fosse una cosa serissima e riservatissima.
In realtà, “Yankee Blue” era un falso creato a scopo di nonnismo.
Molte delle vittime non si sono mai accorte di essere state prese in giro; anzi, hanno continuato a crederci e hanno vissuto col terrore di essere scoperti.
La pratica è andata avanti per decenni: soltanto nel 2023 l’ufficio del Segretario alla Difesa ha inviato una circolare interna all’aeronautica che intimava di smetterla.
La disinformazione sugli Ufo ha colpito addirittura lo stesso personale del Pentagono.
Una notte del 1967 il capitano Robert Salas stava presidiando il bunker nucleare nella base di Malmstrom, che avrebbe dovuto contrattaccare nell’eventualità di un first strike atomico sovietico.
A un certo punto il militare – secondo il resoconto raccolto dall’AARO – aveva visto librarsi sopra il cancello d’ingresso della struttura una “sfera luminosa di colore rosso-arancio”. Subito dopo si era accorto che i missili erano stati messi fuori funzione.
In assenza di una spiegazione plausibile, che i superiori non hanno mai voluto fornire, per molti anni Salas ha pensato che si fosse trattato di un attacco alieno.
Ma anche in questo caso gli extraterrestri non c’entravano nulla. Il misterioso bagliore proveniva da un dispositivo elettromagnetico sviluppato ad hoc dall’aereonautica per simulare una tempesta di onde elettromagnetiche e testare la capacità di resistenza del bunker.
L’inganno perpetrato ai danni dei propri uomini, sottolineano Schectman e Viswanatha, ha creato all’interno del Pentagono una “mitologia paranoica” che si è autoalimentata e ha cominciato a vivere di vita propria.
Siamo di fronte a una specie de Il pendolo di Foucault in salsa militare-ufologica, insomma: una teoria del complotto che diventa un complotto reale, andando ben al di là delle intenzioni originarie.
Gli “uomini miraggio”
Che la vicenda sia sfuggita di mano al Pentagono lo sostiene anche Mark Pilkington, autore di un libro sul tema – Mirage Men (poi trasformato in un documentario) – che ha anticipato di quindici anni l’inchiesta del Wall Street Journal.
Lo scrittore ha ricostruito come le teorie sugli alieni siano spesso e volentieri “armi di distrazione di massa” utilizzate da “specialisti della disinformazione attivi negli apparati militari, culturali e di intelligence”.
Questi “specialisti”, per l’appunto, sono i cosiddetti “uomini miraggio” – militari e agenti che operano in una zona grigia legale ed etica.
Il loro metodo, spiega Pilkington, è quello di
gettare i semi della paranoia e limitarsi a fornire briciole di “verità” che, una volta mescolate con credenze preesistenti, germogliano in teorie del complotto pienamente formate che vengono poi diffuse dagli stessi bersagli.
Invece di smontare le speculazioni su programmi segreti e alieni, gli “uomini miraggio” hanno attivamente coltivato i miti sugli Ufo e manipolato la comunità ufologica per distogliere l’attenzione dai veri programmi segreti militari.
Così facendo si è venuto a creare una “millefoglie informativa” in cui “la verità è indistinguibile dalla finzione, e ogni tentativo di svelare un mistero ne crea altri dieci”.
Una figura altamente emblematica di questa strategia è quella di Richard Doty, un agente speciale dell'Air Force Office of Special Investigations (AFOSI, un’agenzia investigativa interna dell’aereonautica statunitense).
Doty aveva il compito di infiltrarsi tra gli ufologi e influenzare la loro “attività d’indagine” attraverso la disseminazione di notizie false e prove artefatte. Per rendersi più credibile ai loro occhi si presentava come un whistleblower.
La principale vittima di Doty è stato Paul Bennewitz, un uomo d'affari di Albuquerque (New Mexico) in fissa con gli Ufo.
Alla fine degli anni Settanta Bennewitz credeva di aver intercettato comunicazioni aliene nei pressi della base militare di Kirtland. Allertato dalla “scoperta”, decise di informare l’aeronautica.
Quest’ultima si subito rese conto che l’ufologo stava inavvertitamente spiando le attività della base. Invece di fermarlo, Doty e altri ufficiali dell’AFOSI dissero all’uomo di continuare le sue ricerche.
Per anni gli fornirono documenti falsificati, foto manipolate, storie inventate di sana pianta su basi aliene, rapimenti, tecnologie e accordi segreti tra il governo e gli alieni. A un certo punto gli diedero addirittura un software farlocco per “interpretare” i segnali extraterrestri.
Questa operazione di “ingegneria complottista” – come la descrive Pilkington – ebbe un effetto devastante su Bennewitz, che nel 1988 venne ricoverato per un esaurimento nervoso.
Secondo Pilkington, le motivazioni di Doty e dell’AFOSI non erano di per sé malvagie. Per intenderci: non volevano distruggere Bennewitz per il solo gusto di farlo. L’inganno era visto come un male necessario per preservare la sicurezza nazionale.
E sull’altare della sicurezza nazionale, evidentemente, si può sacrificare qualsiasi cosa - anche la salute mentale delle persone.
Articoli e cose notevoli che ho visto in giro
Con una mossa che nessuno si sarebbe aspettato da un antivaccinista, Robert Kennedy Jr. ha nominato degli antivaccinisti nel comitato pubblico che si occupa di vaccini (Ahmed Aboulenein, Julie Steenhuysen e Michael Erman, Reuters)
In Italia non si parla ancora abbastanza delle reali implicazioni della remigrazione, e nemmeno del fatto che la Lega ha abbracciato un piano eversivo e anticostituzionale (Jacopo Di Miceli, Osservatorio sul complottismo)
A proposito delle manifestazioni a Los Angeles, Donald Trump ha rispolverato la storiella dei “manifestanti pagati” dai suoi nemici – un mito che ha una lunga storia alle spalle (Patrik Jonsson e Story Hinckley, Christian Science Monitor)
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