Santo subito
Charlie Kirk è il nuovo martire dell’estrema destra globale, in nome del quale attaccare gli oppositori e restringere le libertà fondamentali.
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Censurare in nome della libertà
Almeno a destra, Charlie Kirk era considerato un paladino della libertà di parola e un vero e proprio guerriero del Primo emendamento.
Per il mondo MAGA era infatti uno che si batteva strenuamente contro la furia censoria della sinistra woke, gli eccessi della dittatura del politicamente corretto e la terribile cancel culture.
Paradossalmente, però, la sua morte sta innescando un’ondata di repressione contro il dissenso e in generale contro chiunque osi parlare di lui in maniera non adorante – magari ricordando che in vita non lanciava esattamente messaggi di pace né tendeva ramoscelli d’ulivo.
È quello che è successo al famoso conduttore Jimmy Kimmel, a cui da un giorno all’altro è stato sospeso il talk show (uno dei più visti negli Stati Uniti) a causa di una considerazione sull’uccisione di Kirk.
Kimmel non aveva nemmeno fatto una battuta: si era limitato a constatare che l’assassino Tyler Robinson non era un rivoluzionario antifascista – ancora adesso non si conosce con precisione il movente, è bene ribadirlo – e che la destra MAGA sta approfittando del caso per attaccare l’opposizione.
Quella frase non era piaciuta a Brendan Carr, il presidente della Federal Communications Commission (Fcc), l’agenzia governativa che si occupa di telecomunicazioni. In un podcast di destra aveva minacciato sanzioni contro ABC e la Disney (che controlla la rete), minacciando di togliere la licenza per le trasmissioni.
La Disney ha capitolato piuttosto in fretta alle pressioni e ha chiuso il late night show, che andava in onda da quasi vent’anni.
Per mettere le cose in chiaro, Carr ha avvertito che quello di Kimmel non sarà l’ultima trasmissione “ostile” a cadere. E l’ha ribadito anche Trump di ritorno dalla visita ufficiale nel Regno Unito: se un programma parla male di lui, allora la rete che lo ospita dovrebbe perdere le concessioni televisive.
“Ho letto da qualche parte che i network sono al 97 per cento contro di me”, ha detto sull’Air Force One sparando una percentuale a caso. “Parlano soltanto male di me. E hanno una concessione. Mi viene da pensare che bisognerebbe levargliela”.
Sempre in nome di Kirk – e per accontentare le frange MAGA che da giorni stanno con la bava alla bocca – il 47esimo presidente ha annunciato che il movimento “Antifa” (abbreviazione di “antifascista”) sarà designato come organizzazione terroristica.
In più, ha annunciato su Truth Social, "raccomanderò vivamente che coloro che finanziano Antifa siano sottoposti a indagini approfondite”.
Trump ci aveva già provato nel 2020, all’apice delle rivolte per l’assassinio di George Floyd. All’epoca la proposta venne accantonata perché l’allora direttore dell’FBI Christopher Wray spiegò che non esiste un’entità gerarchica chiamata “Antifa”, ma piuttosto una rete decentralizzata di gruppi autonomi che si rifanno a ideologie antifasciste, anticapitaliste e anarchiche.
Di sicuro Robinson non faceva parte di alcun movimento anche solo vagamente riconducibile ad “Antifa”, ma poco importa: la realtà si deve piegare al desiderio di vendicare il martire.
La terza “Paura rossa”
L’altro tassello cruciale di questa campagna è la delazione.
Influencer MAGA, vari account di estrema destra e siti creati ad hoc – come la Charlie Kirk Data Foundation – stanno compilando liste di proscrizione di persone che hanno fatto commenti non appropriati (secondo loro, ovviamente) nei confronti di Kirk.
La stessa amministrazione Trump caldeggia queste azioni. Lo scorso lunedì il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance ha condotto un episodio speciale del podcast The Charlie Kirk Show, in cui ha invitato i cittadini a segnalare chi “festeggia l’omicidio di Charlie” e a “chiamare anche il loro datore di lavoro”.
Il segretario ai trasporti Sean Duffy ha scritto su X che chi celebra l’assassinio “dovrebbe essere licenziato”. La procuratrice generale Pam Bondi ha ventilato l’ipotesi di incriminare chiunque faccia “discorsi d’odio” nei confronti di Kirk, e ha addirittura minacciato di sanzionare le aziende che non prendono provvedimenti contro i dipendenti irrispettosi.
I risultati non si sono fatti attendere: sia la stampa che i social si sono riempiti di storie di sospensioni e licenziamenti a raffica.
Oltre a quello di Kimmel, il più noto è quello dell’analista politico Matthew Dowd della rete televisiva MSNBC, messo alla porta dopo aver detto in onda che Kirk era un estremista che promuoveva una retorica violenta.
Il clima è davvero pesante. Secondo il giornalista Zack Beauchamp, autore del saggio Lo spirito reazionario (minimum fax), ricorda in modo preoccupante la Red Scare – la paranoia dell’infiltrazione comunista – che sferzò il paese negli anni Venti e Cinquanta del Novecento.
Lo schema di fondo, scrive Beauchamp su Vox, è il medesimo: “esagerare una minaccia radicale per giustificare la repressione statale dall’alto”.
Ma questa volta il contesto politico e le tattiche impiegate sono diverse – e potenzialmente più pericolose.
Anzitutto, la campagna repressiva si colloca nella scia emotiva di un omicidio brutale e altamente pubblico. A essere presa di mira non è poi una ristretta frangia politica, come lo erano i comunisti ai tempi del maccartismo, ma l’intera sinistra statunitense e persino qualche segmento liberal.
Altre differenze cruciali sono la pervasività dell’apparato di sorveglianza statale, esploso dopo gli attentati dell’11 settembre 2001; la presenza di social network gestiti da broligarchi allineati con l’attuale amministrazione, vuoi per convenienza o per convinzione; e l’ossessione verso la cancel culture dell’ultimo decennio.
Per Beauchamp “non si tratta tanto di un’imitazione del desiderio di censura attribuito alla sinistra, quanto di un adattamento delle tecniche di censura rese possibili dalla tecnologia”.
I social, continua il giornalista,
trasformano chiunque in un micro-celebrità: frasi pensate per una cerchia ristretta di amici e parenti diventano materiale che i mercanti dell’indignazione espongono al pubblico per guadagnare visibilità e, al contempo, per far perdere il lavoro ai propri bersagli.
Siamo dunque di fronte a un “momento decisivo” per la democrazia statunitense: l’omicidio di Kirk, chiosa Beauchamp, è davvero un “banco di prova” per capire se le istituzioni riescono ancora a difendere le libertà fondamentali.
Il nuovo martire della destra globale
Per il resto, le conseguenze dell’assassinio hanno ormai ampiamente sorpassato i confini degli Stati Uniti.
In tutto il mondo, e specialmente in Europa, la figura martirizzata di Charlie Kirk è comparsa in manifestazioni razziste, veglie di fronte alle ambasciate, cortei spontanei e convegni di partito.
In Germania, la capogruppo alla Camera di Alternative für Deutschland Beatrix Von Storch ha dichiarato che “il compasso morale di Kirk era Dio” e che il loro compito è quello di portare avanti il suo lavoro.
La parlamentare ha poi scritto sui social che “la morte di Kirk è un punto di svolta nella nostra lotta per difendere la civiltà”, intesa come quella bianca e cristiana.
In Spagna, il leader di Vox Santiago Abascal ha detto che l’omicidio di Kirk è stato causato dalla “mania omicida che domina gran parte della sinistra occidentale”. E non solo per “il crimine ripugnante” in sé, ha aggiunto, ma per “l’impunità con la quale è giustificato: siccome la censura non basta, ricorrono all’assassinio”.
In Ungheria, il premier Viktor Orbán ha dichiarato che “la morte di Charlie Kirk è il risultato della campagna internazionale di odio condotta dalla sinistra progressista-liberale”.
Seguendo le orme di Trump ha poi classificato “Antifa” come un’organizzazione terroristica, spiegando che gli antifascisti “sono venuti in Ungheria poi sono diventati membri del Parlamento europeo e da lì ci danno lezioni sullo stato di diritto”. Il chiarissimo riferimento è all’eurodeputata Ilaria Salis, che il governo ungherese vorrebbe riportare in carcere.
Anche nei Paesi Bassi si è discusso di mettere fuori legge “Antifa”. La Camera ha infatti approvato un ordine del giorno apposito, proposto dal partito di estrema destra FvD (Forum per la Democrazia) e sostenuto dal PVV di Geert Wilders (Partito per la Libertà) e dai liberali conservatori del VVD (Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia).
Ovviamente, in questa carrellata non può mancare l’Italia.
Giorgia Meloni e la destra di governo hanno denunciato un presunto clima d’odio fomentato da un’opposizione irresponsabile e praticamente sul punto di intraprendere la lotta armata.
Nel farlo hanno rievocato lo spettro degli anni di piombo, tentando di tracciare un collegamento tra le Brigate Rosse, i movimenti antagonisti del presente e persino il Partito Democratico.
Giusto per fare un esempio significativo e al contempo ridicolo, l’ex senatore leghista Simone Pillon ha scritto su X che la sinistra italiana dev’essere considerata la “mandante morale” dell’omicidio perché l’assassino aveva inciso “Bella Ciao” sui bossoli.
Come ha scritto la giornalista Anna Merlan su Mother Jones, Charlie Kirk – che solo qualche settimana non era così conosciuto al di fuori degli Stati Uniti – è ormai trasfigurato “in un’arma di propaganda, uno strumento di reclutamento, un grido di battaglia e il simbolo di tutto ciò contro cui [le destre] si battono”.
L’influencer trumpiano è il nuovo santo dell’estrema destra globale, insomma.
E soprattutto, è il perfetto pretesto per schiacciare gli oppositori, colpire il dissenso e imprimere un’ulteriore svolta autoritaria.
Articoli e cose notevoli che ho visto in giro
Le teorie del complotto sull’omicidio di Kirk hanno letteralmente invaso Internet, e sono arrivate sia da destra che da sinistra (Marshall Cohen, CNN)
Un’analisi dettagliata delle scritte sui bossoli dell’assassino di Charlie Kirk e della cultura di Internet a cui ha attinto (Drew Harwell, Washington Post)
Brigitte Macron fornirà “prove scientifiche” del fatto che è una donna nell’ambito della causa contro l’influencer statunitense Candance Owens, autrice di una serie in cui afferma che la première dame è un uomo (Anoushka Mutanda-Dougherty, Melanie Stewart-Smith e Victoria Farncombe, BBC)
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