Bravo, Giorgio Meloni!
La vittoria della leader di Fratelli d’Italia ha galvanizzato l’estrema destra europea e americana, nonché i complottisti di mezzo mondo.
Benvenute e benvenuti alla puntata #51 di COMPLOTTI!, la newsletter sulle teorie del complotto che ti porta dentro la tana del Bianconiglio.
La vittoria di Giorgia Meloni è stata salutata con grande entusiasmo dai suoi alleati, com’era scontato, che ci hanno visto un segno premonitore dei tempi che verranno anche altrove. Ma pure per i complottisti è stato davvero un bel colpo: vediamo insieme come l’hanno presa.
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Washington Connection
In questi ultimi anni Giorgia Meloni è riuscita a coltivarsi una fitta rete di alleati di estrema destra all’estero - gli stessi che, dal 25 settembre in poi, stanno festeggiando come se avessero vinto loro le elezioni italiane.
I rapporti con il premier ungherese Viktor Orbán e il suo partito Fidesz sono noti, così come le liaison con Santiago Abascal di Vox (una specie di trasposizione spagnola di Fratelli d’Italia) e il partito Diritto e Giustizia in Polonia.
Meno esplorato – o comunque chiacchierato – è invece il legame di Meloni e Fratelli d’Italia con il conservatorismo americano e il Partito Repubblicano.
Un partito che, come ho sottolineato più volte in questa newsletter, è ormai a totale immagine e somiglianza di Trump: e dunque slitta sempre di più a destra, utilizza in maniera spregiudicata le teorie del complotto e flirta apertamente con la violenza eversiva – come si è visto in maniera drammatica il 6 gennaio del 2021.
La leader di Fratelli d’Italia è stata invitata diverse volte alla Conservative Political Action Conference (Cpac), il più importante raduno della destra conservatrice statunitense e globale. L’ultima edizione si è tenuta in via eccezionale in Ungheria; anche in questo caso vi ha preso parte, seppure in in videocollegamento.
Fino a qualche anno fa, inoltre, Meloni aveva un rapporto privilegiato con Steve Bannon – ex consigliere strategico di Donald Trump ed ex gestore del sito di estrema destra Breitbart News, ora caduto in disgrazia tra processi e condanne.
Nel 2018 era stato ospite d’onore alla festa di Fratelli d’Italia, e Meloni aveva aderito con entusiasmo a The Movement, il progetto (fallito) di Bannon per federare i partiti d’estrema europei. In una conversazione con un giornalista del Guardian, sempre nel 2018, l’estremista americano diceva candidamente che FdI è un “partito fascista”.
E per lui “fascista” non era un termine spregiativo, ma un complimento.
La MAGA Giorgia
A ogni modo, in un’intervista al Washington Post pubblicata prima delle elezioni, Meloni ha spiegato che “vengo sempre molto volentieri” negli Stati Uniti e citato “network e think tank con cui collaboriamo” – tra cui la Heritage Foundation, uno dei più importanti think tank della destra americana, noto per le posizioni negazioniste sul cambiamento climatico e la promozione di idee omolesbobitransfobiche.
Nella stessa intervista la leader di FdI ha detto che “molte delle loro battaglie [di questi think tank] sono anche le nostre”.
Non è un caso, dunque, che il presidente dell’Heritage Foundation Kevin Roberts sia andato in visibilio per la vittoria di Meloni. “Ovunque nel mondo i conservatori devono spiegare per bene qual è la scelta che abbiamo di fronte”, ha scritto su Twitter, “ed è NOI contro LORO, le persone comuni contro le élite globaliste, che ci odiano”.
Oltre a Roberts, come ha ripercorso Jacopo Di Miceli (autore di Osservatorio sul complottismo) in un lungo thread su Twitter, l’affermazione elettorale di Meloni è stata accolta con grande entusiasmo da praticamente tutta la destra trumpiana, dagli influencer MAGA (dallo slogan Make America Great Again) e dai circuiti complottisti – categorie spesso e volentieri sovrapponibili tra loro.
Per Don Huffines, politico texano ultraconservatore, Meloni rappresenta “milioni di italiani che stanno rigettando un’ideologia gender radicale e comunista, l’agenda immigrazionista dei confini aperti e la distruzione della cultura occidentale giudeo-cristiana”.
Questo ruolo da “guerriera culturale” emerge anche da altri tweet e post sui social. In particolare, subito dopo le elezioni è tornato a girare moltissimo lo spezzone di un suo discorso fatto nel 2019 al Congresso mondiale delle famiglie di Verona in cui promette che “difenderemo Dio, la patria e la famiglia”.
Tra i vari, è stato condiviso anche dalla deputata complottista e trumpiana Marjorie Taylor Greene, che si è voluta congratulare con “Giorgio Meloni” e “il popolo italiano”.
E ancora: nella trasmissione di Tucker Carlson su Fox News, la candidata trumpiana a governatrice dell’Arizona Kari Lake ha detto di riconoscersi molto in Meloni perché viene definita una “fascista” e una “razzista” – e solo chi viene attaccato in questo modo ha le credenziali giuste per guidare il proprio paese.
Lo stesso Carlson ha poi elogiato la leader di Fratelli d’Italia perché difende la famiglia da un complottone della “sinistra woke”, che vorrebbe imporre un regime totalitario distruggendo tutti i valori tradizionali.
Come ha sottolineato la politologa Ruth Ben-Ghiat, Meloni è diventata una specie di icona per il Partito repubblicano e la destra MAGA, dato che permette di “creare una nuova realtà politica funzionale al loro sogno di instaurare una democrazia illiberale”.
Fratelli di complotto
Naturalmente, il complottismo gioca un ruolo tutt’altro che secondario.
Diversi canali Telegram legati a QAnon, anche in Italia, hanno celebrato la vittoria di Giorgia Meloni rispolverando alcune sue dichiarazioni.
Su tutte spiccano le tirate contro “l’ideologia gender” e le “lobby LGBT” – un tormentone agitato più volte dalla leader di Fratelli d’Italia – le ambiguità su vaccini e pandemia di Covid-19 (che sarebbe nata, è bene ricordarlo, da esperimenti segreti in laboratori cinesi), gli attacchi a George Soros (definito un “usuraio”) e le denunce contro la “sostituzione etnica”.
La teoria di estrema destra, di cui ho parlato diverse volte qui, è stata a lungo una fissazione di Meloni. Nel 2016, ad esempio, parlava di “prove generali di sostituzione etnica”; l’anno dopo, riferendosi allo ius soli, diceva che in Italia sarebbe in corso un “piano di sostituzione etnica”.
Insomma: la coincidenza con l’estrema destra contemporanea (soprattutto quella americana) è pressoché totale.
Le teorie del complotto sono ormai parte integrante della propaganda di quella parte politica, e vengono usate strategicamente per creare una contrapposizione tra noi e loro – dove loro, be’, può essere chiunque non la pensi come noi.
L’obiettivo esplicito, ha annotato la politologa Sofia Ventura, è quello di “catturare” una parte specifica degli elettori con determinati messaggi che strizzano loro l’occhio, stando però attenti a “non sbilanciarsi troppo”.
Il principio è quello della cosiddetta plausible deniability: si rilanciano tesi complottiste in modo tale da poter negare di averlo fatto, quando qualcuno lo fa notare.
È esattamente quello che è successo qualche giorno fa con la giornalista Rula Jebreal, che in un tweet ha ricordato l’essenza della teoria della “sostituzione etnica” – ossia che “i richiedenti asilo sono criminali che vogliono sostituire i cristiani bianchi”. Meloni ha risposto prontamente con una minaccia di querela: “spero che potrà spiegare al giudice quando e dove avrei fatto la dichiarazione che lei mi attribuisce”.
Ma come ha efficacemente titolato The Times, di certo non una testata di estrema sinistra, smentite del genere non cambiano il fulcro della questione: “Giorgia Meloni è la prima leader dell’Europa occidentale a credere nella teoria del complotto della ‘grande sostituzione’”.
E questo è uno sviluppo politico senza precedenti, che gli alleati e i simpatizzanti di Meloni hanno colto alla perfezione – mentre in Italia si preferisce parlare di vestiti, tagli di capelli e altre amenità del genere.
Articoli e cose notevoli che ho visto questa settimana:
Una lunga e approfondita inchiesta sul mondo della conspiritualità – anche in Italia (Sofia Cherici e Jan Žabka, IRPI Media)
I seguaci di Trump e QAnon hanno un nuovo saluto: il dito indice puntato verso l’alto. Qui si provano a capire le origini e il significato (Dan Gilbert, VICE)
Un episodio dei Simpsons del 1998 ha ispirato una nuova, e improbabile, teoria del complotto qanonista (Carys Anderson, Yahoo)