Terrorismo copia e incolla
L’attentato di Bratislava dimostra quanto siano letali le teorie del complotto quando si fondono con l’estremismo di destra.
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Dopo una pausa piuttosto lunga, rieccoci qui. Oggi parlerò di un caso avvenuto circa un mese fa in Slovacchia – passato completamente sotto silenzio in Italia – che dimostra ancora una volta quanto sia letale la fusione tra le teorie del complotto e l’estremismo di estrema destra.
Prima di partire, ricordo sempre che nelle storie del mio profilo Instagram c’è la rassegna stampa aggiornata di Complotti!. Il libro si può acquistare dal sito di minimum fax, in libreria e negli store online.
Ho preso la mia decisione
Intorno alle sei e mezza di pomeriggio del 12 ottobre 2022 un uomo vestito completamente di nero arriva al Tepláreň – un locale LGBTQIA+ di Bratislava, in Slovacchia – e si nasconde vicino all’ingresso.
Passata una mezz’ora, l’uomo sfodera una pistola e apre il fuoco contro alcune persone fuori dal locale. I colpi uccidono Matúš Horváth, che faceva il barista al Tepláreň, e Juraj Vankulič; una donna rimane ferita, ma riesce a cavarsela.
Diverse ore dopo la sparatoria, la polizia comunica di aver trovato il corpo dell’attentatore nei pressi della principale stazione ferroviaria della capitale slovacca. L’uomo si è suicidato, aggiunge il comunicato.
Inizialmente, il motivo della sparatoria non viene comunicato. Ma due giorni dopo, il 14 ottobre, le forze dell’ordine riclassificano il reato e parlano apertamente di atto terroristico.
Come riporta il quotidiano The Slovak Spectator, a seguito della sparatoria l’attentatore era tornato a casa e aveva avuto un’accesa discussione con i genitori. Era poi uscito lasciando una specie di lettera d’addio, che iniziava così: “è arrivato il momento: ora uscirò di casa e attaccherò il nemico con tutto quello che ho.”
L’uomo, un diciannovenne identificato in Juraj Krajčík, aveva lasciato altri messaggi prima di commettere la strage – specialmente online. Secondo la ricostruzione della Anti-Defamation League, è stato attivo su Twitter a partire dall’aprile del 2021.
Per più di un anno, sul suo account @NTMA035 sono comparsi insulti razzisti e antisemiti, screenshot di messaggi suprematisti pubblicati su 4chan, elogi a terroristi bianchi e gerarchi nazisti, nonché diverse immagini del Sonnenrad – il simbolo del “sole nero” molto usato dai neonazisti.
Nell’estate del 2022 ha inoltre parlato di un’“operazione” che stava pianificando per innescare una “guerra razziale” che avrebbe “sconfitto gli ebrei”. Krajčík aveva anche postato dei selfie che lo ritraevano davanti al Tepláreň.
Nei giorni precedenti all’attentato il tono dei tweet si era fatto sempre più risoluto e cupo: “sarà fatto”; “ho preso la mia decisione”; “non mi aspetto di farcela”; “la razza prima di ogni cosa, sempre”; “non provo nessun rimorso, non è divertente?”
Poche ore prima di sparare, il 19enne aveva messo su Twitter un link al suo manifesto di 65 pagine – ispirato, come in molti altri casi, agli attentatori di estrema destra che l’hanno preceduto.
Guerra al ZOG
Secondo l’analisi di Hannah Rose pubblicata sul sito del Global Network on Extremism and Technology (Gnet), il testo di Krajčík segue pedissequamente quelli di Cristchurch e Buffalo.
Anzitutto, è strutturato attraverso un’auto-intervista in inglese che serve a “far capire al lettore le motivazioni dell’attentatore, il suo processo di radicalizzazione e le modalità operative” intraprese.
A livello ideologico è saldamente ancorato al modello del nuovo terrorismo di estrema destra; oltre alla solita dose di shitposting, meme suprematisti e slogan accelerazionisti, una parte rilevante la ricoprono diverse teorie del complotto antisemite e omolesbobitransfobiche mutuate dai circuiti neonazisti anglosassoni.
In particolare, il manifesto inizia con la frase: “sono gli ebrei, sono gli ebrei, sono gli ebrei”. Per il 19enne, le persone di religione ebraica sarebbero i veri padroni del mondo e avrebbero segretamente instaurato un “Governo di Occupazione Sionista” (Zionist Occupation Government, ZOG), una teoria del complotto diffusa dall’estrema destra americana a partire dagli anni Settanta.
A un certo punto, Krajčík scrive che gli ebrei “organizzano e promuovono qualsiasi cosa legata ai ‘diritti LGBT’, infettando la nostra Razza con la loro propaganda degenerata. Per questo, devono morire”. Nella sua visione del mondo, un attacco a un locale LGBTQIA+ equivale a un attacco diretto al ZOG.
L’attentatore infatti intreccia e sovrappone due diverse forme d’odio, fondendole all’interno del più ampio calderone del complottismo antisemita.
Non è farina del suo sacco, ovviamente: il collegamento tra antisemitismo e omolesbobitransfobia è uno dei pilastri dell’estrema destra accelerazionista, come ha rilevato la ricercatrice Blyth Crawford nel paper Sleeping with the Enemy: Sex, Sexuality and Antisemitism in the Extreme Right.
Nel manifesto di Krajčík si fa anche riferimento alla teoria della “grande sostituzione” – di cui ho parlato più volte – e all’ossessione nei confronti del calo demografico occidentale. Il passaggio “sono i tassi di natalità, sono i tassi di natalità, sono i tassi di natalità” è preso di peso dal manifesto dello stragista di Christchurch.
Il 19enne slovacco, sempre nel suo testo, sostiene di essersi radicalizzato proprio con l’attentato di Cristhchurch e di aver deciso di passare all’atto dopo il massacro di Buffalo.
Nell’attentatore di Buffalo (che aveva appena 18 anni) “ho rivisto me stesso, un giovane uomo con tutta la vita davanti”, scrive Krajčík.
Siamo quindi di fronte a un caso di terrorismo copia e incolla, capace di oltrepassare i confini nazionali e al tempo stesso di adattarsi ai contesti locali – caratteristiche che rendono questa forma di violenza politica così pericolosa e letale.
L’attentatore ha infine copiato i suoi predecessori pure con un altro obiettivo: diventare un “santo” o un “martire” del terrorismo bianco – cosa che poi è effettivamente successa.
L’ondata anti-LGBTQIA+ in Slovacchia (e non solo)
Per finire, sottolinea Hannah Rose, nel testo di Krajčík c’è un’intera pagina contro le persone transgender; e questa enfasi ideologica era presente anche nel manifesto di Buffalo, ma non in quello di Christchurch, a riprova dell’accresciuto peso delle teorie omolesbobitransfobiche all’interno dell’estrema destra suprematista.
Del resto, l’attentato di Bratislava è figlio di un momento storico in cui le persone LGBTQIA+ sono sempre più nel mirino (figurato e letterale) dell’estrema destra suprematista e complottista – e non solo.
In Slovacchia l’ostilità è piuttosto marcata e proviene da molte parti della società, dalla chiesa fino a politici con incarichi pubblici.
Si tratta di uno dei pochi paesi europei che non prevede alcuna forma di riconoscimento legale per le coppie LBTQIA+, nemmeno le unioni civili. Tra l’altro, nel 2014 il Parlamento ha approvato un emendamento costituzionale che definisce il matrimonio come “un’unione esclusiva fra un uomo e una donna”.
La scorsa estate, invece, due deputati (uno del partito di estrema destra L’SNS e un altro del partito di maggioranza Gente Comune, OĽaNO) hanno proposto di vietare l’affissione di bandiere arcobaleno sugli edifici pubblici.
Che il clima in Slovacchia sia pesante lo testimonia anche un sondaggio fatto dall’Agenzia europea dei diritti fondamentali. Il 77 percento delle coppie LGBTQIA+ ha paura di camminare tenendosi per mano, mentre una persona transgender su cinque ha subito violenza fisica e sessuale negli ultimi cinque anni.
Insomma: l’attentato al Tepláreň non è stato un fulmine a ciel sereno, ma è stato reso possibile da anni di propaganda omolesbobitransfica e dalla normalizzazione di certe teorie del complotto disumanizzanti.
E a farne le spese - questo non va mai dimenticato - sono sempre le persone innocenti.
Come ha detto il proprietario del locale Roman Samotný durante la grande manifestazione che si è tenuta a Bratislava due giorno dopo l’attentato, “molti dicono che le persone LGBTQIA+ fanno parte di ‘un’ideologia’, ma per terra ho visto il sangue dei miei amici; ho visto i loro cadaveri, non un’ideologia”.
Articoli e cose notevoli che ho visto questa settimana:
Un’analisi della crescente ondata d’odio anti-LGBTQIA+ in vari paesi, alimentata da teorie del complotto e dall’estrema destra transnazionale (Elise Thomas, Institute for Strategic Dialogue)
Qualche mese fa Q è tornato a postare, ma all’interno del movimento di QAnon nessuno sembra farci troppo caso. Ecco perché (David Gilbert e Mack Lamoureux, VICE)