La fabbrica del xomplottismo
In appena un anno, Elon Musk ha trasformato Twitter in un luogo in cui regnano incontrastate disinformazione e teorie del complotto.
Benvenute e benvenuti alla puntata #63 di COMPLOTTI!, la newsletter sulle teorie del complotto che ti porta dentro la tana del Bianconiglio.
È passato un anno da quando l’uomo più ricco del mondo è entrato nella sede Twitter a San Francisco reggendo un lavandino. Da allora, come sa chiunque ha un account lì, la situazione è precipitata. Tra licenziamenti, cambi di nome e polemiche continue, sulla piattaforma regna un disordine incredibile.
Per l’occasione ho provato a tracciare un bilancio dei primi 12 mesi della gestione Musk.
Prima di partire, segnalo che sulla newsletter A Fuoco è uscita una puntata curata da me: è sul complottismo climatico e si può leggere qui.
Ricordo sempre che nelle storie del mio profilo Instagram c’è la rassegna stampa aggiornata di Complotti!. Il libro si può acquistare dal sito di minimum fax, in libreria e negli store online.
Sommersi dalla disinformazione
Dalla rivoluzione iraniana del 2009 in poi, Twitter è sempre stato il luogo in cui cercare informazioni in tempo reale su grossi eventi – guerre, catastrofi naturali, attentati, manifestazioni, e così via.
Il motivo era molto semplice: l’attendibilità delle informazioni, e soprattutto la credibilità delle fonti.
Non dico che fosse un paradiso, ovviamente. Ma se vedevi il tweet di un account con la spunta blu, eri ragionevolmente certo che l’account in questione non fosse gestito da un complottista, un estremista di destra, un razzista e un antisemita – o da tutte queste cose insieme.
Ecco: il Twitter di Elon Musk (che ora si chiama X) funziona esattamente al contrario.
Nel senso che è un luogo letteralmente sommerso di teorie del complotto e disinformazione diffuse dalle spunte blu a pagamento, in cui riuscire trovare notizie valide è un’impresa titanica.
Prendiamo l’ultimo, sanguinoso capitolo del conflitto israeliano palestinese. Dal 7 ottobre a oggi gli utenti sono stati inondati di scene di videogiochi fatti passare per gli attacchi dei miliziani di Hamas; foto false di Cristiano Ronaldo che sventola la bandiera palestinese; arresti di politici di altri paesi scambiati per gli arresti di politici israeliani; e clip decontestualizzate di ogni tipo – alcune delle quali vecchie di oltre dieci anni, o riferite ad altre guerre.
Il caos più completo, insomma.
E non poteva essere altrimenti. Come ha scritto l’utente @IntelCrab, “i link esterni ora mostrano solo le foto [e non più i titoli, nda]. La testate che hanno inviati sul posto non raggiungono un pubblico adeguato senza pagare per la spunta blu. E in tutto ciò, il proprietario della piattaforma promuove cialtroni xenofobi”.
A tal proposito, subito dopo il massacro del 7 ottobre, lo stesso Musk aveva consigliato di seguire due account notoriamente inaffidabili – uno di questi aveva addirittura pubblicato diversi tweet antisemiti.
Musk si era rimangiato il consiglio rimuovendo il post, ma al contempo raccomandando di “rimanere il più vicino possibile alla verità”.
Una cosa che, per l’appunto, è totalmente impossibile da fare sulla sua piattaforma.
Secondo il ricercatore Emerson Brooking del Digital Forensics Research Lab dell’Atlantic Council, quello che davvero conta su X/Twitter non è diffondere informazioni verificate (e verificabili): è “massimizzare le visualizzazioni”.
E il modo più immediato di farlo è postare un grande volume di informazioni legate all’attualità; e poco importa se sono false.
“Ora chiunque può comprarsi le spunte blu e mettere una foto profilo che ricordi quella di una testata”, ha aggiunto. “E ci vogliono non pochi sforzi per capire chi sta dicendo la verità, e chi invece mente”.
Il Bat-segnale di Musk
La colpa di questa situazione è interamente di Elon Musk.
Nel suo primo tweet da proprietario aveva detto di voler trasformare la piattaforma in una “piazza pubblica digitale” in cui “mettere a confronto le opinioni in maniera sana, senza ricorrere alla violenza”.
Naturalmente, indovinate un po’?, è successo l’esatto opposto.
Oltre ad aver falcidiato le risorse interne dedicate alla moderazione dei contenuti, Musk ha deciso di ripristinare centinaia e centinaia di account che erano stati sospesi – tra cui quelli di Donald Trump, di neonazisti come Andrew Anglin e di diversi influencer di QAnon.
In sostanza, ha detto Imran Ahmed del Center for Countering Digital Hate (CCDH), con questa mossa “ha accesso subito il Bat-segnale per tutti i razzisti, i misogini e gli omofobi, che si sono comportati di conseguenza”.
Secondo vari rapporti, nell’arco di qualche mese i contenuti razzisti e antisemiti su X/Twitter sono praticamente raddoppiati; e la stragrande maggioranza dei contenuti d’odio non viene rimosso nemmeno dopo ripetute segnalazioni.
In un caso piuttosto clamoroso, la piattaforma ha approvato la sponsorizzazione di un post contenente il mantra delle “14 parole” (uno slogan neonazista coniato dal terrorista David Lane).
Invece di prendere provvedimenti, o semplicemente riconoscere il problema, Musk se l’è presa con chi ha realizzato i rapporti e i giornalisti che ne hanno parlato, arrivando a un passo dal fare cause alla Anti-Defamation League (una ong fondata nel 1913 per combattere l’antisemitismo).
L’insofferenza alle critiche è andata di pari passo con l’evidente auto-confinamento dell’imprenditore in una bolla sempre più estrema e incline al complottismo – un microcosmo di spunte blu con cui Musk interagisce attivamente, e da cui sembra prendere la maggior parte delle sue informazioni e dei suoi convincimenti.
Questo rende Musk il più grande amplificatore al mondo di notizie false e fantasie complottiste.
E come ha scritto il giornalista della BBC Shayan Sardarizadeh, “se si vuole conoscere l’ultima teoria del complotto in voga al momento, basta guardare le risposte di Musk”.
Il complottista più ricco del mondo
Giusto per fare qualche esempio, negli ultimi tempi l’imprenditore ha rilanciato una teoria omofoba (e del tutto screditata) sull’aggressione a Paul Pelosi, il marito della ex speaker della Camera Nancy Pelosi.
Ha inoltre sostenuto che l’attentatore di Allen (Texas), in cui sono morte nove persone, non era veramente un neonazista – nonostante l’uomo fosse pieno di tatuaggi con svastiche e altri simboli nazisti.
Per rimanere in tema, ha calunniato uno studente universitario descrivendolo come un agente dell’FBI travestito da neonazista.
Non sono mancati gli ammiccamenti antisemiti: Musk ha infatti paragonato il finanziere George Soros a Magneto – il cattivo per eccellenza della serie a fumetti X-Men – scrivendo che vuole “distruggere la civiltà” perché “odia l’umanità”.
Più recentemente ha rilanciato un tweet fuorviante di @RadioGenoa, un account italiano che da svariati anni promuove bufale razziste ed estremiste. Poi ha rincarato la dose postando un meme antivaccinista e uno contro il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, molto apprezzata dalla propaganda russa.
La lista potrebbe andare avanti ancora a lungo, ma l’antifona è piuttosta chiara: ogni giorno che passa, Musk assomiglia allo zio complottista che condivide bufale di estrema destra destra.
Di più: è orgogliosamente consapevole di esserlo.
In un’intervista alla CNBC, Musk ha ribadito di “poter dire tutto ciò che voglio” e di non essere preoccupato dalle polemiche o dalle potenziali perdite economiche provocate da certe sue posizioni.
Dopotutto, l’acquisto di Twitter è stato dettato anche da forti motivazioni ideologiche. Nella biografia di Walter Isaacson, Musk ha spiegato di aver comprato la piattaforma per fermare il “virus woke” che ha “infettato” la mente della figlia transgender Jenna – che ha tagliato ogni rapporto col padre – e rischia di infettare l’intera società.
La sua crociata contro il “wokeismo”, ossia contro le posizioni progressiste su temi politici e sociali, è perfettamente coincidente con quella della destra americana più radicale e complottista.
Visto che è modellata a sua immagine e somiglianza, la piattaforma è lo specchio di questa decisa sterzata a destra.
Ed è uno specchio davvero impietoso: in appena un anno, Twitter è diventato un autentico paradiso per estremisti e razzisti – nonché la fabbrica del complottismo a livello globale.
Articoli e cose notevoli che ho visto in giro
Il problema non è solo Musk: anche le altre grandi piattaforme stanno rinunciando a contrastare disinformazione e complottismo (Naomi Nix e Sarah Ellison, Washington Post)
La bizzarra storia dell’Epoch Times, la testata di destra ultracomplottista legata al Falun Gong (Brandy Zadrozny, NBC News)
Vi ricordate della fantomatica “Regina del Canada”, Romana Didulo? Ecco: non solo non è scomparsa, ma è ormai a capo di una setta che vaga per il paese disturbando intere comunità (Mack Lamoureux, VICE)
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